La recente pubblicazione del volume: Enlightened Eclecticism. The Grand Design of the 1st Duke and Duchess of Northumberland ha dato modo di far luce su quella che fu una delle campagne di mecenatismo più riuscite della Gran Bretagna del Settecento.
L’opera è, infatti, dedicata ad una coppia di mecenati sui generis: il primo Duca e la prima Duchessa di Northumberland: Sir Hugh Smithson (1712–1786) e Lady Elizabeth Seymour Percy (1716–1776), i quali approcciarono le arti in modo eclettico ed interdisciplinare, abbracciando classicismo e modernità al contempo.
Proprietari di quattro residenze: Stanwick Hall, Northumberland House, Syon House ed Alnwick Castle, furono altresì i maggiori sostenitori dell’architetto scozzese Robert Adam, a fianco del quale definirono le loro abitazioni nei minimi dettagli.
L’autore del volume, Adriano Aymonino, non lesina in dettagli nel descrivere la vastità delle loro collezioni, soffermandosi a lungo su quella della duchessa, vera e propria Wunderkammer ante litteram, nonché sul monumento funerario presso Westminster Abbey.
Mecenati di Canaletto, Pompeo Batoni, Joshua Reynolds e del già citato Adam, i duchi hanno lasciato un accesso privilegiato sul nascente Neoclassicismo e sul periodo d’oro del Grand Tour.
Per questo motivo, il volume di Aymonino apre nuove prospettive sulle decadi centrali del Settecento, analizzando il periodo che fece da ponte tra Illuminismo e contemporaneità, rompendo con i canoni della visione classista, per aprirsi ad un’estetica più eclettica e d’avanguardia destinata a trovare massimo sfogo nell’Ottocento. Aymonino è Senior Lecturer e Director of Undergraduate Programmes nel Dipartimento di Storia e Storia dell’Arte all’Università di Buckingham. Ha curato varie mostre e volumi d’arte e, nella nostra lunga intervista, ci racconta più dettagliatamente le ricerche che hanno portato alla pubblicazione di Enlightened Eclecticism, ed i futuri progetti.
Inizierei col chiederle come ha preso vita la ricerca per Enlighted Eclecticism?
Mentre lavoravo per la galleria privata Trinity Fine Art, mi mandarono a cercare un bronzo ad Alnwick Castle, poiché supponevano fosse passato nelle collezioni del Northumberland nel Settecento, anche se così non era. Tuttavia, vedendo gli archivi del castello - e le opere che ancora sopravvivevano, mettendo insieme tutti i possedimenti e gli estate dei Northumberland - ho capito che era un tema su cui poter fare ancora molte ricerche, soprattutto a proposito delle relazioni tra l’Italia, il mondo mediterraneo ed il nord Europa, in quel periodo.
Questo libro è sì un volume su collezionismo e mecenatismo, sulla storia architettura e le country house ma è soprattutto un lavoro che si collega alla cultura del Grand Tour. Poiché, i duchi collezionavano e costruivano rifacendosi a modelli italiani e romani, è interessante evidenziare come i codici culturali migrino da un contesto all’altro, trasformandosi. Volevo proprio concentrarmi su questo per il mio Dottorato e, guardando ai Northumberlad ho capito che erano una lente ideale, perché si tratta di una delle famiglie più ricche dell’epoca ed il loro mecenatismo va dagli anni Quaranta agli anni Ottanta del Settecento. I loro gusti individuali sono completamente differenti, donandoci una visione a 360 gradi di quelle che furono le diverse tendenze dell’epoca georgiana, di come coesistessero e di come il passato venisse ‘usato’, in quel determinato momento, in Inghilterra.
Su cosa si è soffermato analizzando le loro collezioni?
Questo libro dimostra che il Neoclassicismo ed il Gotico potevano coesistere all’interno della stessa campagna di mecenatismo. La copertina stessa gioca sulla giustapposizione tra i due elementi. I Northumberland furono grandi compratori di opere d’arte, ma soprattutto, furono i più importanti mecenati di Robert Adam: il più promettente architetto britannico dell’epoca, inventore del Neoclassicismo. Adam ci ha lasciato un vero e proprio museo su carta fatto di rilievi e dettagli carpiti a Roma che gli consentirono, una volta tornato in Inghilterra, di potervi basare la sua fortuna artistica, sapendo realmente rifarsi alla Roma Antica.
Tornato dalla Capitale nel 1758, inizia Syon House nel ’60. Si tratta della prima commissione monumentale per lui, la quale gli consente di formare il proprio linguaggio, grazie alla supervisione del duca che lo controlla passo dopo passo, facendo sì che il mecenatismo dialoghi realmente con l’opera stessa.
Le mie principali scoperte riguardano l’enorme collezione della duchessa; quel Museum che allestì all’interno della dimora londinese di Northumberland House (demolita nel 1874, ma che si trovava dirimpetto alla National Gallery), che all’epoca era la più grande casa privata di Londra. La sua collezione si dipana in dieci stanze, nelle quali distribuisce le varie opere e ne ricava un catalogo in otto volumi, ancora esistente. Si tratta di una Wunderkammer del Settecento, che ho potuto ricostruire grazie al catalogo redatto da lei ed ai suoi diari di viaggio. Comprende: dipinti, miniature, monete, stampe, manoscritti, bronzi e avori, in uno splendido mix di naturalia ed artificialia.
Il capitolo su cui ho speso più tempo è quello dedicato a Syon House, perché è lì che ho effettuato nuove attribuzioni e ricostruito tutto l’apparato decorativo, evidenziando l’architettura, la scultura ed i rilievi che si rifanno a fonti romane.
La vera sfida è proprio stata capire come le collezioni venivano distribuite a seconda degli stili scelti, nelle varie dimore.
Un capitolo molto dettagliato è dedicato al Monumento Funerario della Duchessa. Come si amalgama questa opera scultorea con la storia delle quattro dimore?
Nel mio volume ho voluto ricostruire il portfolio che una coppia di mecenati ha portato avanti nel corso di una vita, tenendo conto delle caratteristiche di ogni singola dimora: Northumberland House è la residenza urbana moderna, Alnwick Castle è la sede ancestrale e country house gotica, Syon House è la villa suburbana alla romana, mentre Stanwick Hall è la country house originale di lui.
Per quanto riguarda il monumento funebre, occorre ricordare che, proprio come le grandi famiglie romane, i duchi conoscevano tutti e la loro storia ricalcava ciò che accadeva in Italia (se pensiamo ai Farnese, ai Borghese, ai Savoia o ai Giustiniani). Tutte queste dinastie possedevano svariate dimore e monumenti funebri importanti, a sottolinearne la visibilità.
Nel caso della duchessa, si tratta dell’unico monumento funebre del Settecento eretto nella zona di Westminster Abbey dedicata ai Reali. Ottennero il permesso per costruire e furono molto attenti, poiché i monumenti venivano immediatamente recensiti dalla stampa e, se non avessero rispettato le leggi del decorum, sarebbero stati distrutti. Westminster Abbey è il luogo dove la scultura viene esibita di più nel Settecento, in mancanza di una Accademia d’Arte (che viene aperta solo nel 1768).
Il disegno del monumento viene commissionato a Adam, ed è neoclassico ed eclettico, allo stesso tempo. La struttura riprende i monumenti del Cinque-Seicento, con una forma piramidale ed un arco sottostante. Si tratta di un ibrido tra antico e moderno, per sottolineare la loro antichità come famiglia ma anche il loro essere all’avanguardia nel supporto delle arti, in una costante tensione tra orgoglio ancestrale e modernità.
In quali progetti è coinvolto, al momento?
Sto lavorando ad una versione aggiornata di Taste and the Antique, insieme ad Eloisa Dodero (dei Musei Capitolini) e Nicholas Penny. Uscirà nel giugno 2022 e sarà in tre volumi. Adam Grand Tour, invece, è dedicato al Grand Tour di Robert e James Adam, in Italia tra il 1754 ed il 1763. I due fratelli scrivono lettere e diari, nei quali si parla di tutto, poiché in quegli anni si formano gli architetti più importanti d’Europa. Non c’è mai stata un’edizione integrale e critica di questi scritti, essendo di proprietà privata e, in accordo con il Soane Museum ed il Victoria & Albert Museum di Londra, faremo un’edizione integrale online che verrà pubblicata sul sito del Soane Museum, in quanto possessori di quasi tutti i disegni di Adam. Sarà in open access e, successivamente, potrebbe comparire anche in due volumi cartacei.
Inoltre, data la mia passione per i marmi dell’antica Roma, sto preparando con mia moglie Silvia Davoli, storica dell’arte, una serie di documentari in merito. Il primo per i Musei Capitolini e la Fondazione Santarelli la quale aveva dato loro in prestito un’enorme collezione di glittica: intagli e camei dall’antichità all’Ottocento. Recentemente, ne è tornata in possesso e dedicherà una sezione stupenda ai marmi colorati dell’antica Roma, dove comparirà il nostro video. Si narra di come Roma, città di materiali poveri, dall’espansione dell’Impero inizi ad importare milioni e milioni di tonnellate di marmi colorati da tutte le province, dando vita ad una vera e propria geologia artificiale all’interno della città.
Il secondo progetto, riguarderà un’altra serie di video per il sito della Collezione Corsi del Museo di Storia Naturale di Oxford, poiché hanno un’enorme gamma di samples in merito. Il primo sarà un’intervista a Raniero Gnoli, grande studioso di marmi colorati, sanscrito e filosofia medievale indiana e lo presenteremo alla fiera Masterpiece di Londra, nel giugno 2022.
Al contempo, sto lavorando ad un volume dedicato allo Studio di Molte Pietre di Pier Leone Ghezzi, sempre con Silvia per la MIT Press, in uscita quest’anno.