Artista eclettico, classe 1975, Enrico Piras ha studiato presso l'Istituto d'Arte di Nuoro prima e all'Accademia di Belle Arti di Sassari poi, tra le due esperienze ha frequentato il corso di Architettura al Politecnico di Torino.
Insegna grafica e comunicazione negli Istituti di Istruzione Superiore occupandosi di grafica, design, scenografia, possedendo un percorso professionale denso di scambi prolifici con autorità di spessore in campo artistico che nel corso di venticinque anni hanno costantemente alimentato il suo divenire creativo.
I telai
Attualmente è impegnato nella produzione di opere che sono a tutti gli effetti dei telai, un percorso artistico mutuato dalla tradizione tessile della Sardegna, ma rivisitata in chiave attuale. Allegoria e simbologia, ironia e nostalgia, curiosità e desiderio, speranza e amistà, sono gli ingredienti di queste opere, realizzate con tecniche e materiali contemporanei. Le sue sono “meta-opere”, ovvero: il telaio, da sempre strumento dell'arte tessile in Sardegna, un tempo utile solo al momento della lavorazione di tappeti e bisacce, panni e vestiti, adesso diventa esso stesso opera, e ne fa parte integrante, regge e sostiene fili e tessuti, contemporaneamente si presta a divenire cornice.
Il disegno
Se gli si chiede quando il disegno ha iniziato ad essere l'insostituibile strumento della sua creatività, lui risponde vago che non sa dirlo con esattezza. Non perché non ha memoria, quanto piuttosto perché disegna da sempre e quindi la consapevolezza di questo atto si perde nella memoria. Da che lui ricordi quindi, il disegno per Enrico Piras è stato la prima forma di espressione personale, quella attraverso la quale sono sempre passati i suoi progetti. Il disegno è per lui parte imprescindibile delle sue opere. I suoi telai, visti nella compiutezza dell'opera finita, riproducono esattamente - spesso dettagliatamente - i disegni preparatori. Le fasi della progettazione sono sempre due: una analogica, con pensiero, intuizione, carta, matita e colori; l'altra digitale, con computer, stampante e software per la elaborazione grafica. Il primo step lo vede riflessivo, analitico, possibilista. Il secondo passaggio invece fissa e definisce in modo quasi scientifico il progetto, al punto che talvolta i disegni diventano dei mockup, dei rendering realistici attraverso i quali si può vedere in anticipo la resa finale delle sue opere.
Il materiale I telai sono opere che affondano le loro radici nella tradizione tessile della Sardegna e in particolare della Barbagia, dove l’artista è nato e risiede, e da questa tradizione mutuano il concetto stesso di intreccio, di trama e di ordito. E parlando di trama e ordito, l'artista, non poteva prescindere dall'utilizzo di materiali da sempre impiegati nell'arte tessitoria: cotone, lana, lino e coloranti naturali. Ma a questi si aggiungono materiali di più recente utilizzo, come il film plastico, il filo di nylon e il colore acrilico.
La combinazione dei materiali, tradizionali e contemporanei porta a una resa di insieme che spazia dalla suggestione data dai toni neutri, all'esplosione dei colori conseguita con l'accostamento di toni molto meno discreti e ben più incisivi.
Il colore Il colore nelle opere di Enrico Piras ha un ruolo condiviso tra suggestione ed emozione. In uno dei più recenti telai, Sa Fresa - parola con la quale in lingua sarda si indica una fase della lavorazione del pane Carasau - tutto si gioca nei colori bianco e tortora delle stringhe tese verticalmente, a rappresentare i teli sui quali si adagia il pane prima della cottura. Poi ancora il bianco della lana sarda che corre orizzontalmente abbracciando il telaio, rievoca il morbido abbraccio di mamme, sorelle e nonne che si occupavano della produzione del pane. Gli inserti in legno naturale non fanno altro che confermare la suggestione che deriva dall'impiego di materiali che rimandano al pane e agli strumenti che un tempo le donne sarde usavano per produrlo.
Di contro, osservando il telaio Sa Mesu 'Esta, in italiano La Mezza Festa, si può vedere come l'artista, servendosi di stringhe bianche, colorate e dell'utilizzo di colori vivi e contrastanti, persegua quell'intenzione di comunicare moti di gioia, di allegria, che rendono vivide queste opere.
L'utilizzo alternato di colori neutri e colori vivi è ricorrente nelle opere di questo artista, che in XII (XII sec. d.C.), ricorre al contrasto nella bicromia di bianchi e neri per rappresentare le architetture del Romanico sardo, veri e propri gioielli dell'architettura medievale nell’isola. Il telaio infatti vede come assolute protagoniste le stringhe orizzontali, nere e beige, inframmezzate da elementi verticali che compaiono ad altezze differenti rivelando dei quadrati colorati; sono punti di colore, pietre preziose incastonate nella composizione. Quattro fettucce verticali recano altrettanti motivi decorativi, ispirati a quelli presenti nella facciata della Basilica della Santissima Trinità di Saccargia presso Codrongianus (SS), ulteriore omaggio a questa fabbrica architettonica così ben riuscita. Dodici fili d’oro corrono verticalmente intersecando la bicromia. Le tre perle di colore azzurro, sospese sul filo di nylon sono certamente la SS. Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. Le stringhe nei colori bordeaux e marrone che si incrociano nella parte sinistra del telaio sono il titolo dell’opera, riferita al secolo – il XII, appunto - in cui la chiesa fu finalmente completata.
Non meno suggestivo risulta Hojuvìu, cioè Matrimonio, un telaio di soli 50x50 cm ma al cui interno è condensata tutta l'emozione, l'allegria e la festa dei matrimoni tradizionali sardi. Qui si vede come, seppur inquadrato nella geometria piuttosto precisa del rito, la festa di matrimonio in Sardegna è sempre stata un tripudio di colori, di cori e di voci. Il telaio narra la festa con il congiungimento di due stringhe colorate, che passando dalla parte sinistra a quella destra della composizione, sullo sfondo della tela candida, si uniscono per opera dell’intervento di un legame stretto operato dalla banda gialla verticale. Da lì in poi le due stringhe rosa e azzurra proseguono insieme a testimoniare il legame matrimoniale. Le stringhe arancio e blu hanno origine comune alla stringa azzurra e sono i parenti e amici dello sposo mentre, di contro, le bande bianca e azzurra sono i parenti e amici della sposa. L’intervento della fettuccia nera verticale rimanda alle difficoltà, da superare insieme, mentre subito dopo scorre un nastro di colore oro, a testimoniare i momenti felici condivisi. La lana bianca, azzurra e blu è l’aiuto del Cielo, mentre in basso il moto avvolgente della lana bianca, arancio e bordeaux è l’appartenenza alle proprie famiglie di origine.
Toni scuri e inquietanti sono riservati poi ai due telai Nichilismo, il cui colore grigio e tetro visualizza bene il titolo e Mudu in italiano Zitto, in cui il tema è quello dell'omertà. Il primo visualizza una “afasia emotiva”, un’apatia. Quasi tutto l’impianto è risolto in monocromia. Ma non il nero del lutto, delle tenebre, del buio, bensì il grigio, un colore intermedio, la manifestazione, dell’accidia. La parola dipinta sulle stringhe compare a tratti, lascia dei vuoti tra una stringa e l’altra a ricordare che questo atteggiamento solo talvolta emerge, ma resta sempre presente, strisciante come un “ospite inquietante”. A interferire, a incrociare, a contrastare questa tendenza può intervenire solo una presa di coscienza, un’altra Presenza, un motivo di scossa, di riscatto dalle pastoie dell’anima. Il segno giallo, unico tono forte, che attraversa la composizione dall’alto verso il basso, è capace di passare attraverso le stringhe grigie e cambiare colore all’ultima lettera stampata sul telaio, che diventa bianca, come a recuperare in extremis uno spiraglio nel passaggio, un barlume di speranza. Non tutto è irrimediabilmente perduto.
Nel secondo, piuttosto semplice e lineare, l'artista compone tutto in nero, compresa la parte lignea, lasciando un'unica traccia: la “x” di colore giallo, una luce di speranza - benché minima - che illumina un campo altrimenti completamente buio.
E ancora, sempre a proposito di toni scuri e temi profondi, vi è da citare il telaio Disamistade, in italiano Inimicizia, espressione di astio e odio, segno della faida, situazione di discordia ricorrente in certuni paesi della Sardegna. L'artista visualizza il fenomeno servendosi di una serie di stringhe verticali, affiancate da una tela, anch'essa tesa verticalmente, originariamente di colore bianco ma coperte, sporcate, nascoste nella quasi totalità da una sfumatura di denso colore nero. Stringhe colorate si affannano a incrociare orizzontalmente l'opera, tentativi trasversali di riappacificazione di alcuni elementi delle parti in causa. Suggella questo telaio un grumo, di luminosa foglia oro, messa lì apposta per testimoniare la possibilità di redenzione, di miglioramento. È il barlume della ragione non più distratta dal risentimento e dall’odio. È la pietà, la carità, è finalmente l'agognata amistà.
Tutti i telai di Enrico Piras hanno un aspetto tridimensionale, materico, plastico; non hanno né cornice né vetro, si scostano dal muro di qualche centimetro, per esaltare la loro presenza e il loro essere. Le sue opere sono una finestra aperta attraverso la quale l'artista ripercorre i ricordi, scruta i sentimenti propri e altrui, giudica severamente la realtà, ironizza su questa. Sono realizzati per alimentare i sogni e suscitare desideri, sono un anelito all’Infinito, possono essere inquietanti o seducenti, aspri o amorevoli, e come la terra di Sardegna portano storie, valori e poesia.