Le più antiche civiltà sono passate da Napoli, e qui hanno lasciato tracce e radici, che il passare del tempo ha solo trasformato, ma mai completamente cancellato. Quando due mondi e due culture s’incontrano? E cosa accade quando usanze e tradizioni sembrano essere ereditate da paesi lontani fra loro?
Il culto dei morti e dell’aldilà ha sempre caratterizzato civiltà millenarie, basti pensare all’Egitto e alle pratiche riguardanti i morti, come la mummificazione. Ma possiamo rivolgerci anche a Napoli, con il cimitero delle fontanelle e alle tante tradizioni e credenze legate proprio al culto dei morti.
I defunti sono da sempre la chiave e il punto d’appoggio per fantasie e leggende, storie e poesie, e Napoli è famosa anche per il suo rapporto speciale con l’ultraterreno, proprio come una delle più grandi civiltà dei nostri tempi, quella egizia.
I decumani greco romani sono strade parallele fra loro e tagliano il centro della città partenopea da Est a Ovest. Non solo Greci e Romani, ma anche altri popoli, come asiatici ed egizi hanno segnato Napoli, trovando una patria anche se lontani dalla loro terra d’origine. Tutto questo è Partenope: accoglienza senza pregiudizi, ospitalità, donazione di spazi e arricchimento.
Il decumano inferiore, chiamato, anche Spaccanapoli inizia da Piazza del Gesù nuovo e continua per via Benedetto Croce fino ad arrivare in via San Biagio dei Librai, il cuore del centro storico, dove si trova piazzetta Nilo, definita anche “Il corpo di Napoli”.
Cosa ci fa la statua del dio Nilo al centro della piazzetta? Eretta circa duemila anni fa da egiziani provenienti da Alessandra d’Egitto, è simbolo d’incontro, di civiltà lontane ma vicine.
I napoletani accoglievano con entusiasmo le tradizioni e i costumi che provenivano da altri Paesi, ed erano fedeli ai culti stranieri, perché ritenuti di buon augurio. In Egitto, infatti, il Nilo è simbolo di prosperità e ricchezza, ed è per questo motivo che gli Egizi napoletani vollero onorare il loro dio con una scultura.
Durante gli anni la statua ha subito diverse vicissitudini, fu decapitata, perché contraria alla religione dell’Impero, per poi essere ritrovata nel Medioevo mancante anche di altre parti. Nel XVII secolo il dio del Nilo fu sottoposo a una serie di restauri e, solo nel 2014 avvenne il ripristino della testa.
La base su cui posa la statua è del 1657 e su uno dei suoi lati sono incise tutte le vicende riguardanti l’opera a ricordare la sua millenaria storia.
Napoli è stata sempre multietnica, e i napoletani vedevano di buon occhio i flussi di mercanti e schiavi che provenivano da Alessandria d’Egitto. Le colonie nilesi hanno trovato grandi spazi fisici, e la piazzetta si chiama anche largo Corpo di Napoli, proprio per le numerose peripezie che il dio Nilo subì attraverso i secoli, dalla perdita alla decapitazione e al ritrovamento. Secondo alcuni, la statua raffigurerebbe una donna, che allatta un bimbo, per cui simboleggerebbe il corpo di Napoli, che nutre i cittadini.
Nell’epoca cristiana però, il popolo napoletano iniziò a praticare i propri culti in segreto, per timore di repressioni. Nonostante i deturpamenti, il dio del Nilo è stato sempre recuperato e restaurato, tant’è vero che, oggi occupa ancora il suo posto al centro della piazzetta.
La vergine immacolata e Iside
L’iconografia napoletana è ricchissima, e contiene molti riferimenti all’antico Egitto. In alcune chiese di Napoli, la Madonna assume le stesse pose della dea Iside, con in braccio il piccolo Horus, chiamato Dio Sole e nato il 25 dicembre. Il popolo egizio amava venerare le stelle, e si pensa che la dea Iside fosse nata proprio dall’osservazione della Costellazione della Vergine.
La dea Iside è una delle grandi dee Madri e dea di fertilità; era simbolo di purezza e ideale di perfetta madre e moglie. Tante sono le similitudini fra la Vergine Immacolata e Iside, la quale rappresenta la ricerca dell’anima gemella, il potere femminile dell’amore e del misticismo.
Si narra che Osiride fu assassinato e annegato nel Nilo, ma che poi sarebbe tornato in vita grazie alle sorelle Iside e Nefti. Da allora, dopo la seconda vita regalata dalle due dee, Osiride diventa il dio della morte e dell’oltretomba.
Al Museo Archeologico di Napoli si trova un’ampia sezione egizia, che vale la pena visitare per immergersi nella magia di un passato lontano e nel fascino di miti intramontabili. Tutto questo accade a Napoli, dove è possibile incontrare il mondo nelle antiche chiese e fra le stradine che spaccano la città in due, e al centro di quest’universo respirare e vivere un po’ di Napoli, un po’ di Egitto.