Il paradosso della società contemporanea, è che per un verso è iper-specializzata, e per un altro vede il trionfo della superficialità.
La quantità di conoscenze disponibili per il genere umano cresce a dismisura, e non solo si espande, ma si approfondisce. La conseguenza di ciò è che la conoscenza e la competenza specifica, richiedono un sempre maggiore impegno, e la padronanza di un solo campo assorbe gran parte delle capacità cognitive del singolo. Le conoscenze di un astrofisico, di un ingegnere informatico, o di un biologo, sono il frutto di un processo di apprendimento che, quanto più diventa specifico ed approfondito, tanto più si restringe l’orizzonte delle conoscenze stesse.
Questo sviluppo delle conoscenze, restringe di molto la possibilità di concentrare visioni d’insieme, ed aumenta vertiginosamente il gap cognitivo tra gli specialisti ed il cittadino comune.
Ne consegue una incomprensione crescente tra chi sa e chi non sa (abbastanza). Un classico esempio, particolarmente resosi evidente in tempi recenti, è quello che va sotto il nome di ‘antiscientismo’, ovvero un atteggiamento di sfiducia nella scienza (negli scienziati), che a volte si spinge sino alle più fantastiche teorie complottiste, o ad iperboliche contro-teorie pseudo-scientifiche. Un meccanismo che però non è, semplicisticamente, determinato da una inspiegabile crescita dell’ingenuità, se non della stupidità, tra la popolazione mondiale, ma che ha una origine complessa: oltre alla crescente specializzazione su accennata, si deve registrare un abbassamento qualitativo dell’istruzione (che inoltre registra un crescente ritardo dei programmi scolastici, rispetto alla velocità della ricerca), ma anche un errato modo di porsi di tanti scienziati.
Come si diceva all’inizio, la quantità di nozioni (di informazioni) disponibili è in crescita esponenziale, e ciascuno di noi è quotidianamente sottoposto ad un overflow informativo, tale da renderne praticamente impossibile la totale registrazione mnemonica e la comprensione. Siamo, inevitabilmente, spinti verso una selezione, che non è altro che l’anticamera della specializzazione. Ma, eccezion fatta per ciò che attiene alla specifica attività di studio o di lavoro, o ad una particolare passione, nella quale ciascuno investe maggiori risorse cognitive, il continuo bombardamento di informazioni ci ‘costringe’ comunque a prestarvi attenzione.
Questa sollecitazione, inoltre, non è mai solamente passiva (come ricettori di notizie), ma ci chiama ad esprimerci. Richiede una presa di posizione, l’espressione di una opinione. E, ovviamente, ciò è agevolato dal fatto che solletica il nostro ego. In questo quadro, prendono forma due fenomeni paralleli: da un lato, l’elevata frequenza con cui mutano i più diffusi temi di discussione (i cosiddetti trend topic), costantemente aggiornati dall’inarrestabile flusso di nuove informazioni, e dall’altro la difficoltà di affrontarli in modo men che superficiale.
Ma, in questo tumultuoso mare di informazioni, come ‘navighiamo’? Sotto la spinta delle innumerevoli sollecitazioni, molti scelgono di fare surf. Si muovono sulla superficie, cavalcano l’onda del momento, e già guardano alla successiva in arrivo...
Questo è purtroppo il terreno fertile in cui allignano la fake news, le notizie false o distorte, ed il cosiddetto clickbaiting, ovvero la tecnica di presentare le notizie non in modo chiaro ed immediato, ma in modo intrigante, con l’obiettivo di attrarre l’attenzione, anche a costo di falsarle del tutto.
Sottoposto a questa tempesta informativa, il cervello reagisce cercando di cogliere quanto più possibile, e per farlo riserva minor attenzione a ciascuna informazione. Legge e memorizza un titolo, ma non guarda nemmeno il relativo articolo, non fa caso alla fonte d’informazione (per una, sia pur approssimativa, valutazione dell’affidabilità); vede un’immagine, ma non la ‘scandaglia’ per verificarne l’autenticità, anche se il contesto rappresentato non è esattamente credibile; registra la presenza di un link, ma non lo segue per saperne di più.
In poche parole, presi dal vortice di informazioni, ne registriamo in realtà piccoli pezzetti superficiali, che spesso sono artatamente confezionati per dire l’esatto contrario di ciò che scopriremmo, se solo dedicassimo qualche minuto per andare oltre la superficie. E su questi pezzetti, nella migliore delle ipotesi capaci di restituirci un’idea monca della questione, costruiamo le nostre opinioni - che siano pro o contro.
Si assiste così a dibattiti incredibili, in cui opposte fazioni si scontrano sul tema del momento, avendone se va bene una cognizione assolutamente insufficiente, ma non di rado del tutto falsa. Da ambo le parti.
In questo regno della sineddoche, dove la parte assurge sempre ad avatar del tutto, diveniamo inconsapevoli propalatori di scempiaggini, o focosi supporter di tesi infondate.
Tutto ciò chiama il mondo della informazione - e quello della divulgazione scientifica - ad una grande assunzione di responsabilità, che invece al momento è del tutto assente.
Un cittadino informato è un cittadino consapevole, con cui anche quando dissente è possibile aprire un confronto; ma un cittadino disinformato smette di essere cittadino, e si trasforma - di volta in volta - in suddito obbediente o in ribelle.
Insomma, per utilizzare una sineddoche, l’informazione è la democrazia.