Crocevia di popoli l’alto Adriatico è ancora oggetto di studi e ricerche archivistiche oltre che archeologiche per individuare il nesso originario Adria-Adriatico, tra la misteriosa città Atria, (H)adria e il mare che da lei prenderà il nome.
Etruschi, Veneti, Greci e Celti sono i popoli che lasciano traccia in quell’area così ambita e composita con spiccata vocazione mercantile, nata intorno ad un nucleo originario lungo le rive dell’Adrias potamos, il ramo settentrionale del Po. Questo primo vero e proprio porto, emporium, di tutta l’area padano-alpina, alla metà del VI secolo a.C., è abitato stabilmente dagli Etruschi e rappresenta “un ricco microcosmo sociale di ricchi commercianti e abili artigiani”, in cui un mix di etnie e culture diverse stabiliscono una convivenza pacifica culturale, religiosa e sociale, la più studiata e misteriosa zona economica dell’antico Mediterraneo.
È di questo anno l’uscita di un saggio narrativo, molto accattivante e frutto di ricerche storiche, che consente di apprezzare le radici greche dell’antico delta padano ma soprattutto che scioglie diversi nodi storici e filosofici sull’incredibile successo e sulla antica grandezza di una cittadina, oggi defilata dalle mete turistiche più note: Adria dal nome mitico e reale al tempo stesso. Adria sembra abbia origine dall’etrusco atrium “giorno”, “luce”, richiamando il concetto di “oriente”, quindi la città più a oriente per gli Atriates Tusci.
Questo viaggio nell’entroterra della storia lo percorre per il lettore il filosofo rodigino Diego Crivellari1, esplorando l’estesa e sorprendente pianura liquida dell’Adriatico, un universo ideale e materiale dove l’ambra dal Baltico giungeva fino alle lagune venete per proseguire fino all’Egeo.
Il mistero gira intorno alla figura di Filisto, sul quale l’autore scava assiduamente tra le scarse e frammentarie tracce di un uomo politico, uno storico – avvicinato a Tucidide – ideologo della tirannide siracusana, probabilmente esiliato in quel di Adria, nel IV secolo a.C., a condurre il primo tentativo di creare un impero adriatico e mediterraneo, stabilendo un potere statale del mare all’interno del triangolo città di Issa (Lissa oggi isola di Vis al largo di Spalato), Ancona e Adria.
Siciliota e rampollo di famiglia agiata, Filisto è allievo del sofista Eveno di Paro di cui Platone parla nel Fedro, e fa la sua comparsa a Siracusa dopo la caduta di Agrigento nella guerra contro Cartagine, nel 406 a.C., come sostenitore del tiranno di Siracusa Dionisio il Vecchio. E qui diventa interessante la storia in quanto Crivellari si pone diversi quesiti sul perché e in che termini l’allontanamento di questo segretario di stato ante litteram costituisca un esilio o un bando vero e proprio tra le lagune di Adria o una missione diplomatica per la fondazione di un governatorato siracusano.
Filisto è il portavoce di un gruppo politico coeso, forse viene esiliato dal lider maximo Dionisio per una semplice ripicca dopo il suo matrimonio con la nipote di Dionisio, contratto senza il consenso del tiranno ? Questa ipotesi l’autore la trae da un brano di Plutarco (46-50 – 120 d.C. ca) il quale afferma proprio della cacciata dell’uomo politico che “si rifugiò presso alcuni ospiti a Adria [éis tòn Adrian] dove sembra abbia composto la maggior parte della sua Storia, essendo libero da occupazioni”. Ma non è così chiara l’interpretazione di questo passo in quanto non tutti concordano che il luogo sia proprio assimilabile alla cittadina e non riferito ad un luogo sull’Adriatico, riferendosi ad una località non meglio precisata.
Insomma, attraverso la ricostruzione di questa vicenda chi scrive riesce benissimo a prendere il lettore portandolo indietro nella storia sapendo bene che Filisto, rimasto sempre materia di specialisti, ci conduce a comprendere meglio un capitolo molto importante della storia della nostra Italia.
Filisto merita una riscoperta non solo perché fu apprezzato da Alessandro Magno e Cicerone ma in quanto più che un teorico della tirannide e dell’imperialismo forte, ai tempi in cui Platone era proprio a Siracusa a sostenere invece il politico Dione (408-354 a.C.) che si opponeva apparentemente a questo stato di cose, ma l’ispiratore lucido di una espansione politica verso l’Adriatico e di un impero continentale sostenuto da un esercito multietnico costituito da mercenari, insieme ai Greci, Italici, Iberi, Celti, Siculi. Questi ultimi tentavano di assimilare, con comuni parentele mitiche, popolazioni che erano entrate a far parte dello stato di Dionisio.
Città adriatiche come Spina e Adria suscitarono un interesse importante per il ruolo strategico di emporia sia per il mondo greco che quello celtico e venetico dopo la fine della dominazione etrusca e ne è testimone – sostiene Mario Torelli noto archeologo recentemente scomparso, nella sua Storia degli Etruschi – l’interesse suscitato in Dionigi da Siracusa tra il 390 e 380 a.C., che si concretizza nella creazione di colonie proprio nella costa alto adriatica fino ad Ancona.
La discesa di Adria da fiorente centro economico marittimo, dove le vie d’acqua rivestono un ruolo fondamentale per i trasporti da e verso la terraferma, fino alle città di Este e Padova, fino a Mantova attraverso il Mincio, sarà segnata dalle invasioni barbariche che decretano anche il tramonto dell’età romana. Adria passerà successivamente insieme all’esarcato di Ravenna sotto la Chiesa e Venezia riuscirà a sottometterla vedendola come potenziale rivale lagunare; era il 1016 quando la città polesana già duecento anni prima vessata dai Saraceni non ricorda neanche vagamente la potenza e la gloria del passato.
Grazie a questo capitolo di storia antica lagunare si comprende come nella città di Adria si sia realizzato un progetto con un respiro geopolitico molto più ampio di quanto si possa immaginare, soprattutto che va oltre i confini della Grecia, e in questo Filisto aveva avuto l’intuizione profetica che la frammentazione del mondo greco avrebbe condotto alla perdita dell’autonomia di tutto il suo popolo.
Lascerà traccia il suo programma politico proprio a Adria attraverso un’infrastruttura fondamentale per l’intera area del delta: la Fossa Filistina, forse l’odierno Canalbianco, quel canale artificiale che permise da allora una navigazione all’interno della laguna molto più sicura rispetto agli alvei naturali. Il progetto politico europeo e occidentale aveva come obiettivo l’espansione anti-etrusca nel Tirreno e nell’Adriatico, facendo anche leva sulle invasioni recenti da Nord dei Galli. Grazie a Filisto, la leggenda del tiranno Dionisio di Siracusa, che secondo illustri storici dell’antichità greca come François Lefèvre ha ”fatto scorrere fiumi d’inchiostro”, riguarda più che un episodio di dispotica dominazione, con brame di potere senza scrupoli, la visione politica illuminata di un uomo di stato capace di valorizzare i cittadini virtuosi, di intervenire in prima persona per la realizzazione di opere di pubblica utilità, come “liberatore e federatore delle città greche di fronte al grave pericolo dei Cartaginesi”. I suoi scritti ebbero notevole considerazione dagli storici del suo tempo e posteriori, tanto che in Egitto del II secolo d.C. le sue opere erano ancora copiate, fino a distanza di secoli era considerato da autori latini come Quintiliano e Cicerone che di lui osserva: “il siciliano è uno scrittore di prim’ordine, fecondo, penetrante, conciso, quasi un piccolo Tucidide”.
Se Dionisio il vecchio dovette molto a Filisto e alla sua fortuna politica, la storia così misteriosa di questa trasferta, missione, esilio ancora così poco compresi fino in fondo, fu grazie a Dionisio il giovane (397-343 a.C.) figlio del tiranno, consigliato dai suoi sostenitori, a decretarne il rientro in patria quando vide minare la supremazia dal progetto di “mite e pedagogica tirannia” operato da Dione, attraverso l’aiuto del filosofo Platone, che sosteneva una forma di governo per un governo costituzionale e della legge. Il ritorno di Filisto decretò l’estradizione di Dione, e Platone dovrà ripiegare ad Atene dopo l’insuccesso filosofico-politico siracusano, considerato dagli storici come Crivellari anche un dramma personale del filosofo, in rapporto all’uomo politico Filisto e al suo modello di stato territoriale, in un progetto più ampio di espansionismo coloniale adriatico.
La fine dell’eroe siciliota sarà in battaglia, nel 356 a.C., al comando della flotta siracusana, o forse suicida per non cadere in mano nemica, ipotizza Crivelli, proprio nelle acque della città durante la guerra civile tra Dione e Dionisio, quest’ultimo in fuga lascerà il posto al suo avversario che tradendo gli insegnamenti di Platone ed il sistema ideale da lui invocato, sarà autore di un regime dispotico più terribile e crudele del precedente.
Oggi ogni volta che torno a visitare Adria, città d’acque di antichi fasti e origini, scorgo poche tracce di questo arcaico centro propulsore della pianura padana, se non fosse per il suo noto museo archeologico e le sue vie e contrade intervallate da ponticelli su piccole vie d’acqua, piccoli lacerti di un porto lagunare ingoiato dalla storia della modernità.
1 Diego Crivellari, Mistero adriatico. Il viaggio di Filisto e le radici greche dell’antico delta padano, Paolo Spinello Diffusione Editoriale, Adria 2021.