Spesso si dice che la pandemia ci ha cambiati, o che comunque lascerà un mondo ben diverso da quello di prima.
Ho riflettuto molto su queste considerazioni, devo dire anche con una certa curiosità, o forse con un’aspettativa vaga, come se qualcosa di magico dovesse per forza accadere.
Con il trascorrere del tempo, la curiosità si è tradotta in un’attenta osservazione dei fenomeni sociali in atto, degli atteggiamenti, dei comportamenti, ma anche dei piccoli cambiamenti visibili o soltanto potenziali.
Lo psicologo è chiamato ad osservare ciò che accade, non solo, anche in qualche modo a prevedere l’andamento dei fenomeni sociali, che sono dettati anche da reazioni psicologiche individuali o collettive, o da entrambe. Ecco quello che ho osservato.
- Un intensificarsi dell’aggressività, della rabbia, dell’invidia, della rivalsa… insomma di tutti quei sentimenti tradizionalmente considerati in negativo, che generalmente venivano tenuti nascosti. Questi sentimenti, con le emozioni ed i comportamenti correlati, oggi sono spesso manifestati apertamente, quasi senza un freno inibitore, come se la loro espressione fosse in qualche modo e per qualche ragione sancita e considerata una legittima espressione di sé.
- Un progressivo attaccamento alle cose concrete, basiche, come il nutrimento, il corpo, le sensazioni fisiche di caldo, freddo, le reazioni all’uscire all’aperto, al rimanere al chiuso, al movimento, al tatto. Pare che le sensazioni correlate ad aspetti concreti, in particolare quelle tattili, siano diventate più importanti di prima. Estremamente significativo al riguardo il forte attaccamento al poter fare le cose concrete consentite dal green pass: ad un certo punto sembrava quasi che il fatto di sedersi ad un tavolo interno di un ristorante acquistasse un ruolo centrale nella vita delle persone.
- Un desiderio di appartenenza ad un gruppo, ad una collettività, ad una filosofia di pensiero: i fautori di una cosa piuttosto che un’altra, i pro e i contro qualcosa, siano essi i vaccini, i green pass, i richiami, le decisioni collettive o altro. L’individuo sembra oggi faticare molto a viaggiare da solo, a pensare con la propria soggettività, diventa centrale accorparsi, creare un gruppo coeso, compatto, capace di difendere le posizioni che individualmente faticano ad essere portate avanti.
A fronte di queste osservazioni, mi pare che ora la direzione sia quella di una progressiva ripartizione del “mercato”, quella che nel linguaggio del marketing viene chiamata “segmentazione”.
- Da un lato, coloro che potremmo definire i “materiali”: una parte della società sembra indirizzarsi verso una sempre maggiore “basicità”, nel senso di una vita centrata sul concreto, sul qui ed ora, sulle esperienze immanenti, sulla base esperienziale. Persone che usciranno dalla pandemia con un marcato attaccamento alle cose concrete: dal cibo, al corpo, all’acquisto di beni connotati per avere una fruizione rapida, breve, quasi immediata.
- Dall’altro lato, quelli che possiamo chiamare gli “spirituali”: all’opposto dei precedenti, in questo caso si tratta di individui che escono dalla pandemia con una consapevolezza della caducità di ciò che è finito, immanente, orientandosi al contrario verso una dimensione “altra”, trascendente, una consapevolezza del sé, dei valori che si intende recuperare o scoprire di nuovo, coloro che faranno un’elaborazione ed una riflessione sulla vita, sull’uomo, sul cosmo.
Perché parlo di “segmentazione del mercato”? Perché si assisterà ad una netta ripartizione delle persone tra questi due livelli, decisamente distanti tra loro, profondamente differenti nei princìpi fondanti il pensiero ed il comportamento. Quindi, anche le scelte di vita, da quelle grandi come il dove abitare, fino a quelle più piccole come, ad esempio, quali abiti indossare. Questa bi-partizione potrebbe avere effetto anche sugli orientamenti politici che verranno, sulle propensioni etiche, sulle abitudini comportamentali in genere.
Questo è quello che immagino. La mia scelta? Io l’ho già fatta. E voi?