L’argomento è decisamente importante, caro lettore. Anche in un’epoca folle come questa ci sono dei veri artisti, in Italia e nel mondo. L’artista è però una razza in via d’estinzione; occorre usare nei suoi confronti mille attenzioni, un po’ come capita con i panda e i leoni. Già questa è una notizia, non prendiamola sottogamba perché non c’è molto tempo ancora a disposizione per salvare la specie. In circolazione possiamo ancora trovare creatività, talento, espressività malgrado i moderni metodi di caccia disumana basata sull’abuso di tecnologia e sull’invadenza dell’ideologia.
Parlo anche per me. La lotta per la sopravvivenza è quotidiana. Come gli artisti del passato rovisto anche tra gli oggetti abbandonati nelle vecchie soffitte, alla ricerca di qualche tesoro dimenticato. Al contrario di quello che dice orgogliosamente e con vanto Maurizio Cattelan (e non solo lui, per carità, lo hanno detto anche degli artisti veri) "l'artista mediocre copia, il genio ruba!”, dico che l’artista vero non ruba ma si ispira e, nei migliori casi, scopre. Rubare è un’altra cosa. Rubare significa sottrarre qualcosa a qualcuno; il genio questo non lo fa.
Il genio o il vero artista si ispira e crea qualcosa di nuovo, non sottrae niente a chicchessia. L’artista mediocre o, come lo definisco io lo pseudo artista, invece copia (solo su questo punto io e il pubblicitario padovano possiamo intenderci). Nel campo della creatività copiare è rubare. C’è una grossa differenza tra l’ispirazione e il furto. L’ispirazione è di per sé un passaggio invisibile del testimone da un essere umano creativo all’altro. L’ispirazione è lo strumento dell’evoluzione creativa. La differenza ora dovrebbe essere più chiara.
Come possiamo capire allora se siamo di fronte ad un artista o ad uno pseudo artista? Il primo strumento consiste nella sensibilità dell’osservatore, qualità che non può certo esprimersi con i canonici “mi piace” o “non mi piace” tipici del nostro banale e squallido mondo ipertecnologico. Perché non importa se l’opera del presunto artista possa piacermi o no; tutto ciò è solo frutto del gusto personale. Quello che conta è se l’osservazione, la lettura o l’ascolto di un’opera è in grado di ispirarmi a mia volta e far sgorgare in me nuove idee, nuove visioni del mondo, nuove azioni. Un’opera può infatti anche non piacermi ma io devo essere in grado di coglierne la qualità oggettiva, al di là del mio gusto personale. L’arte non è piacere, non è questione di gusto. L’arte è, contrariamente a ciò che molti credono, assolutamente oggettiva. Con buona pace dei fanatici della scienza (i primi a non comprendere l’importanza della materia), Leonardo da Vinci sarà considerato un’eccellenza dell’arte mondiale anche fra mille anni (se ci sarà ancora qualcuno a poter giudicare il passato, naturalmente) mentre molto probabilmente (e chi ama davvero e con sincerità la scienza deve sperarlo) una teoria scientifica oggi giudicata valida sarà superata.
Notate che il gusto personale non è mai preso in considerazione né nell’arte né nella scienza. Si tratta sempre di tappe cognitive: le regole dell’arte tendono all’infinito, quelle scientifiche proprio per loro natura ad essere superate. È proprio in questa consapevolezza dell’evoluzione del metodo sperimentale che si nasconde la grandezza della scienza, ve lo dice un suo profondo amante. Di questo ne parleremo meglio in altre occasioni. Torniamo quindi a porre la nostra attenzione alla potenzialità ispirativa dell’opera, è fondamentale.
Un secondo strumento che abbiamo a disposizione (e questo è più immediato da comprendere) è la conoscenza. È chiaro che più conosco il passato, maggiore è la mia possibilità di cogliere se l’opera che sto osservando, leggendo o ascoltando è ispirata a sua volta da un’opera precedente o semplicemente se ne rappresenta solo una copia, eseguita bene o male in questo caso poco importa.
Notiamo un elemento importante che nasce dalla sintesi di questi due passaggi interiori: per scoprire se l’opera che stiamo scoprendo sia vera arte o pseudo-arte: l’osservatore compie un’operazione che non è per nulla passiva. L’arte, infatti, non richiede al fruitore passività ma attività. Il fruitore dell’arte compie a sua volta un’operazione artistica: ispirato, a sua volta ispirerà. Potrà farlo con un pensiero, con un sentimento o addirittura con un’azione concreta ma creerà a sua volta qualcosa di nuovo, magari anche solo con una scintilla. Lo stesso può capitare nell’ambito della scienza: una teoria scientifica può ispirare. Ecco che allora quella teoria gode di una bellezza intrinseca che la porta ad essere, in qualche modo, paragonabile all’arte. Quella teoria un giorno sarà anche superata scientificamente ma sarà sempre considerata bella e fondamentale anche in futuro. La scienza e l’arte vanno a braccetto: Leonardo docet.
L’arte quindi ci rende tutti artisti potenziali. Anche questa è una magia inimitabile intrinseca nell’opera d’arte. L’arte porta arte. L’arte trasmette arte.
Oggi come oggi il cosiddetto mondo dell’arte comprende purtroppo anche molti soggetti che poco hanno a che fare davvero con essa: vi troviamo infatti i markettari, i provocatori e i cosiddetti pseudo artisti, per esempio, coloro che, illuminati sulla via di Damasco, si credono la reincarnazione di Rubens. In fondo li riconosci facilmente: prendono in mano un tocco d’argilla o comprano una tela in un grande magazzino e, dopo qualche settimana di religioso ed eremitico raccoglimento, mandano un bonifico ad una pseudo-galleria d’arte affinché possa organizzargli la sua prima sfavillante mostra, con l’intento di mostrare al presunto pubblico osannante e alla critica in visibilio la propria genialità ancor sconosciuta al resto del genere umano. Naturalmente la pseudo galleria che incassa avida il bonifico non guarda troppo per il sottile e gliela organizza in quattro e quattr’otto, mandando inviti standard al proprio ricco database di contatti, per lo più composto da chi puntualmente si presenta alle inaugurazioni per bere gratis un vermentino e deglutire avidamente un paio di salatini.
Lo so, caro lettore, queste descrizioni ricordano molto una scena tragicomica tipica della commedia dell’arte ma ti assicuro che è la normalità di ciò che avviene nella stragrande maggioranza delle cosiddette gallerie d’arte di oggi, soprattutto italiane. Le vere gallerie d’arte, quelle che invece come da tradizione novecentesca credono davvero nel percorso e nella ricerca di un artista, che selezionano esclusivamente quelli su cui puntare e, assieme ad essi, investire sul futuro, sono in via d’estinzione, esattamente come i veri artisti.
Da recenti analisi, di questi pseudo artisti o auto referenti geni improvvisati, ce ne sono più di due milioni solo in Italia, già solo per quanto riguarda il solo mondo della pittura e della scultura. Non parliamo dei musicisti strimpellanti e dei poeti analfabeti. Tutta ottima carne da macello per chi, da tempo, ha deciso di cibarsene, come le pseudo gallerie di cui ho parlato prima, che si sono trasformate in semplici affitta muri; come alcuni pseudo curatori che agiscono senza vera preparazione e solo nei confronti dei pseudo artisti paganti, da loro incentivati con celebrative supercazzole senza senso (Ugo Tognazzi insegna); o come certi pseudo cataloghi d’arte, che, malgrado le partecipazioni di nomi altisonanti agli occhi delle masse, trovano vera diffusione solo tra gli stessi pseudo artisti paganti, ingenuamente orgogliosi nell’apparirvi e godendo al pensiero dell’invidia dei propri pseudo colleghi.
Dimenticavo: in Italia tra gli pseudo curatori e gli pseudo storici dell’arte ci sono anche coloro che coccolano amabilmente tanti di questi pseudo artisti per un fine politico, oltre che economico. “Ma come?” mi dirai, caro lettore “la politica riesce a rientrare anche nel mondo dell’arte?”. Eh sì, caro lettore: ricordatelo, siamo in Italia. Qui da noi lo pseudo storico dell’arte, pseudo politico, pseudo professore, nonché pseudo curatore a pagamento, fonda anche pseudo partiti ad uso personale per occupare quante più poltrone possibili alle prossime elezioni (elezioni o erezioni che dir si voglia, a volte è solo questione di una consonante diversa). Come vedi c’è molta confusione nel settore. Ora vedrò di spiegare in modo più approfondito come individuare gli pseudo artisti che si aggirano autoproclamanti e affamati di carne umana, come gli zombie di Romero, nella nostra società.
Provo a sintetizzare in alcuni punti le principali caratteristiche atte ad individuare il cosiddetto pseudo artista.
Mancanza di cultura (artistica e, a volte, generale)
Partiamo da un presupposto: un artista non necessariamente deve conoscere a menadito ogni data e ogni dato della storia dell’arte ma fondamentalmente deve conoscerla, deve averla vissuta mentalmente nei sui tratti principali, deve averla sperimentata nel suo cuore e nel suo cervello per anni. Deve conoscere i musei e capirli. Deve frequentare mostre e conoscere veri artisti. Deve leggere. Deve studiare gli ideali e le tecniche, non per nozionismo ma per cogliere l’essenza. Deve parlare con l’anima di Monet per conoscere la luce e con quella di Raffaello per comprendere il Neoplatonismo. Soprattutto deve fare tanta ricerca prima di esporre anche solo un’opera. Deve cambiare mente e, se la sua è già avvezza all’arte fin dalla nascita, deve coltivare arte quotidianamente, da mattino a sera. Senza possedere in sé la storia dell’arte è impossibile creare qualcosa di nuovo. Come ci sono tanti "pseudo poeti" che scrivono migliaia e migliaia di versi in stile baci Perugina senza aver mai prima letto, studiato, assorbito fin nel midollo migliaia di poesie dei grandi maestri, così ci sono tanti "pseudo artisti" non sanno quasi nulla né di Rinascimento né di Dadaismo, né di Surrealismo né di Espressionismo. Spesso chi si chiama poeta odia la poesia e chi si definisce un artista odia l’arte. È un paradosso, lo so ma è così. Caro lettore, chiameresti mai chef chi non ha mai preso in mano una padella? No di certo. Eppure, con l’arte, qualche volta, lo hai fatto anche tu. Pensaci. È un errore comune, non preoccuparti. Si può guarire.
Analfabetismo tecnico
La stragrande parte degli pseudo artisti visivi non sa quasi tenere una matita in mano. Non conosce la prospettiva. Ignora la potenza dei chiaroscuri. Non sa ritrarre la realtà, tutt’al più la imita in modo elementare. Con la scusa che l'arte contemporanea è tutta da codificare, da interpretare con una seconda o terza lettura e che spesso l’opera, semplice nella sua realizzazione, è in realtà il frutto di un percorso complesso e durato anni, essi rappresentano tutto e di tutto, compreso orrori d'ogni tipo, scambiando la semplicità con la facilità. Non comprendendo l’arte, essi stessi pensano (o almeno sperano) che i fruitori (o vittime) siano altrettanto ignoranti. La soluzione giusta è ancora e sempre la ricerca, una parola quanto mai sottovalutata. Con la ricerca artistica, con tanta sperimentazione, fatica, sudore si può imparare quasi tutto. Magari non tutti possono esser geni ed essere il Ronaldo dell’arte ma almeno artisti decenti lo si può diventare, con l’impegno e il senso della responsabilità; come diceva Ligabue (non l’artista ma il cantante…) i Mondiali sono stati vinti anche grazie ad Oriali.
Mille mostre uguale nessuna mostra
Ulteriore elemento disvelatore di pseudo artisti è il curriculum: costoro credono che, infarcendo il proprio curriculum con decine e decine di mostre e mostriciattole, magari inzuppando il tutto con qualche nome esotico e altisonante di città straniere, guadagnino qualcosa a livello di autorevolezza, nella graduatoria dell’altrui considerazione. Non hanno un grande evento che li possa rappresentare e allora lo sostituiscono con dieci pseudo eventi di nessun valore artistico. Come accade a certi ristoranti, che presentano al cliente menù chilometrici colmi di piatti banalissimi e turistici. Gli pseudo artisti non comprendono che, alla meglio, possono ottenere tutt’al più il compiacimento degli amici o dei conoscenti, o peggio ancora dei contatti social, in particolare chiaramente di quelli che di arte non ne capiscono nulla. Ignorano il fatto che, chi davvero conta nel mondo dell'arte, mette una bella X sopra il nome di quello pseudo artista per sempre. È meglio fare due/tre mostre davvero prestigiose che venti di cui vergognarsi per sempre.
Il percorso è tutto
Altro problema: per arrivare ad essere considerati veri artisti occorre fare un lungo e faticoso percorso, senza smettere mai di sperimentare, di imparare e di lavorare su se stessi. Oggi invece la maggioranza delle persone cerca (e ormai succede in tutti i campi) di attuare ogni tipo di modalità “easy”, in stile “reality”, scendendo a tutti i compromessi possibili, pur di raggiungere in fretta il proprio obiettivo. Molti ritengono che l'importante sia “diventar famosi". Niente di più folle, niente di più sbagliato: questa è esattamente la strada che li farà finire direttamente al di fuori del mondo vero, in primis in quello dell'arte, prima ancora di entrarci.
Obiettivo
Qui ci riagganciamo al punto precedente, focalizzando però l’attenzione non sul percorso ma sul fine. Perché secondo te, caro lettore, gli pseudo artisti assatanati di vanità vogliono diventare veri artisti? Se il loro obiettivo è la fama e la ricchezza, per esempio, hanno proprio sbagliato strada. Il campo dell’arte, della vera arte, è quello dove c'è la minor possibilità in assoluto di acquisirle, fama e ricchezza. Basta fare un semplice calcolo delle probabilità. Su cento mila persone che provano a sfondare nel mondo dell’arte, in qualunque disciplina, riescono a scalarne la piramide in dieci, al massimo in venti. In una trentina solo post mortem. È molto più semplice diventar ricchi vendendo pesce o famosi spogliandosi correndo lungo le strade della propria città, di sicuro si finisce su tutti i giornali. Ora che ci penso è ancora meglio unire le due cose e vendere pesce correndo nudi per le strade della propria città; qualcuno, prima o poi, farà anche questo. Scherzi a parte, l'artista vero ha un solo scopo: nonostante tutte le sconfitte e le delusioni sente di poter e dover dare il proprio contributo all'evoluzione dell'arte, anche senza alcun ritorno. Per farlo è disposto anche a soffrire, a morirne.
Talento, conoscenza, esercizio, ricerca, qualità e fatica. Punto. Solo in questa disposizione d’animo, oserei direi missionaria, consiste il vero modo di vivere per l’arte e nell’arte. Detto e accettato questo, poi possono anche arrivare la fama e il denaro ma è ridicolo, davvero ridicolo che questi ultimi possano essere gli obiettivi e non gli effetti. Se chi fa arte "solo per farsi vedere" non è un artista, tanto meno lo è chi fa arte semplicemente per "esprimersi". Per esprimersi ci sono centinaia, migliaia di modi. L’arte fa esprimere, è vero ma non per questo occorre definirsi artista. Disegnare, suonare, scrivere, tutto questo è profondamente terapeutico; queste azioni hanno un potere grande su di noi. Peraltro, trovando la giusta valvola di sfogo a qualche nostro disagio interiore, possiamo evitare di compiere azioni dannose nei confronti degli altri: l’avesse perseguita Hitler la sua valvola di sfogo creativa, ci saremmo risparmiati l’apocalisse in terra. Ma non confondiamo l’azione con la sostanza. Un conto è “fare arte”, un conto è “essere un artista”: scopi, fatica, processi sono completamente diversi, addirittura opposti.
Ricominciamo a distinguere quindi il fare dall’essere. Facciamolo almeno noi esseri umani del XXI secolo, subissati dall’avere, base ideologica di una società irragionevole e scarna di princìpi. Una società, quella moderna e materialista, che ci costringe a seguire strade non nostre e disumane azioni nei confronti di sé e degli altri.
L’arte, quella vera, è la cura per tutto questo. Occorre preservarla quindi come il nostro tesoro più prezioso.