Amici inglesi, dopo il penoso risultato della quasi eroica ed europea tenzone pallonara in quel di Londra, vi hanno fatto toccare il fondo. Ve lo dico con quella sincera ammirazione che così spesso ho provato per voi, pensando a tante meraviglie artistiche e musicali che avete donato al mondo; certo, ormai in un passato che è sempre più lontano ma su questo vi tranquillizzo, non siete affatto gli unici. Volete un piccolo esempio? Quando da ragazzo sentii per la prima volta il coro finale di Hey Jude dei Beatles, lo ricordo come se fosse ieri, fui catapultato improvvisamente in un altro mondo fatto di cori celestiali, di hippies capelloni, multifioriti e danzanti, colmo di un’inaspettata iniziazione agli antichi riti Dionisiaci. Per questo e per altri motivi, vi sarò per sempre grato.
Ma. C’è un ma. I più svegli fra di voi lo avranno già notato. Il disastro d’immagine e di disistima che da qualche anno è calato su di voi, perseguitandovi, sembra aver gettato al vento in pochi mesi secoli di cultura e di shakespeariano sentimento. La causa non è semplicemente da ricercare nella plebe ubriaca e sbraitante d’abbai che anche in quest’occasione pallonara si è distinta, calpestando e insudiciando il vessillo tricolore di mazziniana memoria, quanto piuttosto nei “rappresentanti” del vostro Stato (che forse è “stato” ormai solo al participio passato: il dubbio ci e vi colga) i quali, vi dirò altrettanto sinceramente, han fatto ben poco per evitare i pruriti istintivi sfogati da molti con versi scimmieschi e gestualità primitiva.
E chi sono questi tanto originali rappresentanti che avete scelto e votato? Sì, amici inglesi, inutile dire che la vostra classe politica negli ultimi anni ne ha combinata una più di Bertoldo facendovi, per esempio, uscire dall’Europa poco prima di poter ricevere gli immensi aiuti economici post pandemia, con un tempismo che in Italia si definirebbe fantozziano (aggettivo che ha a molto a che fare con il vostro Mr. Bean; un giorno vi spiego); una classe politica che non è solo stata votata dai vecchietti, da chi non ha un titolo scolastico superiore e da chi abita nelle più sperdute lande piovose del vostro Paese. Inutile dirlo perché non è vero.
Molta middle class e cittadinanza urbana ha compiuto queste folli scelte separatiste e difensiviste, come colta dal panico nel non avere più il timone del comando di un regno immenso ed ultraoceanico, inorridita dall’esser ridotti a meri compagni di viaggio dei nemici francesi, degli odiosi tedeschi e degli sprovveduti italiani. Una facciata solo superficialmente coraggiosa ma, in realtà, una sostanza estremamente codarda. A governarvi, ora, non son più né Churchill né la Thatcher ma urlatori scapigliati, aizzatori aitanti e separatori professionisti. La corona inglese, ingessata e incartapecorita come una vecchia e lisa confezione regalo scartata (certi doni non sempre vengono apprezzati e niente è più triste di un pacchetto spacchettato e abbandonato), imbarazzata, ha incassato lo sgomento e la vergogna.
Questo, ahinoi, è il periodo storico degli homini insapiens: sono loro che spesso riescono a prendere il comando dei governi e dei partiti, dato che i sapiens tentennano dubbiosi sul da farsi, in questo mondo così complesso e volubile. Questi insapiens, non pensando molto e agendo all’istante, in questo periodo storico son favoriti. La stirpe di insapiens che vi rappresenta oggi, cari amici inglesi, è in fondo solo un’apparentemente novella: è in realtà un’ antichissima stirpe di uomini pallidi e tendenti virtualmente al biondo rossiccio, pur se a volte bruni senza esser lieti d’esserlo (ne sapeva qualcosa nonno Adolfo); sono generalmente sospettosi e piuttosto restii al lieto convivere con il resto dei sapiens, ritenuti appunto complicati, complessi e tendenti al compromesso e alla riflessione anziché allo scontro e alla reazione.
Negli ultimi anni, urlando e battendo il pugno, gli insapiens hanno invitato con la foga e con la pancia i propri componenti delle tribù. Non voi, cari classici cittadini inglesi: con voi poco attecchiscono ma forse, lo sapete meglio di me, ormai siete in pochi e in via d’estinzione. Il richiamo alla rivolta contro il nemico europeo, all’innalzamento di uno pseudo orgoglio indirizzato in difesa dell’antica razza anglosassone (che poi, ricordiamolo, così tanto antica non è ma in fondo, lo sappiamo, la memoria è una facoltà che è sempre meno utilizzata), l’impeto contro il vil straniero, prima accolto come lavoratore nelle moderne piantagioni di cotone tecnologico e poi rifiutato dopo la falsa promessa dell’integrazione, per la serie “se proprio vuoi rimanere qui, possiamo al massimo tollerarti, non integrarti”: tutte cose a cui abbiamo assistito sbigottiti negli ultimi anni.
È spiacevole sentire, per esempio, certi miei connazionali, tutt’ora da voi residenti, venir trattati non come europei, cioè come fratelli ma come “stranieri”. Che bella cosa la Brexit…! Diciamo che è tutto molto ma molto spiacevole. Uso apposta una terminologia molto english perché mi possiate comprendere bene anche voi. Lo ripeto: è molto spiacevole. In Italia di solito usiamo altre espressioni ben più colorite.
Il clima, riassunto da quella parola che è sì un termine che indica quel preciso evento socio/politico/economico/legislativo che è “Brexit”, in realtà è un vulnus pernicioso ed un virus pruriginoso inoculato in-sapientemente nel corso degli anni. Alcuni dicono, e io ci credo, che tale virus purulento sia stato creato (questo sì, mica il Covid!) in laboratorio. Sia chiaro: niente della “mentalità Brexit” ha a che fare direttamente con la sconfitta al nobil gioco del pallone da voi inventato e non così bene applicato. Questo è chiaro come il sole ma tutto il clima che si è vissuto in questi strani giorni è figlio dell’onda d’urto che chi vi governa sta portando avanti da un po’ troppi anni. Mi rivolgo chiaramente solo ad alcuni di voi, cari amici inglesi, a quelli ancor in grado d’esser indipendenti e autonomi rispetto al governo degli insapiens: vi dico che il rifiuto degli altri e, ancor di più, la superiorità presunta (genetica? culturale? difficile comprenderlo quando si è in questo campo di finto e rozzo esoterismo) rispetto al resto del mondo sono il vero virus di cui state soffrendo. Vi dico anche che non vi basterà né il primo vaccino democratico, né il secondo richiamo per sconfiggerlo. Altro che Covid.
E poi… e poi ci sono ancora (pochi ma pur sempre troppi) italiani ostinatamente e ciecamente innamorati di quell’esempio che è stato Brexit. In cuor loro, che l’Italia sia ancora parte integrante dell’Europa, è un problema oftalmico che acceca la vista della maggioranza illegittima e inebetita dei nostri connazionali. Questi figli dell’Italexit non sopportano discorsi come il mio che state leggendo, cari amici inglesi; pensate che questi italioti arrivano a difendere il comportamento penoso che alcuni vostri alticci connazionali hanno tenuto (i fischi, la rabbia, gli insulti, la violenza) dicendo che “tanto lo fanno tutti” o "ma anche noi italiani in passato abbiamo fischiato"; di scusette simili ne ho sentite e non poche in questo periodo. Giusto per parlare del presente e non di lustri fa, sono state giocate molte partite a Roma anche proprio in questo strano campionato europeo e non è successo niente di negativo. Ma proprio niente, anzi: anche l’arcigno Ceferin ci ha rivolto caldi e inconsueti complimenti, nonostante i postumi della Superlega in cui l’Italia ha pur avuto la sua bella parte di responsabilità. Chissà, peraltro, se il karateka sloveno è veramente felice alla fine del torneo, quando ha dovuto premiare la nazionale italiana, essendo costretto a complimentarsi anche con i giocatori della “ribellissima” Juventus e della “ribellina” Inter. Ceferin a parte, anche negli altri stadi europei non è successo niente, per quanto riguarda fenomeni di simile antisportività. I problemi invece ci sono stati, anche se in misura minore, guarda caso a Budapest. Altro bel personaggino quell’Orban. Vi piace la sua Ungheria? Bene, allora andateci a vivere, è giusto cercare la propria felicità; ci vuole coerenza, nella vita.
Vogliamo poi ricordare la codarda fuga dallo stadio del pubblico di Wembley prima della cerimonia finale di premiazione, con una totale mancanza di rispetto non tanto verso l’Italia, che ha comunque e stra-meritatamente vinto sul campo ma verso tutto il mondo che guardava la scena in diretta? E soprattutto, amici inglesi, quale mancanza di rispetto verso i vostri stessi giocatori! Li avete privati anche dell’applauso di ringraziamento e di incoraggiamento di cui è meritevole sempre e comunque chi si è impegnato a sangue ad onorar la maglia e la patria, resistendo agli assalti, ai tempi supplementari, ai Chiellini e ai Bonucci, addirittura facendo le barricate fino ai rigori. Siate sinceri: era cosa di poco conto tirare un rigore contro il gargantuesco Donnarumma? Non so, non credo. È che tutto quello che è successo, questa reazione antisportiva generale mi ricorda molto più il classico atteggiamento da dittatura offesa per il mancato trionfo propagandistico che il nobile applauso che ci saremmo aspettati dalla patria del fair play, o sbaglio?
E vogliamo parlare dell’ancor peggiore fuga di quel, come si chiama… Johnson mi pare, il pantagruelico divoratore di galatei, il padrone di casa che fa l’orgoglioso solo nel momento in cui vuole incitare le folle alla rivolta e che diventa un peluche spettinato quando deve stringere la mano con fierezza agli avversari? Non ho mai stretto la mano a Johnson ma non so perché, la immagino molliccia.
Amico Johnson, gli avversari ricordalo non son nemici ma uomini. Anche se a parer tuo sono colpevoli d’esser privi del reale e nobile sangue britannico, sono uomini e raramente inferiori a te. Al tuo confronto il nostro buon Mattarella, t’assicuro, è parso un gigante d’altri tempi, un minotauro di cortesia, di savoir faire e ad un passo dalla santità; una via di mezzo tra il Dalai Lama e Nelson Mandela. Sia chiaro, Mattarella non è né uno né l’altro, è molto più semplicemente un’ottima, educata e credo proprio retta persona; più che un eroe è il padre o il nonno che tutti vorremmo ma tu, caro Johnson, riesci anche solo con la tua presenza a causare tali visioni che quelle di Jim Morrison nel deserto non eran nulla. Non è facile ma ti riesce: sei un vero fenomeno, grottesco, ma fenomeno. Non so ancora quanto dannoso. Temo molto.
No ragazzi miei, torno a rivolgermi a voi amici inglesi, non ci siamo proprio: anche i vostri giocatori, sia quelli scuri con gli occhi neri che quelli biondi dagli occhi grigi e tristi, si sono ribellati alle dichiarazioni farneticanti dei vostri governanti insapiens, alla sicumerica strumentalizzazione di una partita di calcio che è stata volutamente trasformata nella sfida dell'Armagheddon di un'isola umile di origini, nobile in età matura e oggi un’anziana col culo per terra, contro il drago dell’Apocalisse, il nemico, la bestia che fino a ieri si chiamava Europa e che, in quest’occasione, si è chiamata Italia.
Basta che ci sia un “nemico”. Qualcuno da offendere, da umiliare. Quando tutto si regge su questo, amici miei, è evidente che la sostanza proprio non c’è: c’è solo propaganda. Succede anche da noi, per ora in forma minore e speriamo rimanga tale.
Grazie ad un pallone e a 22 uomini in mutande, abbiamo assistito più che ad una partita di calcio ad un’incredibile tragicommedia ricca di suspense. Dal finale lieto. Per tutti, tranne che per voi naturalmente. Ma si sa, in una tragicommedia come si deve, c’è sempre qualcuno goffo che ne combina una dopo l’altra e che alla fine scivola su una buccia di banana.
Se avete toccato il fondo, amici inglesi, è il momento di tornare in voi stessi. Comunque, lasciatevelo dire, eravate più affascinanti come James Bond che come Mister Bean.