Placido Domingo conquista Taormina con la sua bacchetta nel Rigoletto. Per la prima volta sul podio con l’orchestra del Teatro Bellini di Catania, il tenore spagnolo infiamma il cuore anche degli spettatori del Teatro Antico di Taormina.
Applausi, standing ovation e richieste continue di bis, hanno decretato il successo di uno spettacolo acclamato dalla prima all’ultima nota, con una direzione di estrema finezza e leggerezza, sullo sfondo naturale della costa Ionica.
Un debutto siciliano (l’11 e il 13 agosto 2021) per Placido Domingo, tra i più eclettici e versatili nella storia della lirica, per la prima opera del cartellone del Bellini Festival, (promosso dalla Regione Sicilia) in attesa di cantare il Simon Boccanegra il prossimo anno al teatro Massimo di Palermo e anche nella speranza di poter dirigere l’orchestra del Bellini di Catania.
Nei prossimi mesi è atteso al teatro Bol’šoj di Mosca per la Traviata, a Parigi e all’Arena di Verona. Il tenore e direttore d'orchestra spagnolo, 80 anni, lungo tutta la sua carriera aveva già cantato nel ruolo del Duca di Mantova, il capolavoro in tre atti di Giuseppe di Verdi, il primo della “trilogia popolare” completata dal Trovatore e dalla Traviata (1853), ed eseguito per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia nel marzo del 1851.
Domingo era stato in Sicilia quasi quarant’anni fa, nel 1982 a Vizzini, per un film sull’opera di Mascagni, la Cavalleria Rusticana, con la regia di Franco Zeffirelli, apprezzando quest’isola, terra di eccellenti tenori come Giuseppe Di Stefano (Catania, 1921), di cui si ricordano i 100 anni dalla nascita e Giuseppe Anselmi, che rivaleggiò con Caruso.
L’artista di Madrid è molto legato a Rigoletto, opera a cui risale il suo esordio, il 23 settembre del 1959, al Palacio de Bellas Artes di Città del Messico, nel ruolo di Borsa, e solo dieci anni più tardi, assume quello del Duca di Mantova, divenendo tra gli interpreti più rinomati del vasto panorama lirico.
Nel ventesimo secolo, la parte del Duca di Mantova era diventata uno dei ruoli simbolo di numerosi celebri tenori da Enrico Caruso a Luciano Pavarotti. A vestire i panni di Rigoletto a Taormina, un altro grande artista, il baritono emiliano, Leo Nucci, che in oltre cinquant'anni di carriera per più di 549 volte, ha rappresentato il rancoroso giullare gobbo, un personaggio in cui si è totalmente identificato, debuttando il 10 maggio del 1973. Oltre al ruolo da protagonista, Nucci firma anche la regia con la collaborazione di Salvo Piro, “impostandola in modo che sia leggibile da parte del pubblico”, ritraendo Rigoletto in una versione “così piena di umanità”.
Raramente, nella letteratura dell’Ottocento, troviamo un buffone di corte descritto come una figura nobile di animo e di principi, dando in qualche modo lezione di “moralità” a un aristocratico incosciente, con uno sfondo di personaggi meschini e corrotti.
La storia di Rigoletto è basata sul romanzo Le roi s’amuse di Victor Hugo, che nel 1851 fu censurato e bandito dalle scene, e ripreso poi in musica da Giuseppe Verdi, che ne ha mascherato un po’ il racconto. Un re non poteva essere descritto come un dissoluto e libertino e fu prontamente modificato in diversi particolari da Verdi e dal librettista, Francesco Maria Piave, suo collaboratore, spostando l’ambientazione dalla corte di Francia al ducato di Mantova, che in quel periodo non esisteva più. Quello che avrebbe dovuto essere il re Francesco I divenne così il "Duca di Mantova". Altri elementi discutibili, invece, rimasero intatti, anche perché proprio Verdi si era battuto ostinatamente affinché non venissero cambiati.
Il buffone di corte gobbo e anziano, mal visto dai critici per via della sua deformità, sopravvisse fino alla versione definitiva, gli fu però cambiato il nome: dall'originale Triboulet o Triboletto come in Hugo, divenne Rigoletto dal francese rigoler, "scherzare": un personaggio astioso, “odia tutti per le sue disgrazie, odia il re e gli altri uomini perché non hanno la gobba".
Giuseppe Verdi e Francesco Maria Piave, inizialmente avevano pensato di intitolare l'opera La maledizione, tema dominante della narrazione verdiana, che vede Rigoletto appunto, prendersi gioco dell'anziano padre di una ragazza, sedotta dal noto dongiovanni, il Duca di Mantova. Più tardi, a cader preda delle voglie del Duca sarà la stessa figlia di Rigoletto, Gilda, che il padre teneva gelosamente rinchiusa in casa per proteggerla dal mondo esterno. Rigoletto pianificherà una tremenda vendetta, assoldando il sicario, Sparafucile per uccidere il Duca: ma Gilda stessa, nonostante il padre le abbia aperto gli occhi sul carattere dissoluto del nobile, si sacrificherà per salvarlo: e così la maledizione sarà compiuta.
L'intreccio di inganno, intrigo, gelosia, passione, tradimento, vendetta, amore tra padre e figlia, non poteva che accendere l'ispirazione di Verdi, che produsse alcune delle pagine più memorabili di tutta la sua carriera. Rigoletto è forse l'opera drammaturgica più “immorale” per il carattere sovversivo nello sviluppo del melodramma europeo e rappresenta l'occasione per il compositore di Busseto (Parma) di superare alcune convenzioni del teatro lirico italiano, con la rottura delle tradizionali barriere fra numeri cantati e recitativi.
Ritenuta tra i lavori operistici più conosciuti, non solo per la bellezza di alcuni brani all’interno del repertorio lirico, “La donna è mobile”, "Vendetta, tremenda vendetta", ma anche per alcuni temi sociali o politici sempre più attuali, quali l'arroganza del potere, la crudeltà dell'emarginazione e la subordinazione femminile.
Lo stesso Verdi definì l’opera "rivoluzionaria", confessando di averla concepita quasi "senz'arie e senza finali, con una filza interminabile di duetti". Per molti studiosi di musica, Rigoletto rappresenta uno spartiacque nel campo della lirica (cade proprio a metà dell'Ottocento), un passaggio dall'epoca del "Bel canto" di Rossini, Bellini e Donizetti verso quella della "opera totale" di Wagner e del Verdi più maturo.
Il successo dell'opera fece sì che, nel giro di pochi mesi, venisse riproposta nei teatri di tutta Italia e poi d’Europa, con censure e modifiche persino sui nomi: "Viscardello", "Lionello", "Clara di Perth". Accanto alle due stelle della lirica nell’edizione del Rigoletto di Nucci, un cast giovane d’eccezione ma di altissima caratura con la vocalità smagliante e il sorriso da impenitente dongiovanni del tenore rumeno, Stephan Pop nel ruolo del duca di Mantova, la giovanissima Federica Guida, ventiquattrenne palermitana nei panni di Gilda, Anastasia Boldyreva nei panni di Maddalena e Antonio Di Matteo in quello di Sparafucile e altri rinomati interpreti del Bel canto, insieme all’Orchestra del Teatro Massimo Bellini.
Una scenografia Rinascimentale di Carlo Centovaglia, con i dipinti di Leonardo da Vinci, Tiziano e Botticelli per le scene e i costumi, realizzati da Artemio Cabassi, con le coreografie di Silvana Lo Giudice e Alessia Colosso.
Due magiche notti nel suggestivo scenario del teatro greco di Taormina (11-13 agosto 2021) che ha ospitato anche la cerimonia di premiazione del premio 𝑩𝒆𝒍𝒍𝒊𝒏𝒊 𝒅’𝒐𝒓𝒐 2021, prestigioso riconoscimento istituito dalla Società Catanese Amici della Musica, assegnato, a Placido Domingo, Leo Nucci e alla giornalista e critica teatrale Caterina Andò, per gli importanti studi belliniani.