Quante volte abbiamo vissuto la deprimente esperienza di un commissariato! Quando ci hanno fregato l’auto, quando abbiamo perso portafogli e documenti, quando ci sono entrati in casa i ladri. Prima l’attesa del nostro turno, perché non siamo noi le uniche vittime della delinquenza e della distrazione, poi il momento della denuncia a un poliziotto che scrive a macchina, magari solerte e diligente, ma indifferente alla nostra sofferenza. Indifferente perché ormai è una vita che scrive, col sistema di “a domanda risponde”, di motorini rubati, borse scippate, serrature violentate, balconi scalati, vetri infranti, cassetti svuotati.
E quante volte, quando eravamo giovanissimi con illusioni di giustizia sociale e protestavamo per strada anche vivacemente, il commissario di polizia ce lo siamo trovato di fronte, dopo essere stati fermati, a chiederci il perché e il per come della partecipazione a una manifestazione non autorizzata!
Eppure, poliziotti, vicebrigadieri, marescialli, ispettori e commissari quando sono trasmigrati nei romanzi gialli, nei film, in televisione o nei fumetti, sono diventati veri e propri divi, attraenti e simpatici, a cominciare dal povero Ginko che, pur bravissimo e abilissimo, con quel criminale incallito di Diabolik non gliene è andata mai una bene.
Poliziotti, ispettori e commissari sono sempre stati eroi della letteratura, del cinema e della tivvù, guadagnandosi sempre posti di tutto rilievo nella classifica dei libri più venduti e con share di ascolti televisivi senza precedenti.
Sono nati abbastanza recentemente nuovi eroi dell’indagine, seguitissimi e amatissimi, diventati così famosi da offuscare perfino la memoria e la fama di personaggi appartenenti ormai stabilmente alla storia del giallo. Come l’affabilissimo commissario Maigret di Simenon, sempre composto e garbato con la sua inseparabile pipa, la continua attenzione alla sua adorabile moglie, la passione per la cucina buona e semplice. Come l’elegantissimo, scostante e infallibile Hercule Poirot di Agata Christie. Come Sherlok Holmes di Arthur Conan Doyle, affiancato dall’inseparabile Watson. Come lo snob e aristocratico Nero Wolfe di Rex Stout, appassionato coltivatore di orchidee. Come il disordinato e trasandato, furbissimo e finto tonto tenente Colombo, i cui telefilm sono stati spesso affidati alla direzione di registi di grande prestigio: Steven Spielberg, Jonathan Diemme, John Cassavetes. Tutti portati al successo cinematografico e televisivo da indimenticabili attori: Jean Gabin, Gino Cervi, Tino Buazzelli, Nando Gazzolo, Peter Falk.
E chi non è più giovanissimo ricorderà certamente il nostrano e impetuoso tenete Sheridan, interpretato da Ubaldo Lay, e perfino la réclame di una famosissima brillantina con l’ispettore Rock, impersonato da un simpaticissimo Cesare Polacco, che non sbagliava mai, ad eccezione di un fatale errore, quello di non aver mai usato quella brillantina, per cui mostrava, levandosi il cappello, la testa calva.
Le indiscusse supremazie inglesi, francesi e americane, durate decenni, da qualche tempo sono state scardinate da scrittori italiani, soprattutto da Andrea Camilleri e Maurizio De Giovanni, cui sta per aggiungersi un nuovo scrittore, Diego Lama, che per Mondadori ha creato un nuovo singolarissimo commissario, la cui avventure con la presenza del romanzo Tutti si muore soli nelle attuali classifiche dei più venduti, lasciano immaginare assai prossimo allo sbarco in televisione.
Si tratta di indagatori, commissari o ispettori, segnatamente meridionali, che non sembrano avere nulla di eroico. Sono in fondo persone nelle quali il lettore potrebbe perfino riconoscersi: certo abili e sveglie, piene di acume ma anche di difetti, debolezze, incertezze, timidezze. Alcuni hanno anche l’abitudine di esprimersi spesso in dialetto. E non mancano indagatrici abilissime e scaltre come la tenacissima Lolita Lobosco, convincente vicequestore in rientro dal Nord nel suo Sud, peraltro particolarmente avvenente, creata dalla penna di Gabriella Genisi.
E noi spettatori televisivi, sul divano col telecomando in mano, ormai esperti dribblatori di pubblicità, ce li godiamo questi nostri bravissimi divi, che per la verità hanno assai poco da invidiare a quelli del passato: da Luisa Ranieri ad Alessandro Gassman, da Luca Zingaretti a Lino Guanciale.
L’ultimo ad arrivare sulla ribalta del crimine è dunque il nuovo antidivo di Diego Lama. Il commissario Veneruso, un personaggio fisicamente quasi banale, né alto né basso, né magro né grasso, assai poco attraente. Non è bello e tenebroso come il commissario Ricciardi di Maurizio De Giovanni, amato alla follia da una timidissima fanciulla, con la quale nasce solo una relazione a distanza fatta di sguardi lanciati da un balcone all’altro. Non è aitante e attraente come l’ispettore Giuseppe Lojacono dei Bastardi di Pizzofalcone.
Non è gagliardo e sportivo come il commissario Montalbano che si mantiene in forma con le nuotate mattutine nel mare di Marinella. E non è, come lui, un raffinato buongustaio, ma un semplicione che, quando è il momento, non esita ad abbuffarsi senza ritegno. Non ha una donna, come la Livia di Montalbano.
L’unica compagnia che si concede – siamo a Napoli nel 1883 – è la prostituta Annarella la Sorrentina, che frequenta in un bordello di medio livello economico, ogni ultimo sabato del mese, e della quale è segretamente innamorato, nutrendo l’ingenua e impossibile speranza di redimerla. Ed ha collaboratori senza infamia e senza lode, che fanno quello che possono. Ma, alla fine, si rivela indagatore accortissimo e sagace, sia quando ha a che fare con l’alta aristocrazia viziosa e corrotta, che con la plebe più disperata e affamata o con intellettuali di rango. Il lettore quasi si affeziona a questo personaggio, un po’ goffo e un po’ impacciato, un po’ scettico un po’ fatalista, a suo modo un po’ filosofo, convinto che gli uomini si dividano tutti in due categorie: quelli incapaci di dire la verità e quelli incapaci di mentire.
Eccolo dunque questo nuovo indagatore, trasandato come Colombo, che come lui fuma sigari puzzolenti, a dividersi la scena con Salvo Montalbano, con Luigi Alfredo Ricciardi, con Giuseppe Lojacono. Una lettura adatta alla sdraio sulla spiaggia in questo mese di agosto. Lettura da interrompere ogni tanto con un tuffo rinfrescante, necessario perché nella Napoli di Veneruso imperversa un mese di luglio infuocatissimo. Puoi lasciarlo per un momento sulla sdraio il libro, con tranquillità: perché smartphone e tablet te li rubano, il libro, per il momento, non ancora. E poi chi andrebbe al commissariato a denunciare il furto di un libro sulla spiaggia? Soprattutto a un commissario come Veneruso che non nasconde la sua antipatia per i libri.