Le due porte solstiziali sono connesse con Apollo, gli equinozi con Demetra.
(Giuliano imperatore, Lettere)
Se il solstizio è il trionfo del Sole, lo sconvolgente fermarsi del grande astro nel punto più alto del nord, verso lo zenit, verso la stella polare, così gli antichi si stupivano del suo folgorare artico, l’estate quale periodo simbolico appare quale “viaggio solare di ritorno” verso il punto solstiziale del levarsi della luce sopra l’equatore celeste. Le due porte solstiziali corrispondono alle due porte dell’Antro delle ninfe di Itaca e appaiono del tutto complementari.
Il solstizio d’estate può esser visto quale culminazione del levarsi della luce del solstizio d’inverno e viceversa il momento dei raggi solari più obliqui si può apprezzare quale conclusione di un viaggio a ritroso di “tramonto” astrale iniziato quando il Sole è nel Granchio, o almeno così era nei tempi passati. L’importanza del segno del Cancer nei miti astrali è presto detta e cela sensi sapienziali ampli e diffusi. Igino ci ricorda nei suoi Miti astrali come il Granchio sia l’animale mandato da Hera contro l’Heracle che combatteva con l’Idra di Lerna.
Un mostro quindi uscito da una palude, confermandosi segno di acqua, e mirante a fermare l’eroe solare e itinerante per eccellenza: Heracle, l’eroe di Hera, perseguitato dalla lunare Hera dagli occhi bovini, padrona dell’Asia. Il movimento che inaugura l’estate è appunto quello di “ritorno” indietro (gambero) e “laterale” (granchio) proprio del Sole rispetto all’equatore celeste e al porsi obliquo della Via Lattea, che proprio il latte di Hera succhiato da Hermes o da Heracle ha generato. Se il Cancer è segno femmineo e di acqua, come indica il Filippo dal volto lunare e con la sua gestualità cardiaca nel Cenacolo di Leonardo e come ammiriamo negli affreschi di Cosmè Tura per Borso d’Este a Palazzo Schifanoia e nel capitello d’angolo del Palazzo Ducale di Venezia, il tema del fuoco appare sempre ad esso congiunto sia con il trionfo iperboreo di Apollo che con la figura di Heracle. Sempre Igino aggiunge un dettaglio prezioso ricco di rimandi iniziatici: la presenza di due stelle sul carapace del Cancer ad indicare due “asini”: l’asino boreale e quello australe, che delimitano la parte centrale dell’animale stellare. Che il Cancer rimandi al cuore appare confermato dai nomi del suo carapace: mangiatoia o arnia.
Sole e cuore, fuoco e acqua come nel combattimento di Heracle che con il fuoco sigilla le ferite delle teste tagliate del paludoso mostro di Lerna. Secondo il mito greco questi due asini indicano gli animali che aiutarono un Dioniso reso folle da Hera a superare una palude (ancora il tema della palude sacra) e raggiungere il santuario di Dodona dove guarire dalla follia e così accadde.
Uno di questi asini fu ucciso da Priapo, figlio di Dioniso, e richiama così la scena magnificamente dipinta da Giovanni Bellini del Simposio degli dei dove Cibele dormiente stava per essere concupita da Priapo quando un asino ragliando la svegliò, salvandola. L’asino quale guardiano dei segreti della natura, quasi figura alchemica. Ma l’asino se è sacro a Dioniso viene in causa anche con le vicende di re Mida, adepto di Apollo e di Delfi oltre che fungere da animale sacrificale ma solo presso gli Iperborei come ci conferma Antonino Liberale nelle sue Metamorfosi. Se Dioniso regna a Delfi in inverno e l’estate è il trionfo di Apollo il segno di Dioniso ricompare in queste allusioni del mito.
Eratostene nei suoi Catasterismi aggiunge il dettaglio alternativo dell’essere queste due stelle asinine ricordo degli animali cavalcati da Dioniso e da Hefesto mentre accorrevano in aiuto degli altri contro l’avanzata dei Giganti che scalavano l’Olimpo. Non a caso ritorna in questa scena il solare e viaggiatore Heracle la cui presenza è essenziale nel poter sconfiggere i Giganti figli serpentini della Terra. Il Cancer che cela il Cuore, il Nutrimento e il Miele, come l’Antro di Itaca del libro XIII dell’Odissea cela le gigantesche arnie di pietra, le acque e la porpora delle Ninfe. Ancora una volta immagini di acqua (sorgente, ninfe) e di fuoco (miele, porpora) accostate in unione. Forse ha ragione Don Pertiny a considerare i racconti mitici metafore dell’alchimia con la sua immagine filosofale dell’“acqua ardente”?
Abbiamo infine un'ultima preziosa associazione mito-morfologica da indicare e che riguarda l’Estate quale trionfo simbolico e nuziale del Sole con la Luna. Va ricordato in primo luogo come la terra degli Iperborei, adepti di Apollo, sia anche la terra sacra alla lunare Artemide e dalla quale la Luna può vedersi meglio che in qualsiasi altra zona della terra, come ci ricorra Diodoro Siculo. Non a caso Apollodoro nella sua Biblioteca colloca la terra delle Gorgoni, sacerdotesse della Luna, nell’estremo nord iperboreo visitato da Perseo come dal suo discendente Heracle, entrambi associabili a Dioniso e ad Hermes. Erodoto ci rammenta che gli Iperborei abitano un Nord-Oriente raggiungibile attraverso i popoli sciiti e le Amazzoni hanno scudi a forma di falce di luna.
Il tema essenziale della Notte di mezza estate di Shakespeare non a caso sono le nozze tra Teseo (figlio di Poseidone, quindi simbolo delle acque) e Ippolita, lunare regina delle Amazzoni come pure Titania regina degli elfi nel suo nome greco indica lo splendere della Luna che l’accomuna ai Titani dal volto imbrattato di gesso.
Titania che sembra la Cibele di Lucio nelle Metamorfosi di Apuleio nel suo rapporto rituale con la figura del semi-asinino Bottom.
Associata al Granchio delle paludi boreali è la runa Is, che indica la colonna di cristallo-vetro che scende dalla stella polare al centro oceanico della terra dato dall’Eden artico che ancora compare nelle mappe cinquecentesche di Mercatore. Abbiamo infine due grandi miti ricchi di allusioni iniziatiche che riguardano giugno che inaugura Estate e che velano ancora una volta le nozze astrali e alchemiche di Sole con Luna: l’impresa di Argo e la liberazione di Prometeo.
Hermes ed Hera, la dea fondamentale anche per Heracle, appaiono associati proprio nel mese di giugno, mese delle messi (e quindi mese dei riti di Eleusi) in relazione alla più grande impresa di Hermes: l’uccisione di Argo e la liberazione di Io. Argo è un pastore-gigante-mostro inviato da Hera, con lo stesso nome egizio-solare della Nave che va verso Oriente e che significa: lo splendente. Nome della città più antica e nobile dell’Ellade, la città dei cavalli e del tempio di Hera di cui Io è lunare sacerdotessa. Argo ha “cento occhi” quindi indica il Sole che tutto vede dall’alto sulla terra.
La vicenda di Io è una vicenda astrale, un racconto delle stelle e dei conflitti dialettici dentro la natura. Hermes che uccide Argo indica l’inizio del viaggio solstiziale di ritorno, l’inizio del lento declinare dell’astro, e la liberazione della lunare Io inaugura un viaggio lungo e rituale che ricorda i lunghi viaggi di Heracle e con essi incrocia sulla roccia del Caucaso dove Hermes e Io incontrano il titano e profeta Prometeo, come ci ricorda Eschilo nel suo magnifico Prometeo incatenato.
Proprio nell’estremo della Scizia quindi avvengono due fatti decisivi per tutto il Mito: Hermes carpisce a Prometeo la profezia sul figlio di Teti (antecedente della guerra di Troia e salvezza del predominio di Zeus) ed Heracle con una freccia, segno solare, uccide l’uccello che gli rode il fegato: anch’esso segno solare, aquila, avvoltoio o fenice che sia.
Possiamo quindi mettere su una stessa linea mito-simbolica Hermes che uccide Argo con Heracle che uccide il Granchio come pure la liberazione ermetica della lunare Io, destinata al solare Egitto dove partorirà il rosso Epafo, con la liberazione del solare Prometeo, il ladro del fuoco celeste. Sempre di una trasfigurazione rituale di una ierogamia Sole/Luna si tratta dove la natura mostra la risonanza fra acque e fiamme del cosmo. Gli stessi fuochi di San Giovanni congiungono elemento femminile, il cerchio e le ghirlande e i sensi erotici della notte fatata e in-fatuante, con l’elemento assiale di un alto fuoco.
Tali fuochi celano un senso antichissimo insieme a quello celebrativo e propiziatorio: il celebrare il Sole perché torni verso sud, come Alceo ci ricorda danzassero a Delfi attorno al tripode affinché Apollo tornasse dagli Iperborei.
Questa estate sarà speciale per la presenza della “tredicesima luna” o “luna blu” cioè per la quarta luna piena della stagione, al posto delle consuete tre, che cadrà il 22 agosto, non a caso festa di “Maria Regina”, colei che nell’Apocalisse di Giovanni appare culminare le nozze tra Sole e Luna in quanto descritta sovrastare la Luna e le acque, “vestita di sole” e con in capo una corona di dodici stelle! Un caso crono-astrale quello della “luna in più” che capita solo sette volte ogni 19 anni, durata dell’apollineo “anno metonico”, base di ogni calendario lunisolare come quello ecclesiastico e quello ebraico.
La saggezza di Apollo Iperboreo giunge così fino a noi!
Anche cristianamente l’estate cos’è se non una danza solare fra la nascita di San Giovanni Battista e la sua decapitazione, ricordata il 29 agosto?
E non è il Precursore una figura sia di fuoco che di acqua?
Estate quale viaggio veritativo e rivelativo, denudamento.