Ha 86 anni, gli occhi vibranti, orgogliosa e coraggiosa, con la voce chiara della grande madre di famiglia, ma è ancora scioccata dallo sfratto violento e improvviso, e la sua spalla è ancora dolorante dopo lo sgombero che ha subito all'alba del 27 maggio 2021. Sapeva di aver perso ingiustamente la sua causa in tribunale, ma è stata sfrattata senza alcun preavviso legale, con un atto brutale, una vera e propria violazione del diritto di una persona a restare nella sua casa.
A un mese di distanza, nessuna autorità le ha offerto un alloggio alternativo, decente e rispettoso dei diritti umani.
Come può lo Stato, custode della salute e del benessere delle persone, deportare una donna della sua età? Con le sue due figlie, di 60 e 58 anni, e suo figlio, di 56 anni, nato lì, dove si è sposato e ha avuto i suoi figli. Essendo precario e vulnerabile, nel novembre 2020 suo figlio è stato costretto a firmare davanti alla polizia l’impegno a lasciare la casa e a non viverci più, sotto minaccia di rappresaglie.
Nonna Mehrzya ha trascorso più di 60 anni in questa casa, nella città di Ariana, la città dei fiori. Senza fiori e nel bel mezzo della pandemia, la sua casa era un rifugio, un luogo sicuro dal Covid, ma, appena sono stati cacciati da lì, è stata infettata dal Covid-19, così come una delle sue due figlie, Raoudha, con diabete e asma.
Dal 1960 - afferma la signora Mehrzya Trabelsi Idrissi - l'anno in cui affittò la casa, appena sposata e giovanissima, ha portato sulle spalle le gioie e i dolori della vita e lo farà ancora, ma è sempre riuscita a mantenere la sua casa pulita, luminosa, fresca, con piante dappertutto per mantenere un po' d'ombra in questo piccolo patio che ha visto passare inverni ed estati, gli odori delle spezie appena macinate sul pavimento ad asciugare, le donne che cantano per augurare la buona fortuna e sperano nella buona stagione per preparare l'inverno. Questa non è una casa ordinaria, no, è una casa piena d'amore, ma anche di problemi, dove tutta la famiglia, gli amici, i conoscenti erano i benvenuti a cena, per una tazza di tè, a chiacchierare, ridere, scambiarsi, e anche pianificare i loro matrimoni.
Tutto questo è scomparso in un istante, un incubo, come una tempesta violenta che si è abbattuta, che ha spinto violentemente, ha spalancato le porte, le ha scardinate, ha fatto cadere Mehrzya, l'ha ammanettata con le sue due figlie e il loro nipote sotto una pioggia di insulti, trasferiti in due stazioni di polizia, poi separati e tenuto il nipote per 48 ore in prigione.
Ora sono senza riparo, senza niente, senza vestiti, senza medicine e senza cibo, lasciati fuori da una porta chiusa e sigillata. Anche il termine di una settimana previsto dalla legge per recuperare i loro beni non è stato rispettato dalla polizia.
Senza tetto, dipendenti dal resto della famiglia e dai vicini, ma la solidarietà è lì, immediata, naturale, è stata creata una squadra per assicurare una presenza continua sul posto, per evitare che la polizia possa svuotare i mobili di casa. Un comitato di sostegno si è formato rapidamente e mirabilmente organizzato, soprattutto di giovani, ma anche di meno giovani, disciplinati, strateghi, con un grande senso di responsabilità, correndo dei rischi, ma andando sempre avanti a chiedere il rispetto della legge. Tutti sanno che nessun proprietario ha il diritto di vendere senza informare ed offrire il diritto di prelazione all'inquilino, soprattutto quelli che vivono in una casa dal 1960 per più di 50 anni.
Né il governatore di Ariana, un rappresentante dello stato, che ha ordinato lo sgombero, né il sindaco, un amministratore locale, che pure erano a conoscenza dello sgombero, hanno offerto alcun aiuto, assistenza medica o una soluzione dignitosa, come rientrare nella casa, almeno temporaneamente, fino a quando non si trova un'abitazione alternativa, dignitosa, sostenibile e rispettosa di tutti i diritti umani, ad esempio, un alloggio sociale pubblico. Eppure dovrebbero sapere che la Tunisia ha ratificato il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociale e Culturali (PIDESC) nel 1969, un obbligo legale per proteggere il diritto alla casa e alla salute.
"Portatela al centro per anziani", ha proposto all’inizio il governatore! E le figlie? Per quanto riguarda il sindaco, ha continuato a parlare della pulizia della zona, alludendo al sit-in permanente del comitato di sostegno davanti alla casa.
Essendo la Tunisia in piena pandemia, il governo aveva preso qualche misura per frenare le procedure legali che portano agli sfratti, come richiesto dall'appello dell'Alleanza Internazionale degli Abitanti e dei Medici del Mondo, firmato da più di sessanta importanti personalità e organizzazioni del Paese, all'inizio della pandemia, l'anno scorso. Purtroppo, da quando si è insediato il nuovo governo, nessuna moratoria degli sfratti è stata presa, nonostante gli studi scientifici che dimostrano l’impatto degli sfratti sull’incremento dei contagi e dei morti.
Anche questa volta, appena informati, abbiamo lanciato un forte appello, come Alleanza Internazionale degli Abitanti IAI in collaborazione con la Piattaforma Tunisina delle Alternative, per chiedere al Governatore di rispettare immediatamente gli obblighi che la Tunisia sta violando (art. 11 e art. 12 PIDESC) e l'intervento del Relatore Speciale delle Nazioni Unite sul diritto alla casa.
La signora Mehrzya è il fiore della resistenza agli sfratti ad Ariana, la città dei fiori sotto attacco degli speculatori. La giungla degli speculatori ha cercato di nasconderla per spazzarla via, ma lei è emersa, affrontando un modo universale di lucrare di più sulle spalle della gente, un affare sporco di speculatori legati al regime, o anche stranieri, che stanno comprando ovunque nel Paese. Una giungla di uomini d'affari con il pretesto di promuovere città intelligenti, "gentrificatori" che stanno cacciando dalla città vecchia di Ariana, in questo caso, le famiglie a basso reddito, che vi hanno vissuto per più di mezzo secolo, proprietari o inquilini di case in stile moresco o di vecchi appartamenti in stile coloniale o anni ‘70. Questo caso è inserito nel processo di gentrificazione del quartiere. Molti altri sono stati sfrattati in silenzio, per vergogna non hanno resistito, e le loro vecchie case sono state distrutte e sostituite da brutti edifici.
Tutto questo è iniziato anni fa, ovunque in maniera subdola, per frammentare la povertà dei quartieri in modi, fanno credere, che possano essere un bene per tutti i residenti. I nuovi residenti più ricchi chiederanno miglioramenti nelle scuole e nel controllo della criminalità, le attività commerciali e i servizi saranno migliorati per tutti i residenti con la promessa di portare anche nuovi posti di lavoro. I gentrifiers, ne approfittano con la scusa di interrompere una persistente, uniforme e profonda povertà, con la gran parte delle strade contrassegnata da alloggi fatiscenti, scuole in rovina, ragazze incinte e forte disoccupazione, con una cultura della disperazione.
Come dovremmo chiamare coloro che sfrattano, approfittando della povertà della gente, violando anche la legge?
I gentrifiers danneggiano solo le famiglie a basso reddito, disgregando il tessuto sociale dei quartieri e rischiando lo sfratto delle famiglie.
Città intelligenti! Gentrificazione! Perché non condividere le città?
Oggi il quartiere resiste con Mehrzya e le sue figlie, il comitato di sostegno ha formato un'alleanza per il diritto alla casa e alla città. La lotta è ancora agli inizi.
La solidarietà è l'arma più potente per rompere il silenzio e chiedere con forza al governo tunisino di restituire la casa a questa famiglia e di impedire altri sfratti con una moratoria. L'Alleanza Internazionale degli Abitanti - AIH invita tutti a firmare questo appello internazionale in solidarietà con la lotta di queste coraggiose donne e giovani e a incoraggiare i loro vicini a resistere.