Femminile, contemporaneo, pragmatico: il brand Post Scriptum nasce dalla ricerca di soluzioni di vestibilità della giovane stilista e imprenditrice bresciana Stefania Pelucchi. Partendo dal disegno della stampa, Stefania pensa e realizza interamente i suoi modelli, scegliendone tessuti e colori, personalizzando per le sue clienti tutte le creazioni. Studiando tre vestibilità di base in cui poi vengono declinati i diversi modelli, nel corso del tempo la stilista ha sviluppato un profondo studio della forma femminile che le ha consentito di realizzare il suo sogno da sempre: vestire tutte le donne, indipendentemente dalla taglia. Abbiamo incontrato Stefania nel suo atelier, una donna concreta, appassionata del suo lavoro ma soprattutto determinata nel raggiungere i suoi obiettivi, da buon Capricorno.
Post Scriptum: come nasce il nome del brand?
Nasce dall’idea del PS latino. La cosa più importante per me è infatti quello che c’è dietro a un capo e non tanto il brand. Per la cliente la cosa più importante è la vestibilità. Vede il capo, se ne innamora, lo prova e infine lo fa suo. Per me invece prima del brand c’è tutto il lavoro che metto per realizzare il capo, tutti i passaggi creativi e tecnici, dal disegno al cartamodello, fino alla cura sartoriale che infondiamo nel reparto produttivo della mia azienda.
Il marchio quindi viene alla fine, per ultimo... proprio come il post-scriptum. Un nome quindi che vuole rappresentare la sua secondarietà rispetto a tutti gli altri aspetti più importanti che renderanno il mio prodotto unico e desiderabile. Io voglio quel capo perché “dentro” ci sono mille altre cose.
Imprenditoria per te è sinonimo di?
Per me significa curare ogni aspetto della mia impresa, a trecentosessanta gradi. Ho capito che per dirigere il lavoro degli altri è molto importante saperlo fare in prima persona. Imprenditoria è saper fare e quindi, poi, saper delegare ciò che sai fare. L’obiettivo deve essere unico per tutti e nel mio campo è sicuramente puntare all’eccellenza manifatturiera.
La mission e il concept del brand?
Da sempre, fin da bambina, quando curiosavo nell’azienda tessile dei miei genitori, avevo il sogno di poter vestire, un giorno, tutte le donne. O meglio, non semplicemente “vestirle”, bensì renderle eleganti e fare in modo che potessero sentirsi bene con sé stesse, indipendentemente da taglia ed età e oltre ogni tendenza moda occasionale. Così il concept del mio brand nasce dalla concretezza della ricerca di soluzioni di vestibilità, dal risolvere quei piccoli-grandi problemi che in alcuni casi tendono a limitare il guardaroba di una donna. Non siamo tutte top model, ma perché negare la possibilità di vestire una bella giacca anche a chi ha forme un po’ più abbondanti? La mia mission è evitare che chi è più curvy non debba mai ripiegare sulla facile soluzione dell’abito “a sacco”. Le mie clienti vanno dalla ragazza giovane che aspira ad un look più adulto ma vuole un’interpretazione del classico tailleur più briosa, per esempio, scegliendo le mie proposte stampate o a tinte accese, fino alla donna che anche per motivi di rappresentanza ha bisogno di figurare in tutta la sua autorevolezza e credibilità. Oggi più che mai il tailleur è la “divisa” della donna contemporanea. È la nuova bandiera del “girl power”. Con l’auspicato aumento delle donne nei posti chiave del potere ecco che c’è la necessità, come per gli uomini, di raggiungere un’eleganza formale che conferisca credibilità e autorevolezza e, al tempo stesso, non snaturi la femminilità di chi l’indossa con declinazioni troppo maschili.
Esperienze lavorative e professionali nel campo della moda?
Ho fatto molte esperienze in diversi studi modellistici, dove i clienti erano tutte grandi firme, compreso Elie Saab, il mio preferito. Dopo gli studi in Marangoni prima, dove fui segnalata da Vogue Talents tra gli stilisti emergenti, e alla Carlo Secoli poi, ho scelto di puntare tutto sulla gavetta... ero affamata di esperienza. Ci fu un mese, ricordo, in cui oltre alle 40 ore settimanali avevo accumulato 389 ore di straordinari, lavorando anche il sabato e la domenica per fare andare avanti il lavoro in assenza della titolare che era all’estero e che aveva capito che poteva fidarsi di me. Ricordo un aneddoto che contribuì non poco a farmi prendere coscienza delle mie capacità. Una nota griffe italiana aveva commissionato allo studio modellistico in cui lavoravo al tempo un abito per Ivana Mrazova che sarebbe andata a Sanremo. Avevo fatto un primo cartamodello, ma la titolare dello studio non era convinta e quindi me ne fece fare altri tre. Quale venne scelto dalla nota maison alla fine? Il primo!
Per la nuova collezione a cosa ti sei ispirata?
Per la collezione Primavera-Estate 2021, Azzurra, l’ispirazione interiore è stata la voglia di libertà. Rimanere chiusi in casa per tanto tempo mi ha spinto a creare outfit che fossero utilizzabili sia in smart working, per non essere sempre in tuta e pigiama, sia all’esterno. Leit motiv, l’estrema comodità e la morbidezza. Sono quindi come sempre partita dai tessuti, ma con l’idea di fondo di creare qualcosa di adeguato al momento che stavamo tutti vivendo. Personalmente quando vado a fare la spesa non riesco ad uscire in tuta. Fondamentale per me è “sentirmi a posto”. Di conseguenza ho progettato tailleur che fossero molto versatili. Ad esempio, il tailleur in maglia punto Milano, morbidissimo, ha l’ampio pantalone palazzo che abbinato ad un tacco alto crea un effetto, con le sneakers tutt’altro. E ciascun pezzo dell’abito, ovvero la giacca e il pantalone, può essere spezzato e abbinato a seconda di occasioni e preferenze.
Il tuo capo di abbigliamento immancabile?
È il tailleur, ovvero giacca più pantalone. Versatile, puoi far girare ciascun pezzo su tantissimi capi diversi. In questo si può dire che la giacca per le donne stia diventando una sorta di nuovo accessorio, da abbinare con ciò che si vuole.
La donna “in divisa”, in questo caso con il tailleur assume più potere?
Più che assumere il potere con il tailleur può comunicare autorevolezza. Può lanciare quindi agli uomini un messaggio corretto, di consapevolezza di sé e del proprio valore. Nel corso degli anni ho sviluppato molto la modellistica del tailleur che nasce dal pantalone. Per me rimane fondamentale vestire bene e rendere bella ogni donna, se torneranno di moda i pantaloni a cavallo basso, con vestibilità relaxed o boyfriend io continuerò per la mia strada, ovvero continuerò a evidenziare privilegiare la scelta di valorizzare la figura femminile.
Sartoria vuol dire…
Sartoria significa saper risolvere i problemi di vestibilità. Post Scriptum non è un’insegna sartoriale bensì un brand che consente di trovare il proprio outfit già pronto, ma creato con una modellistica studiata per rendere versatile, e al tempo stesso puntuale, la vestibilità. La mia impresa si può definire “sartoriale contemporanea”, ovvero un mix di ciò che è il prêt-à-porter e il sartoriale. Da una parte, infatti, come accade nei brand prêt-à-porter, disegno le collezioni a cadenza stagionale, scelgo i tessuti, i colori e realizzo tirature limitate di tessuto con stampe esclusive da me personalmente disegnate, dall’altra sono riuscita a identificare degli accorgimenti nella modellistica che, come in sartoria, consentono di soddisfare anche le esigenze più difficili come, ad esempio, le 3 vestibilità di base della giacca.
I tessuti che prediligi maggiormente?
Quelli con elastane, ma non certo per avere vita facile. Li prediligo perché tra le mie mission c’è la comodità di chi indossa i miei capi. A volte è anche più difficile lavorare un tessuto elasticizzato. Le sue qualità, tuttavia, sono per me imprescindibili: preserva il capo anche se si ingrassa un po’ e, parlando del giro vita che non deve mai essere “inchiodato”, aiuta molto chi passa tante ore in ufficio seduta. Come sempre è importante stare bene, sentirsi a proprio agio. Poi ci sono le stampe. Sono tutte “mie”, ovvero tutte disegnate da me e prodotte in esclusiva in tiratura limitata. Il tessuto stampato mi offre la possibilità di gestire un prodotto che in sé racchiude il valore aggiunto dell’originalità.
A cosa ti ispiri quando disegni?
Guardo i tessuti. Prima di avviare il processo creativo e disegnare studio profondamente tutti i campionari di tessuto che mi vengono proposti dai rappresentanti e dalle aziende. Ne guardo il maggior numero possibile e poi metto sul tavolo tutti i campioni come se stessi componendo un puzzle. E inizio a pensare. Penso a cosa potrei fare per far rendere il massimo al tessuto che scelgo. In pratica è come se partissi dalla materia prima. Costruire un grattacielo con la polvere è impossibile. Ci vogliono solide fondamenta, ci vuole la concretezza di un tessuto da valorizzare. Le sole idee astratte non bastano, è necessario sapersi muovere tra gli ineluttabili “comandamenti” della vestibilità.
Quale caratteristica della tua personalità si rispecchia maggiormente nei tuoi capi d’abbigliamento?
È forse la determinazione. Per raggiungere il risultato devo essere determinata, così come i miei capi possono essere “determinanti” per vestire alla perfezione ogni tipo di donna.
Progetti futuri?
Sto lavorando allo sviluppo dell’eCommerce e alla possibilità, anche per clienti lontane, di personalizzare il capo. Con il web potrò raggiungere un maggior numero di clienti finali, anche ad esempio al Sud, dove sono ancora poco conosciuta, ma dove penso che il mio stile possa avere successo. Per rafforzare ulteriormente il messaggio, Post Scriptum ha inoltre investito per creare un profilo Instagram che fosse sempre più performante nell’engagement per comunicare attraverso un particolare stile di storytelling: la “Storia di Azzurra”, una sorta di moderno feuilleton che esce a puntate, di post in post. Raccontare la storia di una donna reale, in cui la cliente di Post Scriptum si può identificare e di cui si può appassionare, equivale a dire che anche la mia moda è legata alla realtà, alla vita di tutti i giorni così come alle occasioni speciali. È uno stile di vita prima ancora che uno stile. L’obiettivo dell’eCommerce sarà poi quello di garantire un prodotto pronto per l’utilizzo e al tempo stesso personalizzato, anche con l’orlo giusto e il proprio nome stampato sull’etichetta della composizione, per non avere problemi in lavanderia!