Dall'inizio della pandemia mi sono arrivate un'infinità di notizie sulle varianti, non del virus, ma dei complotti messi in atto per creare questa tragedia globale. E se sono arrivati anche a me vuol dire che le strade del web sono infinite. Le tesi dei complottisti si confrontano in egual misura con quelle dei negazionisti. La rete, quindi, viaggia con le sue fake news dimostrando che ogni teoria ha sempre il suo esatto contrario. Il non visibile crea paure insopportabili alle quali è necessario dare motivazioni le più astruse e soprattutto hanno il compito - tutte - di deresponsabilizzarci: noi non c'entriamo.
Tutto accade fuori di noi.
Si arriva infatti al complotto di alieni che, come strumento di distruzione usano le scie chimiche, che dall'alto dei cieli, spargono veleni e ora, anche virus. Sì, quelle che una volta erano le nuvole ora sono quasi tutte scie chimiche. Per visioni di nuvole "chimiche" non è necessario spingersi in invasioni di altri mondi. In certe notti si vedono benissimo le ciminiere delle industrie ravennati sputare i loro veleni. La via che conduce a Marina Romea, soprattutto di sera è segnata da queste scie e se ne vede anche l'origine. È il nostro polo industriale che immette nell'aria polveri sottili.
Il complotto vivente siamo noi.
Con metodo, disciplina, impegno ottuso che traduco con "la banalità del male" portata alle sue estreme conseguenze, stiamo estinguendoci. Qualche giorno fa, annichilita di fronte all'indifferenza che circonda le morti da Covid diventate ormai solo numeri e per le sopraffazioni e le violenze e le ingiustizie che continuano a governare il mondo, mi è ritornato alla mente il saggio di Hanna Arendt La banalità del male, Eichmann a Gerusalemme (1963).
E così, quando mi trovo al crocevia dell'essere e perdo la via del senso arriva in mio soccorso il pensiero e l'azione di una donna del presente o del passato.
Questo folto numero di amiche di tutti i tempi rappresenta la mia ricchezza. Ora è la volta di Hanna Arendt.
Ho rivisto il suo saggio come una immagine folgorante della nostra condizione attuale. Il suo pensiero rivolto ad Eichmann appartiene alla stragrande maggioranza degli esseri umani. Come Eichmann, non siamo intrinsecamente crudeli, ma semplicemente superficiali e inetti. La stragrande maggioranza "va dove ci porta il vento".
Per la Arendt infatti:
Il male non è mai radicale, ma soltanto estremo, e non possiede né profondità né dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla superficie come un fungo. Esso "sfida" il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui il male lo cerca è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua "banalità". Solo il bene è profondo e può essere radicale.
E ancora nel 1971 Arendt scriveva:
Restai colpita dalla evidente superficialità del colpevole, superficialità che rendeva impossibile ricondurre l’incontestabile malvagità dei suoi atti a un livello più profondo di cause o di motivazioni. Gli atti erano mostruosi, ma l’attore – per lo meno l’attore tremendamente efficace che si trovava ora sul banco degli imputati – risultava quanto mai ordinario, mediocre, tutt’altro che demoniaco o mostruoso.
Affronto ancora una volta il percorso e - forse- la soluzione di un teorema. Vorrei dimostrare che questa ultima tragedia planetaria è composta da un'unica origine.
Essa si è espressa costruendo nel tempo tanti fattori intrecciati tra di loro in maniera catastrofica. E per la mia tesi dal saggio di Hanna Arendt prendo i due elementi più significativi: la superficie e la profondità. Il vivere gli eventi in superficie e vivere gli eventi guidati dal pensiero che invece viaggia in profondità.
I fattori intrecciati in maniera catastrofica riguardano "la malattia dell'anima" e viaggiano tutti in superficie.
Parto dalla violenza alle donne che in piena pandemia è aumentata, attraverso l'illimitata crescita capitalista, con la conseguente accelerazione dei consumi, della produzione, delle emissioni e degli insediamenti umani con le deforestazioni e i conseguenti problemi climatici.
La scienza ci dice che tre virus su quattro sono generati nei grandi allevamenti industriali di animali. Ma quello che dice la scienza per chi viaggia in superficie è pura iettatura.
E infine approdo nelle guerre che continuano senza tregua, così, tanto per mantenerci in allenamento. È di domenica 9 maggio, la notizia, della strage, a Kabul, nella scuola delle studentesse. Colpito il futuro dell'Afghanistan.
Oggi mercoledì 12 maggio: "I razzi colpiscono Tel Aviv con Hamas è guerra totale. Morti e feriti tra i civili".
Dall'origine dei tempi è la cosa certa per risolvere tutti i problemi: guerre private, guerre pubbliche, guerre fredde, guerre calde, guerre in atto.
Siamo lontani da Kabul e da Tel Aviv e viaggiamo in superficie, in ordine sparso tutti ripiegati su noi stessi, a testa bassa con mascherine per difenderci dal nemico invisibile.
In superficie, velocissimi, ci espandiamo sulla terra come funghi, ma in superficie è assente la terza dimensione; è assente la profondità. Dovremmo fermarci un momento e vedere con quello sguardo ben disposto - lo ripeto sempre, ma non è una ripetizione è solo un invito - che la violenza alle donne accade anche qui, in Italia, nella nostra città, magari nel nostro condominio.
La pandemia ha colpito maggiormente i giovani e le donne. Le donne un po' di più.
Continua, nell'istruzione scolastica, l'assenza della storia delle donne. Si dà per assoluta una storia che appartiene solo agli uomini. Questa è la mia passione, Passione, da "passus" nel suo significato di patire. Il mio desiderio potente è quello di scrivere la storia delle donne insieme alle e agli studenti di un liceo o un istituto ravennate. Sì, insieme a ragazze e ragazzi con quello sguardo ben disposto che vede la profondità del bene. Dare senso a una visione prospettica che tenga presente il destino di uomini e donne. Fino a quando ci sarà questo vuoto nella principale preparazione culturale - la scuola - saranno sempre presenti in tutto il mondo atti mostruosi, ma gli attori risulteranno quanto mai ordinari, mediocri...
In questi eventi della banalità del male vorrei aggiungere che non mi ci ritrovo.
Vengo da lontano, discendo dalle Herbarie. Quando ero bambina ho vissuto per periodi molto lunghi in campagna. In un tempo in cui i contadini rispettavano la natura e gli animali ho visto mia nonna, mia mamma e le zie accarezzare la terra. Alle mie spalle c'è esperienza e passione e vita vissuta nelle aie e sugli alberi come dimore, rifugi. E da lassù vedevo le differenti colture e gli alberi che ne dividevano i territori: variazioni di verdi, di terre di Siena naturali e bruciate, e macchie di rossi papaveri e il giallo oro dei girasoli e i toni caldi delle spighe e delle pannocchie di grano turco.
All'orizzonte il mare. Nelle colline di Cesena e in via Forcole a Fano. All'orizzonte sempre il mare.
E di queste visioni mi sono nutrita nella vita a venire.