Nata nel 2018, la Fondazione Italia in Salute (FIS) ha fra i suoi obiettivi quello di sostenere e rafforzare la tutela del diritto alla salute e la cultura della prevenzione. Rivolge particolare considerazione a iniziative volte a superare le criticità del Servizio Sanitario Nazionale, a questioni medico-giuridiche riguardanti il campo della responsabilità sanitaria, a studi per la promozione dell'innovazione tecnologica in Sanità. Si dedica perciò anche all'elaborazione e alla realizzazione di progetti di ricerca scientifica con importanti ricadute di interesse pubblico nazionale.
Un’indagine sociometrica, svolta dalla Fondazione fra il 24 e il 30 marzo 2021 su di un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta, 1000 intervistati da Nord a Sud, dà un quadro inedito dell’impatto sui comportamenti collettivi e gli stili di vita, sulle reazioni psichiche, la percezione dei vaccini e l’atteggiamento personale verso la vaccinazione.
Sono radicalmente cambiati alcuni comportamenti quotidiani, come l’uso dei mezzi pubblici, che il 63,3% evita di utilizzare. Per scelta ormai oltre la metà degli intervistati non frequenta negozi, bar e ristoranti alle riaperture e circa 7 persone su 10 hanno scelto di non vedere più amici e conoscenti dentro casa. Altre modifiche comportamentali e d’impatto sullo status psicologico messe in rilievo dalla ricerca sono che il 49,1% della popolazione avverte una crescita dello stress, imputabile a molte cause, dal momento che il 43,9% ha smesso, o fortemente ridotto, l’attività fisica; il 28,8% ha difficoltà del sonno; il 27,1% ha malesseri psicologici di tipo generale; il 25,7% mangia di più o ha smesso di controllare la propria dieta. Sintomi di depressione sono avvertiti da un 16,5% degli intervistati.
Poiché, per legge, non sono intervistabili direttamente i minori di 18 anni, è stato indagato il giudizio che i genitori danno sullo stato psicologico dei minori in conseguenza della pandemia. Quasi il 60% ritiene che la pandemia ne abbia peggiorato l’umore. Molto pesantemente per un quarto degli intervistati. È un giudizio unanime, senza differenze fra uomo e donna, fra Nord e Sud, che suffraga la necessità che lo Stato distribuisca su tutto il territorio italiano la rete Internet, potenziandola affinché almeno l’attività scolastica in remoto sia usufruibile da tutti i minori. La presenza costante dell’attività scolastica permetterebbe almeno di appianare la differenza di istruzione della famiglia di partenza.
Molto interessante l’indagine sui vaccini. Il 40,5% attende tranquillamente il proprio turno. Un italiano su quattro “non vede l’ora” di farlo. 1 su 10 aspetta, cercando di capirne di più. Chi non vuole assolutamente farlo è il 7,5%. Circa un egual numero vorrebbe poter scegliere quale vaccino fare. Quelli con varie patologie vogliono tutti essere vaccinati. Sono più favorevoli ai vaccini le persone più istruite.
Sarebbe interessante che questa indagine fosse ripetuta nel tempo, perché molte persone hanno variato l’atteggiamento in funzione della risposta ai vaccini di amici e conoscenti che li avevano ricevuti. Comprendiamo però che sono studi costosi, e quindi sarebbe auspicabile che ciascuno facesse una ricerca personale per evitare fake news o di credere a notizie in cui i numeri sono usati a scopo sensazionalistico. Un semplice esempio: il numero assoluto delle trombosi dopo una vaccinazione con Astra Zeneca destava allarme perché non confrontato col numero, molto superiore, di trombosi spontanee che avvengono ogni giorno in tutto il mondo.
Nel prosieguo di questa ricerca, FIS ha indagato sull’effetto che il pericolo del contagio ha sull’utilizzo dei servizi sanitari. Il 63,9% della popolazione preferisce evitare di frequentare ospedali e ambienti della sanità. Solo il 13,8% non ha timore a entrare in strutture mediche. La paura maggiore si riscontra tra la popolazione più giovane.
Dice Antonio Preiti, coordinatore dell’indagine sociometrica: “Scopriamo un’Italia in grande sofferenza non solo sul piano economico e sociale, ma anche a livello individuale, che non salva nessuno e nessun aspetto della vita. Avere cognizione dell’ampiezza e della profondità del ‘male oscuro’ innescato dal Covid è fondamentale, se vogliamo uscirne senza traumi sociali permanenti”. Commenta Federico Gelli, Presidente di Fondazione Italia in Salute e promotore dell’indagine: “Abbiamo cercato di andare oltre i dati già sconvolgenti del numero dei decessi, dei ricoveri e dei contagi, per fare un’analisi a tutto campo di quel che l’epidemia sta provocando nella società italiana. Ci siamo anche chiesti quale impatto abbia sui malati non-Covid”.
Ecco la risposta dell’indagine al riguardo. Fra cancellazioni e rinunce circa 10 milioni di persone non hanno ricevuto le cure adeguate. Ammontano a 35 milioni in totale coloro che non hanno potuto usufruire di servizi e prestazioni sanitarie per scarsità di personale sanitario e di locali, occupati dai malati Covid. Il servizio a cui hanno dovuto rinunciare maggiormente i cittadini sono state le visite specialistiche, in ragione di circa 7 milioni di visite. Da segnalare che la cancellazione o rinuncia delle visite stesse ha riguardato soprattutto gli over 65 (nella misura dell’83,9%).
Il Covid ha trasformato lo stile di vita degli Italiani. Ciò dura da tempo e non se ne vede la fine. Le sofferenze connesse alla sospensione forzata di attività fisica e, soprattutto di incontri sociali hanno sicuramente rappresentato un danno, che potrebbe portare a nuove patologie.
“Siamo convinti che dalla nostra ricerca e dalle consapevolezze che ne derivano, possa arrivare un contributo importante per il conseguimento dell’obiettivo comune: uscire dalla pandemia al meglio e al più presto”, conclude il Presidente Gelli.