Allergica ad ogni forma di ingiustizia, diseguaglianza, violenza e discriminazione, ho cercato di impegnarmi per la difesa di libertà, democrazia e diritti fondamentali. Il sentire le sofferenze altrui, talento o condanna, mi hanno portato allo studio della psiche e dei diritti con il desiderio di offrire confronto e cura. Ho affrontato molte prove e sofferenze nella vita ma sono stata ripagata con gioia, amore e realizzazione.

Quali gli incontri, le esperienze, le letture che l’hanno spinta a scegliere lo studio e la cura della psiche?

Figlia di due giovani genitori ‘sessantottini’ sono cresciuta in mezzo ai libri: classici della letteratura di fine Ottocento, testi sulle due guerre mondiali e sulla shoà; pamphlet sulla guerra del Vietnam, testi di storia antica o medievale, favole. Libri sulla rivoluzione sessuale, sulle lotte anti razziste, le lotte di classe e contro la discriminazione femminile. Ero immersa nella cultura del dopo guerra che declinava la carta dei diritti umani fondamentali; sentivo il fermento sociale e culturale; da bambina ascoltavo i telegiornali in cui si parlava di bombe atomiche, napalm, Nato, Onu, guerra fredda. Frequentavo una scuola pubblica universale ed inclusiva. L’incontro con Freud, Basaglia, Benjamin Spock, Engels, Musatti; Jaspers, Kant, sono stati determinanti.

Psicoanalista, che opera in una struttura ospedaliera… cambia qualcosa nell’assetto mentale terapeutico rispetto alla pratica nel privato?

L’incontro con Freud e la sua teoria che sdoganava la malattia mentale come aberrazione per portarla alla dimensione della sofferenza sono stati un colpo di fulmine, un amore appassionato che dura tutt’ora. La cura attraverso la parola, così come l’antipsichiatria di Basaglia, la riforma del Sistema Sanitario Nazionale e dei servizi psichiatrici, mi hanno permesso di usare nel contesto ospedaliero un assetto mentale più flessibile di quello concesso in uno studio privato. Ho incontrato esseri umani colpiti democraticamente da sofferenza esistenziale, paura, vulnerabilità; ho compreso la sacralità della nascita, della morte e della sofferenza mentale, di cui la psichiatria ne è solo un aspetto.

La teoria e la prassi psicoanalitiche hanno dovuto confrontarsi con aspetti e problemi traumatici: è stata anche un’occasione di ricerca e scoperta?

Grazie agli incontri con i guaritori e gli ammalati in ospedale ho potuto comprendere che per ogni trauma c’è possibilità di riparazione, di resilienza e rinascita. In questa emergenza sanitaria ho toccato con mano che lo sviluppo di solidarietà e resilienza condivisa possono permettere all’intera umanità di superare il trauma collettivo da cui siamo stati colpiti.

Ha raccolto le sue ultime, drammatiche esperienze, legate alla pandemia nell’ospedale S. Carlo in un denso e sofferto libro, Il guaritore infetto: si sente di parlarne?

Ho sentito il bisogno di lasciare testimonianza di quanto accadeva nelle strutture ospedaliera, di lasciar traccia nella narrazione e nella memoria collettiva del vissuto emotivo dei sanitari durante la pandemia.

Nelle pagine del suo testo emerge la necessaria, profonda trasformazione da guaritore a curante … leggiamo:

Il mito di Chirone ci porta però anche al tema del guaritore ferito e all’esperienza di confronto con il dolore e la sofferenza. Questo tema ci ricorda che il confronto avviene da un lato con il dolore e la sofferenza altrui, ma necessariamente anche con la propria, attraverso fugaci prese di consapevolezza della finitezza e dell’impermanenza che riguardano tutti gli esseri umani…

Si tratta di recuperare un sapere antico e di potenziarlo grazie alle moderne conoscenze scientifiche, di inventare l’Uomo della Cura e permettergli di sedere in un posto d’onore nel creato e nell’universo intero.

Le sue parole sgorgano fluide e vere nel suo libro straordinario:

Il ‘guaritore’ che torna ad essere umano e perde la sua divinità sarà maggiormente capace di offrire una cura fatta di competenza, fiducia, autenticità e sincerità anche quando non potrà portare alla guarigione. Essere umano significa … anche di non avere cure per ogni tipo di malanno.

D’altra parte l’ammalato stesso, se ascoltato, creduto e accompagnato, diventa depositario di sapienza tanto quanto il guaritore. Curare significa anche imparare a confrontarsi con la paura della morte, e pensare di non esserne immuni.

Questa emergenza ha reso più manifesta la verità che l’umanità è l’unico vero medicamento quando non si hanno altre armi per curare.

Il suo libro-testimonianza è scritto con una grande sapienza del cuore e della mente, è toccante entrare in diretta nella sofferenza del personale sanitario che è coinvolto personalmente psiche-soma in questa tremenda esperienza che non può non richiamare il rilkiano “ogni angelo è tremendo”. Così come non posso non condividere qui alcune testimonianze di operatori sanitari come sono raccolte nel testo.

Io non sono credente ma quando un amico prete mi ha chiesto di fare la croce sulla fronte dei defunti io l’ho fatto. Glielo avevo promesso…

(Medico)

… è come se non riuscissi a capire se quelle che ho visto l’ho sognato o se è successo per davvero.

(Infermiere)

Ho sognato che mi infettavo, perché toccavo gli occhi soprappensiero; poi mi accorgevo che avevo le mani umide, bagnate, ed ero colta dall’angoscia per paura di essermi contagiata.

(Infermiera)

Allora quando entro nella stanza mi metto vicino alla finestra aperta, sulla sedia metto comunque un telo sterile, e se per caso il paziente tossisce mi allontano e cerco di scansare le goccioline di tosse che mi figuro invadere la stanza per cercare di raggiungermi.

(Psicologa)

Ho pianificato e preso accordi, nel caso mi succedesse qualcosa. Ho tagliato tutti i rami secchi che ci sono: ho mantenuto solo le relazioni in cui c’è ascolto, conforto e confronto.

(Fisioterapista)

Nel frattempo le ondate della pandemia si susseguono, ma, alla fine di ognuna di esse si sente parlare quasi esclusivamente di “riaperture” e “ripartenza”… queste oscillazioni come incidono nel funzionamento della psiche?

Parlare di ripartenza e riapertura senza farle seguire da azioni concrete ha generato frustrazione, scoramento e delusione che dopo un anno si sono trasformate in malessere profondo. Credo che sia necessario promuovere l’adattamento a questa nuova situazione e, contemporaneamente, sostenere l’immaginazione e la speranza per un futuro possibile attraverso il potenziamento di creatività e innovazione.

La donna può avere un più intimo e sensibile approccio con il paziente?

Più che la Donna la femminilità, qualità intrinseca di ogni essere umano laddove non vi siano gabbie culturali e stereotipi ad imbrigliarla.

La struttura ospedaliera, come altre istituzioni, risente di un pregiudizio antifemminile?

Negli ospedali le donne nelle professioni socio-sanitarie son la maggioranza ma il raggiungimento di posizioni apicali è appannaggio quasi esclusivamente maschile.

Milano, con la sua società, le sue istituzioni, la sua identità, può considerarsi una città che “cura”?

Milano offre prestazioni, anche di elevatissimo livello, ma la cura è fatta di persone. Per fortuna a Milano ci sono moltissime persone che si dedicano alla cura e al prendersi cura.

La città ha subito una brusca trasformazione per le necessarie limitazioni antipandemia. Immagini, invece, di poter di nuovo circolare liberamente per le sue vie: che itinerario-cammino della speranza proporrebbe?

Spero nella riappropriazione del territorio in contaminazioni di cultura, natura, tecnologia, solidarietà e innovazione. Percorsi di aggregazione e che assottiglino il gap della diseguaglianza.

Mi piace terminare la nostra conversazione proponendo la poesia di Antonio Giuseppe Malafarina che apre Il guaritore infetto.

Le tue mani, il mio respiro
Mani all’apice del camice protettivo
Con i guanti
senza guanti
Disinfettate
Asciutte fuori
Imbevute dentro di corrente industriosità.
Mani che impugnano il bisturi
Il telefonino
Un panino consumato di fretta
Il manubrio della bicicletta
E la porta di casa
Chiusa con gli affetti fuori
Oppure lì accanto
Ma categoricamente irraggiungibili.
Mani di operatori sanitari
Nondimeno
Di pompieri
Di tranvieri
Di bancari
Farmacisti e di cassieri.
Mani vive
Anche quando hanno impugnato quelle della morte.
Le tue mani
Il mio respiro.

(A.G. Malafarina)