La presenza della ricerca italiana in Antartide si può serenamente definire un must. I nostri scienziati e ricercatori sono da sempre una presenza costante in quelle lande desolate e ghiacciate eppure di grande fascino come espressione della natura nella sua forma più estrema. Una presenza che nel corso dei decenni si è fatta sempre più approfondita di pari passo con la crescita delle conoscenze, delle scoperte e delle indicazioni che dai ghiacci eterni sono divenute patromonio dell’intera comunità scientifica. Giova ricordare che nonostante costanti e pressanti interessi vorrebbero trasformare il continente di ghiaccio in un affare economico, in esso la presenza di uomini e donne e di stati sovrani è inserita nel Trattato Antartico che è riuscito sino ad ora e speriamo in futuro a far da argine a spinte disgregatrici ed egoistiche logiche di potenza e sfruttamento.
Nessuno infatti può definirsi padrone di aree del continente ma solamente avere interessi in alcune sezioni di esso. Il tutto dedicato alla conoscenza e all’approfondimento dei meccanismi che agiscono su questa immensità gelida, cassaforte di un patrimonio che appartiene all’umanità oltreché governare i giganteschi sistemi del clima sul nostro pianeta.
Un valore cruciale questo alla cui completa conoscenza sono dedicate campagne di studio ed esperimenti scientifici.
Un mondo solo in apparenza immobile ed immutabile, che sta invece mostrando evidenti i segnali di mutamento dovuti alla crisi climatica del globo. Considerando che la stragrande maggioranza di acqua dolce del pianeta è custodita in questi ghiacciai, appare evidente, e senza necessità di spiegazioni, la fondamentale importanza del settimo continente per la salvaguardia della Terra nel suo insieme, nella sua particolare biodiversità e variabilità.
Si può senz’altro affermare che lo scrigno dell’Antartide costituisce la garanzia del futuro del pianeta e dell’umanità che in esso vive nonostante le offese e lo sfruttamento scriteriato che essa ha fatto in questi ultimi 150 anni. Quindi salvaguardarne l’integrità deve essere impegno corale e senza distinzioni per tutti coloro che hanno a cuore la protezione e l’inversione di tendenza della china pericolosa assunta dal clima per lo sfruttamento che è stato perpetrato.
È in questo solco che, anno dopo anno, nel quadro del Piano Nazionale di Ricerca in Antartide (PNRA) si svolge l’attività dei team di ricercatori italiani in collaborazione con scienziati e ricercatori di molti altri paesi. Ed è in questo quadro che si sta svolgendo la missione, attuata da Cnr, ENEA e OGS, coinvolgendo un team di 140 persone tra tecnici, ricercatori e ricercatrici, impegnato nelle basi Zucchelli e Concordia e sulla nave Laura Bassi in progetti riguardanti diverse discipline, tra cui glaciologia, climatologia, biodiversità e oceanografia.
L’attuale scenario vede impegnati diversi gruppi di tecnici ed esperti, nella stazione Mario Zucchelli sul promontorio di Baia Terra Nova, fino a febbraio di quest’anno.
Un piccolo excursus sul Programma e le sue pratiche attuazioni appare senz’altro utile a far comprendere il lavoro che si svolge a quelle estreme latitudini. Le missioni italiane in Antartide, sono iniziate il 23 dicembre 1985, inquadrate nell’ambito del (PNRA), finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) e gestito dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) per il coordinamento scientifico, da ENEA per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) per la gestione tecnica e scientifica della nave rompighiaccio Laura Bassi, la più importante novitàdi questa campagna. Sono ormai quaranta spedizioni quelle attuate dai nostri scienziati e ricercatori:
un traguardo importante che segna anche l’avvio degli studi di fattibilità per diversi interventi di riqualificazione e miglioramento infrastrutturale delle basi italiane antartiche.
Ha sottolineato di recente Elena Campana, direttrice dell’Unità Tecnica Antartide dell’ENEA.
Grazie a un finanziamento straordinario messo a disposizione dal Ministero dell’Università e della Ricerca, nei prossimi 10 anni – ha aggiunto - porteremo a termine tutta una serie di interventi per rinnovare e rendere più efficienti sia gli impianti di produzione dell’energia, sia le infrastrutture che ospitano il personale. Quest’anno eseguiremo i rilievi necessari a individuare le soluzioni tecnologiche più idonee all’ambiente estremo polare.
Nel corso dell’attuale campagna in particolare, presso la stazione Mario Zucchelli, sarà realizzato un nuovo osservatorio geomagnetico e potenziato l’impianto fotovoltaico, con l’obiettivo di produrre una quota sempre maggiore di energia da fonti rinnovabili. Nella base Concordia, invece, è previsto il completamento del primo modulo del nuovo summer camp, l’area esterna alla stazione destinata a ospitare ricercatori e tecnici durante le campagne estive.
L’importanza del traguardo temporale raggiunto, è stato sottoloneato da Mauro Sclavo, direttore facente funzioni dell’Istituto di scienze polari del Cnr.
È un anno da celebrare quello della 40a spedizione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), visto che si inserisce nella cornice preparatoria dell’imminente “Decade delle Nazioni Unite sulla criosfera”, prevista per questo 2025 e nell’importante conferenza dell’Antarctic Treaty Consultative Meeting, che si terrà a giugno a Milano - ha aggiunto -. Il Cnr assicura anche nel corso di questa missione il coordinamento scientifico di progetti cruciali per l’avanzamento della conoscenza in diversi settori e da cui ci attendiamo risultati significativi per comprendere sempre meglio le sfide scientifiche del momento, come quella del cambiamento climatico.
Per avere un’idea del lavoro e dell’impegno in atto è opportuno sapere che con 24 ore di luce al giorno e una temperatura che varia da 0 a -20 gradi, alla Stazione Zucchelli, vi saranno 57 unità di personale di ricerca e tecnico impegnate con le attività di 9 osservatori permanenti che garantiscono il monitoraggio e l’acquisizione continua di misure di climatologia, sismologia, geodesia, geomagnetismo, fino a osservazioni dell'alta atmosfera e meteorologia spaziale. Vi sono poi osservatori che assicurano il monitoraggio vulcanologico, mentre altri rilevano le modificazioni sulle comunità microbiche, del permafrost e della vegetazione, quest’ultima in notevole incremento negli ultimi anni in Antartide, così come in generale in tutte le aree polari terrestri.
Tra i temi centrali il ruolo del ghiaccio marino nel ciclo del mercurio che sarà assicurato attraverso analisi dei laghi supraglaciali, della biodiversità, dell’evoluzione, dell’adattamento e dei meccanismi immunitari degli organismi antartici. Uno dei progetti di ricerca prenderà poi in esame il microbioma dell’essere umano. Sin qui l’attività della base italiana.
Nella Stazione italo-francese di Concordia, sul plateau antartico a oltre 3 mila metri di altezza e a 1.200 chilometri dalla costa, è in corso da novembre la campagna estiva con 55 persone, di cui metà italiane, impegnate in un lavoro che vede integrarsi le attività coordinate dal PNRA con quelle di ricerca in carico all’Istituto polare francese Paul-Émile Victor (IPEV) e all’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Per l’occasione è stato aperto ed è tuttora operante il campo di Little Dome C, a 35 chilometri da Concordia, dove proseguono le attività legate al progetto internazionale “Beyond Epica Oldest Ice”, finanziato dalla Commissione europea e coordinato dall’Istituto di scienze polari del Cnr (Cnr-Isp) a cui partecipano per l’Italia anche ENEA e Università Ca’ Foscari Venezia.
Il focus di questa attività si sostanzia nelle operazioni di carotaggio del ghiaccio attraverso cui il team di ricerca ricaverà dati sull’evoluzione di temperatura e composizione dell’atmosfera, tornando indietro nel tempo di 1 milione e mezzo di anni.
Da febbraio prossimo si avvicenderanno fino a novembre di quest’anno, 13 winterover (sei francesi, sei italiani e un inglese) che garantiranno il funzionamento della stazione e il proseguimento delle attività di ricerca, anche quando la temperatura esterna scenderà vicino ai -80°C e le condizioni meteorologiche renderanno la stazione nuovamente irraggiungibile.
Altro segmento determinante di quest’anno, nella 40a campagna del PNRA le attività di ricerca della campagna scientifica che si svolgono anche a bordo della nave Laura Bassi. Giunta a novembre nelle acque della Nuova Zelanda dopo 50 giorni di navigazione attraverso il Canale di Panama, la Bassi si è poi diretta verso l'Antartide dove è arrivata a dicembre con a bordo 28 unità di personale tecnico-scientifico, oltre a un equipaggio navigante di 23 membri, e farà ritorno a Lyttelton il 19 gennaio. A fine gennaio poi la rompighiaccio partirà nuovamente dalla Nuova Zelanda per la seconda parte della missione in Antartide che terminerà all’inizio di marzo. La nave è alla sua sesta missione. Su cosa signficia l’impegno di questo mezzo, Franco Coreu, direttore del Centro Gestione Infrastrutture Navali dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, ha osservato che:
grazie ai lavori apportati a bordo e alla collaborazione tra l’equipaggio, il personale tecnico e quello scientifico, abbiamo garantito il massimo supporto alle attività di ricerca oceanografica e geofisica, fornendo un apporto significativo alla comunità scientifica nazionale e internazionale.
Il grande lavoro in Antartide vede anche il supporto delle Forze Armate che partecipano alla spedizione con 17 esperti militari di Esercito, Marina, Aeronautica e Arma dei Carabinieri. Essi sono a fianco nel corso della spedizione dei ricercatori e delle ricercatrici rendendo possibili e sicure sia le campagne esterne sia quelle subacquee, ma anche le operazioni aeree grazie alle competenze dei meteo previsori e dei controllori di volo. Inoltre, l’Aeronautica Militare assicurerà grazie al C-130J della 46ª Brigata Aerea i collegamenti tra Christchurch (Nuova Zelanda), la stazione italiana “Zucchelli” e quella statunitense di McMurdo, provvedendo al trasporto di materiali, mezzi e personale. Alle attività parteciperanno anche due componenti del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
Uno sforzo corale, un impegno diuturno e silenzioso che tutti sviluppano a quelle e lontane ed estreme latitudini con l’obiettivo della conoscenza, dell’approfondimento dei grandi sistemi e meccanismi che governano il pianeta ed il clima, monitorandone di continuo ogni anche minima variazione nella consapevolezza dell’importanza cruciale che quello che accade al Polo Sud della Terra riguarda il presente e il futuro dell’intera umanità in tutti gli altri continenti. Comprendere che cosa è accaduto nel corso dei secoli, dei millenni, dei milioni di anni che hanno preceduto il nostro arrivo non è un esercizio accademico ma una ben precisa responsabilità trovandoci dinanzi a mutamenti globali di dimensioni inimmaginabili sui quali quanto accade laggiù ha lasciato e lascia il segno.
Capirne il senso è di grande aiuto per prevedere quanto potrà accadere e come affrontare questa eventualità oppure riuscire a rallentare o nel migliore dei casi auspicabili fermare o invertire questa sorta di rotta di collisione che ci vede sempre più alle prese con quello che poeticamente si potrebbe definire il respiro della Terra ma che in realtà è qualcosa di più gigantesco, una specie di sussulto che la Natura ci fa avvertire quasi a richiamarci al dovere di rispettarla!