Viviamo il periodo della memoria. Non si contano più le giornate dedicate alla memoria di qualcosa, generalmente qualcosa di drammatico, di negativo per persone, etnie, popoli, pagine tristi e deplorevoli della storia, catene di omicidi, guerre, stermini di massa, epidemie, drammi familiari o collettivi. Oltre alle giornate della memoria, ci sono anche gli approfondimenti tematici nelle scuole, le gite scolastiche sui luoghi della memoria e tutte le iniziative per celebrare le innumerevoli pagine tristi che abbiamo vissuto.
Senza nulla togliere al valore simbolico e all’intento certamente positivo ed educativo di tali scelte, vorrei in questa sede fare una valutazione puramente funzionale, psicologica, ancorata alla realtà quotidiana dell’insistenza sulla memoria, sul fatto di ricordare in maniera pubblica e simbolica tutte queste negatività.
L’insistenza su eventi negativi agisce sulla psiche a due livelli:
- a livello emotivo, impatta sul tono dell’umore;
- a livello cognitivo, innesca una focalizzazione settoriale che si incentra su aspetti negativi per l’appunto.
Inoltre, dal punto di vista educativo, insistere sugli aspetti negativi della storia, delle civiltà passate e di quella presente, porta il soggetto in crescita a vedere e pensare ripetutamente ad esempi di violenza, di mancanza di rispetto per gli altri, di aggressività. Su un soggetto in crescita, la ripetizione dello stimolo negativo va a consolidare elementi in memoria che, a lungo andare, rafforzano la percezione negativa della realtà.
A fronte di tutte queste considerazioni, mi sembra di poter affermare che, dal punto di vista cognitivo, emotivo, educativo e formativo in genere, l’insistenza sugli elementi negativi della storia e della civiltà porta effetti negativi, andando a consolidare una generale percezione negativa della realtà. A livello implicito e subliminale, questo può anzi sortire l’effetto indesiderato di stimolare pensieri ed azioni di tipo negativo, aggressivo, violento, perché la ripetizione di uno stimolo negativo, ancorché criticato, va comunque ad innescare una memorizzazione che può assumere anche un ruolo di modello per successive ripetizioni.
Il funzionamento della nostra mente, ed in particolare della mente in crescita dei bambini e dei ragazzi, richiederebbe un’azione diametralmente opposta: intendo dire che è importante ricordare e rievocare episodi e azioni della storia, ma quelli positivi, le imprese lodevoli, le espressioni migliori dell’essere umano, le pagine migliori della nostra società, i personaggi che hanno vinto senza combattere, che hanno portato pace, valorizzando le cose più belle.
Tutto questo porterebbe a risultati di apprendimento civile vitale, percepito come premiante dal soggetto in crescita, porterebbe al consolidamento del bello e del buono nella mente, fino a spingere all’emulazione di modelli positivi da imitare, anziché esempi negativi da biasimare.
L’educazione deve puntare al bello, al buono, al piacere di fare il bene, alla capacità di valorizzare tutte le potenzialità insite in ciascun soggetto, in particolare in ciascun bambino.
La formazione civile e culturale non deve mortificare, rattristare, non deve frenare l’entusiasmo e spegnere la voglia di crescere e far funzionare al meglio il mondo, non deve inculcare soltanto dovere ed evitamento di ciò che è negativo, ma deve al contrario proporre il bene, rafforzare, valorizzare la storia, l’uomo.
L’educazione è Umanesimo. Buona vita!