Non si contano le opere dedicate ad Aleister Crowley… uno dei personaggi più controversi ed affascinanti del secolo scorso. Tuttavia, il nuovo volume, a cura di Franco Pezzini, è da considerarsi uno spartiacque nell’affrontarne le mille sfaccettature accompagnando il lettore in un viaggio interdisciplinare, di cui siamo lieti di scoprire di più in questa lunga chiacchierata.
Qualche anno fa, scambiammo quattro chiacchiere a seguito della pubblicazione di Victoriana. Dopo tanta acqua sotto i ponti della tua scrittura, ci accingiamo a parlare del nuovo volume dedicato ad Aleister Crowley. Com’è nata l’idea di condurre il lettore attraverso questi itinerari letterari con la ‘grande bestia’?
Mah, diciamo che è emersa con la presa d’atto di un continente non proprio inesplorato (anche in italiano qualche articolo c’era) ma certo scarsamente percorso nella sua vastità. In questo senso il mio saggio è un avvio di mappatura, cui – passami la metafora – successive spedizioni altrui offriranno arricchimenti. Ma c’è stato un passo più concreto, quando per i miei corsi della Libera Università dell’Immaginario ho affrontato tre opere che m’interessavano – Il mago di Maugham, Moonchild di Crowley e The devil rides out di Wheatley – scoprendo la quantità di correlazioni. Io sono essenzialmente un mitologo, uno studioso dell’immaginario: e lì trovavo in pratica lo stesso mito letto alla luce della narrativa alla moda tra Otto e Novecento (la Parigi degli inglesi, tra artisti e ristorantini), di quella esoterica e della narrativa pop del “Principe degli scrittori thriller”. A intessere il mito di nozze chimiche tra una “bella” e la Bestia, finalizzata a qualche eclatante operazione magica… Un plot poi imitato da una quantità di altri narratori, anche se la nebulosa-Crowley va persino oltre.
Perché pensi che la figura di Crowley abbia influenzato e continui ad influenzare cinema e letteratura? In cosa credi risieda la sua infinita contemporaneità?
Sesso & magia sono forse i due temi che oggi con più virulenza provocano fantasie pop: lui li ha abbinati. Poi per carità, Crowley è anche molto altro, per esempio, un interlocutore – in forma diretta o indiretta, tramite le sue opere – di un numero impressionante di icone della cultura tra l’età vittoriana (in Victoriana gli riservavo un cameo) e l’oggi tra musica e social. Mostra intuizioni a tutt’oggi non banali, come sulla capacità di porci domande su ciò che davvero desideriamo: certo, si può osservare che non c’è bisogno di Crowley o del Thelema per arrivarvi, ma in contesti dove alcune attenzioni non sono scontate anche tale tipo di provocazioni può risultare utile. E poi ovviamente c’è un Crowley della vulgata, anche banalizzato e facile, come in certi tipi di richiami alla trasgressione purchessia. Ma comunque la giriamo, di sicuro il mondo contemporaneo e il vecchio Aleister hanno molto da dirsi.
Il filo rosso che lega Crowey a W.S. Maugham è indissolubile. È stato il primo passo verso la stesura della tua opera? Cosa puoi dirci della tua ricerca sulle orme di Aleister?
Sì, sono partito da Maugham – anche di necessità, visto che è il primo a offrire a Crowley una dignità letteraria di personaggio tramite la figura fittizia del mago manipolatore Haddo, e a fornire le basi del plot di cui accennavo. In questo senso, echi di Maugham si avvertono ancora molto più tardi. Per dire: è appena uscita per Carbonio la riedizione dell’ottimo romanzo di Colin Wilson L’uomo senza ombra, sequel del magnifico Riti notturni, proposto da Carbonio nel 2019. Il mago Caradoc Cunningham con cui si relaziona il protagonista è una specie di calco di Crowley – peraltro citato come il suo maestro: la storia è molto diversa da quella di Maugham, ma le dinamiche (intriganti, molto divertenti) tra il giro di amici dove Cunningham sgomita finiscono col richiamare quella della piccola “colonia” inglese in cui impazza Haddo. Con tanto di interlocutori plagiati… Ovviamente mi sono appoggiato anche ad altre riedizioni – o prime edizioni italiane – recenti, che avevo via via recensito, come lo stupefacente volume intestato appunto a Fernando Pessoa e Aleister Crowley, La Bocca dell’Inferno, per i tipi di Federico Tozzi (Saluzzo, 2018) curato in modo mai abbastanza lodato da Marco Pasi.
Ma la ricerca ha implicato il considerare anche parecchi testi mai tradotti in italiano, di autori ancora ricordati o sostanzialmente ignoti (almeno da noi), quindi per me è stata una pista molto interessante da battere. Nonché, tornerei a usare l’aggettivo, divertente (spero) per il lettore, tra figure curiose, bizzarre e spesso sopra le righe. A proposito di The devil rides out di Wheatley ho anche presentato qualche suggestione coltivata attraverso un viaggio in Inghilterra sui siti delle nefandezze di un altro pessimo sosia di Crowley, il vilain Mocata, nel cuore del Wiltshire. Zona militare, a un certo punto ci siamo trovati di fianco un carro armato…
Negli ultimi anni hai curato (per Odoya) svariati volumi dedicandoti a Poe, Frankenstein, Dracula… in che direzione muovi il passo successivo? Segui un filo logico a te chiaro o fai scelte più istintive?
Posto che in generale si tratta di volumi preparati col materiale dei miei corsi (in enoteca, liberi e gratuiti – ora ovviamente bloccati dall’emergenza Covid), la scelta matura soprattutto in quella fase, e le decisioni sono istintive – anche se spesso sognate a lungo, sulla base dei miei personalissimi percorsi interiori. Considera che l’analisi del testo è per me una full immersion, per cui deve convincere anzitutto me: e ci metto i miei ricordi, i dialoghi con amici, persino le malinconie di quel che non è più o non è mai stato. Per dire, per l’Iliade sono partito dall’immaginare come Franco Rossi avrebbe trattato il poema dopo aver diretto Odissea ed Eneide – c’era un progetto di sceneggiato mai realizzato, e anche una sceneggiatura su cui finora non sono però riuscito a mettere le mani nonostante ricerche in Rai… A volte seguo anche gli entusiasmi di amici: l’idea folle di incalzare tutto il corso dell’opera narrativa e poetica di Poe – da cui la trilogia per Odoya in corso di pubblicazione – è maturata, per esempio, all’entusiasmo manifestato da una carissima amica, Cristiana Astori (sorta di cofondatrice virtuale della mia Libera Università dell’Immaginario, che all’inizio senza il suo aiuto non sarebbe partita), quando avevo ipotizzato qualcosa del genere in chiave ancora astratta. Però sì, seguo alcuni filoni, in genere abbinando a un corso su un testo classico antico un altro sul gotico.
In un secondo momento, quando ho raccolto il materiale, ragiono su cosa vedrei meglio come volume successivo della collana, per differenziare un minimo il parco titoli, e formulo la proposta all’editore. È indubbio che gli interessi dei lettori possono essere diversificati: per dire, ai miei corsi, a parte alcuni fedelissimi che arrivano ormai a prescindere dal tema trattato, contando su un contesto vagamente teatrale e conviviale della “lezione”, ci sono persone interessate solo a un filone o solo a un altro. È normale.
E comunque ci sono valutazioni editoriali. Con Odoya si è concordato di far uscire prima il volume su Crowley che il Tutto Poe 2 consegnato in precedenza e attualmente in lavorazione, che apparirà nei primi mesi del 2021. Si tratta di questioni di piano editoriale dove la collaborazione tra autore ed editore mi pare fondamentale.
D’obbligo chiederti quali prelibatezze attendono i tuoi lettori presenti e futuri.
Sei gentilissima. Dopo il citato Tutto Poe 2 conterei d’incrementare ancora la sottocollana “Classici Pop”. Non abbiamo ancora definito con Odoya, ma proporrò loro un volume monografico su Carmilla di Le Fanu con notizie inedite ad aggiornamento del mio primo studio in materia di vent’anni fa – mi sembra che il tema “tiri” – e uno su Walpole e l’origine del gotico, in tandem con la mia socia iconografa Chiara Meistro, che ora mi dà una mano per i progetti della Libera Università. Al termine del lavoro sull’Iliade vorrei che anche quello evolvesse in volume, e così l’ultima parte del corso su Poe (ma per Tutto Poe 3 manca ancora parecchio tempo). Però sono parecchi i classici dove vorrei immergermi (Odissea, i romanzi arturiani, Gargantua e Pantagruel, l’Orlando furioso), e da tempo sto già raccogliendo materiali. Qualche volume vorrei anche che fosse gestito da autori bravi con cui ho un certo tipo di dialogo – e lì svolgerei il ruolo di direttore di collana, garantendo una coerenza con la linea adottata. In un futuro penserei anche a un Victoriana 2, visto che il materiale anche su quel fronte si sta accumulando e il primo volume aveva incontrato il favore dei lettori. Ma è tutto da definire… Augurami in bocca al lupo!