Non dimenticherò mai l’espressione fatale di quell’uomo. L’avevo chiamato perché avevo avuto bisogno di lui. Giù al ferramenta mi avevano assicurato che di professionisti così, in giro, non ce n’era.

Lo spazzacamino, un uomo gigante di quasi due metriera arrivato, aveva fatto subito una prima indagine e poi era voluto salir sul tetto. Dopo era sceso e da lì con un curioso specchietto/telescopico aveva ispezionato anche il buco dove si infila il tubo della stufa, scuotendo la testa.

-Ma lei ha mai fatto la manutenzione di questa stufa? -No veramente. Avevo risposto con sguardo mesto. Capivo in realtà trattarsi di rabbia. Milena quella mattina se ne era andata dopo un’ennesima, logorante, discussione. E in quella discussione c’era anche lei, la stufa con il suo fumo sottile che per giorni non ci aveva dato scampo.
-Ma perché non hai mai voluto prendere un appartamento moderno come tutti?
Tornava alla carica l’amica lisciandosi i maglioncini affumicati.
-Perchè non mi piacciono le case senza anima.
- Sì, però nelle case vecchie ci sono sempre mille problemi, ammetterai. Guarda solo quanto tempo e soldi hai perso con sta stufa del cazzo.
Aveva preso allora ad incalzarmi.
-Ieri però mi è sembrato che apprezzassi la carne fatta alla fiamma, come una volta…
-Ogni volta che vengo a trovarti mi tocca lavare i vestiti per una settimana. Ti sembra carino questo?
Replicò acida. -Uff! Quante menate. Sei o non sei anche tu una fumatrice?

-Quando l’ha pulita l’ultima volta?
Mi aveva chiesto lo spazzacamino con aria di sfida.
-Veramente non lo so, perché sono qui da pochi giorni e questa stufa è un regalo. Il regalo di un amico.

Era vero. Quando Alessandro mi aveva visto un po' in difficoltà in quella casa tutta da organizzare e con l'inverno alle porte, mi aveva detto “ti do io” una stufa e così aveva fatto. Mi ero sentito veramente la persona più felice e fortunata del mondo. Tutti sembravano felici. Era felice Alessandro, era felice la sua nuova consorte dopo che per mesi aveva atteso di avere un po' più di spazio per poter rimordernare la casa. Tutti erano felici, tranne lei, Milena.

-Ma cosa te ne fai di una stufa vecchia, scusa?
Mi aveva detto Milena con il suo solito ghigno insensibile.
-Mi ci scaldo. E ci cucino.
-Sì, però ti costa un botto di soldi, tra le legna e manutenzione. Quanto ti chiederà lo spazzacamino?
-Non lo so e comunque non sono affari tuoi. Io non vengo a controllare le bollette di casa tua. O sbaglio?
-Sì, ma tu ti lamenti sempre di essere senza soldi, vuoi fare l’alternativo e poi spendi tutte le tue energie e risorse complicandoti l’esistenza. E non ti accorgi che a soffrirne è anche la nostra relazione…
-Credevo fossi affascinata dal mio stile di vita… o che, perlomeno non ti dispiacesse...
-Lo sono stata. Ma negli ultimi tempi mi sono un po' ricreduta. Perché ti dico tutte queste cose? Tu manco ti accorgi che soffro…
-Ma veramente io…
-Lascia stare...Roby, forse è meglio. Non infieriamo oltremodo...ok?
-Ma scusa, ora dove stai andando?
-Torno a Milano.
-Non dovevamo andare insieme alla festa dell’Alpe? Fanno la polenta e… ricordi?
-Mi dispiace ma sarò da Max, domani fa una mostra. Non voglio perderla…
-Max? E chi è Max?
-È il cugino della Sabri.
-Uff, che fatica.
-Uff, che fatica, tu. A volte vivi come un vecchio...
-Milena dai, parliamo. Non andare via…
-Roby, non mi sembra il momento. E per favore non mi stare addosso. Ci sentiamo tra un po'. Ho bisogno di stare da sola…

-Avevo ragione. È la stufa che è sporca. Anzi, sporchissima.
Lo spazzacamino aveva alla fine espresso la sua sentenza inappellabile.
-Ah, bene. Ora sappiamo da dove è nato il problema. Lei potrebbe pulirla?
Dissi risollevato.
-Sì, certo. Io posso fare tutto quello che vuole. Però c’è un problema.
-Un problema? E di cosa si tratta?
-Io non so niente di lei e della sua vita però qui c’è un problema e…
-Ho capito, ma può farmi capire meglio qual è il problema?
-Forse è meglio non toccare nulla e chiamare la polizia…
-La polizia? Per cortesia adesso mi dice cosa sta cazzo sta succedendo!!
-Ci sono delle ossa umane.
-In che senso ci sono delle ossa umane?
-Nella stufa. Ho visto delle ossa umane nella cenere, sicuramente un pezzo di mandibola con ancora i denti e poi un pezzo di femore…
-Ma Dio Cristo, che cazzo sta dicendo? Le assicuro che non è giornata per fare scherzi...
-Guardi, le ripeto, io non voglio grane, lei mi sembra una persona perbene, io sono una persona perbene però nella vita non si sa mai, a volte le persone più irreprensibili nascondono le peggior cose. Ora chiamiamo la polizia e poi ci penseranno loro a far chiarezza… Nel frattempo stia lontano da me e non mi tocchi.
-Ascolti, io non so che cosa sta succedendo qui, so solo che questa stufa è qui da pochi giorni, me l’hanno regalata e quindi di tutto quello che mi sta raccontando io non so nulla. Ma non è che si tratta di ossa di pollo? Sa, a volte la gente su queste stufe ci cucinava e magari poi…
-Ossa di pollo con protesi d’oro non se ne sono mai viste, ma…
-Uff! Mi faccia dare un’occhiata! Non riesco a credere a quello che mi dice. È tutto troppo assurdo.
-Prima chiamo la polizia…
-Ma faccia un po' quello che vuole, la chiami sì! Anzi no, non peggioriamo la situazione…
-Certo che se vengono qui e trovano quello che ho trovato io lei è bell’inguaiato…
-Ecco, allora lei mi fa la cortesia di fare quello che non ha trovato nulla. Io ora le pago l’uscita e la pulizia della canna fumaria e lei se ne torna a casa e non ha visto nulla, né trovato nulla…
-Ecco, vede, lo sapevo che era lei l’assassino.
-Io non sono l’assassino.
-Ma come ha potuto fare una cosa così orribile? Non prova alcun rimorso? Di chi sono le ossa?
-Ascolti, qui ci sono i suoi cento euro. Lei li mette in tasca e ci salutiamo, ok?
-Facciamo duecento.
-Non ho capito, mi scusi?
-Questo è un affare sporco. Facciamo duecento euro e non ne parlo con nessuno, neppure con mia madre.
-Brutta razza di delinquente!
-Ho capito. Ora chiamo la polizia! (e comincia ad armeggiare con il telefono). -No, no! Per l’amor di Dio, metta giù quell’arnese!
-Ha deciso di pagarmi il giusto allora? Mi dia i duecento e non ne parliamo più…
-Ok. Ma lei mi promette che non parlerà con nessuno a proposito di quello che ha trovato?
-Promesso
-Nemmeno al bar?
-Nemmeno al bar.
-Ok. Allora procediamo.
-Perfetto.
-Ecco i suoi soldi.
-Posso dirle un’ultima cosa?
-Mi dica…
-Lei è odioso.

Ero scioccato. Convinto fino a quel momento che le nevrosi della mia ragazza fossero la peggior croce potutami capitare in questa vita, mi ritrovavo ora a convivere con dei resti carbonizzati di un morto e con la convinzione che il mio amico Alessandro potesse essere un efferato killer. Faticai a prendere sonno e per alcuni giorni vagai per casa immaginando gli scenari peggiori.

Mi ammalai. Un giorno presi coraggio e aprii lo sportellino della stufa e cominciai a frugare dentro sperando di non trovare nulla. Invece i frammenti c’erano. Anche il pezzo di mandibola con i denti, un ghigno che mi fece raggelare il sangue nelle vene. Mi venne in mente il volto della ex del mio amico, erano anni che si beccavano. No, no ci potevo credere. Certo uno non pensa alle cose brutte fino a quando poi le notizie appaiono sui giornali. Rividi Alessandro una settimana dopo, e gli parlai pugni chiusi nascosti nelle tasche del cappotto.

-Allora come stai amico mio? Mi chiese candido. E la stufa? Ti piace?
-Veramente ho avuto dei problemi con lei.
-Ah sì?
-Ha cominciato a fare un gran fumo, si era completamente otturata. Dissi con piglio deciso, cercando di cogliere nell’espressione del mio amico anche il più piccolo segno di turbamento.
-Cosa hai fatto? Hai dovuto chiamare qualcuno o…
-Sì, ma ora è tutto a posto.
Risposi con un misto di viltà e di timore.
-Ora è tutto a posto...

Non smisi di osservarlo, incredulo nel notare la sua compostezza, nel mio immaginario degna del peggior serial killer. Continuavo a cercare di incrociare il suo sguardo, avrei voluto incastrarlo ma lui, abilissimo, restava gelido, inerte. C’era qualcosa. Ma c’era qualcosa. Poi, inaspettata, arrivò una prima liberazione.

-E la Luciana? Che fine ha fatto?
Udii la mia voce esterna quasi spaventata per l’arditezza di quella curiosità.
-Come mai mi chiedi di lei?
In quel momento ci trovavamo proprio in cucina di fronte alla stufa. Ed era possibile che resti della suddetta si trovassero proprio lì davanti a noi.
-Non l’ho più vista.
Disse, Alessandro con quel suo tipico distacco, per poi aggiungere…
-Quella stronza! Ora che ci penso l’ho vista ieri al supermercato. Era insieme al Roby, il suo ex. Te lo ricordi il Roby, quel palestrato, fascistello...
Abbracciai il mio amico di slancio. Lui all’inizio, non capì. Tra le lacrime gli spiegai del ritrovamento, dell’incontro con lo spazzacamino. E della terribile possibilità di avere un amico killer, di come la mia vita fosse cambiata nell’arco di poche ore. Ridemmo. Ma mi comprese. -Oh, mi devi perdonare, avrei dovuto fartela pulire prima di dartela. Ma sai, io non l’ho mai usata. È appartenuta ad un vecchietto, un amico dei miei, un certo Nestore, non so neppure se è ancora vivo...
-Oh Alessandro, che liberazione! Non puoi capire!
Ripetei più volte abbracciandolo.
-Vieni che dobbiamo festeggiare! Tutta questa cenere mi ha messo una gran sete! Beviamoci un prosecco..e poi mi devi descrivere ancora bene quelle ossa di…

Liberato dall’angoscia di avere un amico killer crollai per alcuni giorni in uno stato di torpore e di profondo rilassamento. Ebbi comunque tutta la lucidità necessaria per rimuovere i resti ossei dalla stufa e riporli in una scatola e mi trattenni dalla tentazione di iniziare nuove indagini. Quando ripresi il mio lavoro di agente immobiliare capitò di dover fare un sopralluogo in un paesino sperduto in mezzo alle montagne e parlandone con Alessandro scoprii trattarsi dello stesso paese da dove veniva la mia stufa. Quando descrissi ad Alessandro la posizione della casa non ci furono più dubbi.
-È lui. Incredibile.
-Vuoi vedere che si è deciso a vendere?
Aveva chiosato il mio amico con leggerezza senza rendersi minimamente conto di aver toccato un nervo scoperto.

Il paesino si trovava a una ventina di chilometri dalla città. Una strada tortuosa lo collegava al centro abitato più importante. Qualcuno mi disse che durante l’inverno la strada non veniva pulita e i pochi abitanti del paese rimanevano isolati a volte anche per alcune settimane. Di contro nella bella stagione la zona letteralmente rinasceva e frotte di escursionisti e gitanti arrivavano dalla città per goderne le bellezze naturali.

La recente pandemia aveva reso in più improvvisamente interessanti ed appetibili case invendute da anni. Io stesso avevo notato che molti nuovi clienti chiedevano proprio di trovare immobili da quelle parti e quasi tutti provenivano dalle grandi metropoli della pianura. C’era insomma un nuovo interesse, il che faceva sperare bene per il futuro.

Grazie alla descrizione di Alex riconobbi senza difficoltà la casa. Si trattava di una piccola abitazione annessa alla chiesa. Dovetti constatare che dal vero risultava molto meno affascinante. Aveva sì una buona esposizione a Sud, ma in generale risultava incassata e disarmonica.

Quando vidi per la prima volta Nestore rimasi deluso. Dopo settimane di congetture e fantasie di ogni tipo mi sarei aspettato un vecchio torvo dallo sguardo luciferino, mi ritrovai invece di fonte ad una figura minuta e pacifica. Con un grande sorriso luminoso e amichevole.

La prima volta che ci incontrammo mi accolse in cucina… lo ammetto feci fatica a non notare una lunga serie di coltelli ordinati per misura e appesi con cura al muro. Si sentiva odore di pulito. Notai che l’uomo indossava delle pantofole molto lucide, così lucide da sembrare appena acquistate. Parlammo brevemente della casa senza divagare.

Accettò di buon grado la possibilità di avere visite di potenziali acquirenti nelle settimane seguenti. Ci salutammo con una vigorosa stretta di mano. Guidando verso casa mi ripiombò addosso l’ansia del dubbio. C’era una connessione tra la vita di quel vecchietto e i resti carbonizzati nella stufa? Che mistero!

Quindici giorni dopo ero di nuovo da lui. Avevo approfittato di una coppia di sposini che cercavano una seconda casa per le vacanze. Attesi il momento in cui si congedarono dal padrone di casa per poter rimanere ancora un attimo con lui. Notai che l’atmosfera questa volta era completamente diversa rispetto alla prima volta. Il viso dell’uomo appariva teso, l’espressione era triste e spenta. Tentai di intavolare una conversazione con alcuni convenevoli ma sentii subito che non c’era spazio. L’uomo non mi invitò in salotto e mi fece capire chiaramente che la mia presenza era di troppo.

Prima di salutarlo gettai un’ultima occhiata alla cucina, rividi i coltelli in bella mostra sul muro e notai che il ripiano dove c’era il lavello era ingombro di piatti e pentole sporche, segno che nessuno aveva provveduto a lavarli già da alcuni giorni. Inoltre, più in basso vidi un grande secchio stracolmo di immondizia. Non indagai. Ma l’affare della casa, chiaramente, non andò in porto.

Trascorse un’altra settimana e ancora ritornai, questa volta in compagnia di un presunto artista torinese alla ricerca di un “buen retiro”, colpito dalla posizione isolata di quel paese e di quella valle rispetto ai principali flussi turistici stagionali.
-Una cosa che non ha prezzo di questi tempi.
Avevo spudoratamente sottolineato tentando l’affondo...
La visita alla casa e l’incontro con l’anziano proprietario di casa era cominciato sotto i migliori auspici con una vigorosa stretta di mano ed una conversazione spontanea assolutamente inaspettata. Notai anche con sollievo che l’alloggio era molto in ordine e c’erano addirittura dei fiori freschi in un piccolo vaso al centro della tavola.
-Anch’io sono un artista, sa?
Aveva detto il vecchio facendo strada tra le piccole stanze della casa.
-Ah sì?
Aveva risposto con fare bonario il potenziale acquirente.
-Ho fatto il macellaio. Per tutta una vita. Mio padre mi diceva sempre che tagliare la carne è un’arte che pochi conoscono veramente. Ed io, lo dico con orgoglio, lo sapevo fare molto bene. In realtà l’Arte, quella con la A maiuscola l’avrei sì seguita perché con le matite già da bambino sapevo fare cose belle, ma sa, erano altri tempi. C’era la bottega e la possibilità di un lavoro sicuro… Ma anche molta ignoranza.
-Posso farle una domanda?
-Chiese il torinese.
-Prego.
-Ma perché vuole vendere questa bella casa? Mi perdoni se sono così indiscreto…
-Le dico la verità: da quando mia moglie se ne è andata la vita qui è diventata penosa. E poi, sono solo, sa... quando si hanno i figli o i nipoti... c’è una aspettativa diversa nei confronti della vita. Invece qui non è rimasto nessuno, anche il paese ormai è un paese fantasma.
-Un paese fantasma? Ma veramente il nostro agente immobiliare mi aveva dipinto un quadro un po' diverso, più ridente con più possibilità, non so come dire… Un paesino arretrato sì ma non decadente. Ora scopro che è addirittura deprimente…
-Vorrei spiegare una cosa...
-C’è poco da spiegare, mi creda. Lei è un incapace.
Mi apostrofò così il vecchio lanciandomi una occhiata avvelenata.
-Io mi scuso, non voglio entrare nelle vostre questioni - tentò di correre ai ripari l’artista torinese - anzi, sapete cosa vi dico? Io vi saluto e…
Appena il torinese uscì di scena, il vecchio Nestore esplose, cominciò a inveire contro di me in modo ancora più virulento.
-Lei mi aveva detto che avrei venduto la casa in brevissimo tempo. Lei mi aveva promesso un via vai di persone, tutte interessate all’acquisto…
-Abbiamo appena messo la casa sul mercato, ma cosa pretende?
-Non pretendo nulla di più di quello che mi ha promesso…
-Certo che se lei si impegnasse un po' di più con l’ordine e la pulizia…
-Questa è casa mia. E la tengo come voglio!
-Beh, forse non ha capito che la prima impressione per la maggior parte della gente è quella che conta…
-Allora io sul suo conto mi sono proprio sbagliato! Un chiacchierone disonesto della peggiore specie…
-Ehi! Piano con le parole, moderi i termini. E, soprattutto, non offenda.
-Io dico quello che mi pare!
-E allora vada al diavolo lei e la sua casa maledetta!

Il vecchio mi guardò con sorpresa, poi quasi istintivamente afferrò una sedia e si sedette. Ci fu come un crollo di tensione. Rimanemmo ad osservarci per un tempo infinito. Quella mia espressione casa maledetta l’aveva evidentemente toccato. Quando era tornato da me aveva un’espressione completamente rasserenata, in pace. Mi aveva anche detto... dobbiamo vederci e parlare. Io e lei. Di tutto, anche della stufa. Era un'incredibile dichiarazione di fiducia.

Passò altro tempo, poi una sera di passaggio nel paese lo cercai. Per l’occasione tirò fuori da un credenzino una bottiglia di rosso, senza etichetta. E ci sedemmo a parlare.
-L’ho fatto per amore, per nessuna altra ragione.
Mi disse a bruciapelo, quasi sapessi ogni cosa.
-Sa, la malattia l’aveva scavata. Era uno scricciolo. Alla fine sarà pesata 40 kg, massimo. È stato un processo velocissimo.
-Ma come è nata questa idea di dissezionare il corpo? Perchè non avete pensato ad un funerale tradizionale?
-L’idea di essere fatta a pezzi curiosamente fu sua. La Nanda è sempre stata una persona semplice, molto pratica. Ed economa. Ricordo, riuscimmo a riderne.
-Come prendeste la decisione? Fu una decisione premeditata?
-Bisognava inventarsi qualcosa, un viaggio. La Nanda aveva una sorella in Argentina. Sarebbe stato sufficientemente lontano.
-Nessuno si insospettì? Nessuno venne a cercarla?
-Venne il Maresciallo. Due volte. La prima volta fece il giro dell’alloggio lisciandosi i baffi. La seconda mi fece riempire delle carte e poi se ne andò… -Mi manca, però, il passaggio tra la malattia, la morte e il momento in cui fisicamente ha proceduto alla cremazione.
-La mia Nanda se né andata il 12 di novembre. Quella mattina ci eravamo svegliati presto e avevamo bevuto il latte insieme. Lei aveva mostrato appetito. Poi è morta. Allora l’ho portata in cucina e l’ho lavata con cura. Dopo ho preso gli attrezzi. Non c’erano molti liquidi nel suo corpo sembrava un piccolo camoscio, pochissimo grasso, carne nervosa, quasi secca. In dieci minuti avevo finito tutto. Ho acceso il fuoco…

Quella sera tornai a casa con una profonda sensazione di pace. E con una nuova idea dell’Amore. Si trattava di qualcosa di a-sentimentale, che sovvertiva il nostro ordine morale. Immaginai potesse essere quello il cuore libero.

Attesi il crepuscolo prima di scartare un pacchetto che Nestore aveva preparato per me, prima di congedarci. Dentro vi trovai una valigetta di cuoio con diversi dei suoi coltelli.