Quasi anticipando il futuro con le sue Bolle, Nicola Pucci (Palermo 1966) proietta le vitali necessità dell’uomo in questo momento storico di pandemia che sta coinvolgendo l’intera umanità. Attento al disagio sociale, il pittore esprime nei suoi spazi virtuali la fragilità dell’uomo attraverso l’aria (che prende forma nelle bolle) preziosa, incontaminata, pura e portatrice di energia positiva, ora avvolgente, protettiva e tuttavia aggressiva.
Le sue opere della serie Bubbles, realizzate su diversi supporti come il rame, denunciano la condizione di isolamento e distanza fra gli individui durante il lockdown in cui improvvisamente sono venute a mancare i bisogni primari ritenuti finora scontati come l’aria, a cui l’autore ha voluto dare una materializzazione. Stupore e rinascita nelle tele dell’artista siciliano, “voglia di libertà”, “immagine e sogno”, dove le drammaticità degli eventi sono dettati “da una incontenibile voglia di superarli”.
Artista poliedrico, dalle copertine dei celebri quaderni Pigna alla pittura iperrealista, Nicola Pucci classe ‘66, prima grafico poi pittore, nella sua arte osserva senza giudicare, il mondo complicato degli uomini cercando di catturare e fissare l’energia nascosta. Preciso e attento come vuole la sua preparazione grafica maturata a Roma, all’Istituto Europeo di Design (IED) e frequentando lo studio del pittore, Bruno Caruso, Pucci attraversa universi visionari, nel corpo a corpo, fra forma e materia, in cui tutto può accadere ed è inaspettato. Un monito e anche una denuncia.
La sua produzione artistica, pittura disegni e sculture recentemente esposta (Galleria Arionte, Catania marzo-aprile 2021), Bubbles (Palazzo Sant’Elia, Palermo 2020) e la prima antologica,Nicola Pucci. Opere 1999–2019, (Villa Zito, Palermo 2019), ripercorre gli ultimi vent'anni di ricerca del pittore, che crea e poi trasforma, i cui concetti diventano figure e materia della quotidiana esistenza.
Sorprendente e imprevisto, il linguaggio pittorico di Nicola Pucci distrugge le immagini e le ricostruisce nel silenzio roboante di una tecnica precisa, oggettiva, rarefatta e concreta. Scardinamento e rivoluzione sono le parole chiave del cambiamento in una modifica percettiva senza alcuna dichiarazione, manifesto o guerriglie. Figure, spesso sospese nello spazio, provenienti da fonti diverse in un unico dipinto, unite in un dialogo silenzioso, in un particolare gesto, immerse in atmosfere da sogno, teatrali e inquietanti, energie liberatorie, percepibili in maniera chiara dai nostri sensi.
La sua ingegnosità attinge a varie influenze, dalla corrente surrealista a quella del pittore irlandese, Francis Bacon, da cui si ispira per la capacità di unire figura umana, gesto pittorico e cromatismo, con una percezione a tratti distorta e ironica dell’oggettività. Una metamorfosi delle forme, un modo di far vivere i sensi anche i più istintivi oltre che ampliare la percezione.
Ogni sua singola opera, pittura o scultura, induce al racconto autonomo in cui i protagonisti vanno cercati tra i personaggi e i movimenti, fermati nell’attimo, nella loro spinta, slancio ed entusiasmo: atleti atrofizzati, cavalli, tori, galli, bloccati in una dispersione spazio-temporale, “un lavoro impulsivo e per lo più istintivo”.
Determinante e senza compimento è il movimento che diventa essenziale, dove tutto può accadere senza succedere: è la sospensione di un gesto. La velocità è l’elemento che contraddistingue lo stile di Nicola Pucci, i suoi personaggi e gli animali sono frammenti di vita in azione a rappresentare un fatto accaduto, ma con l’enfasi del movimento anche nell’immobilità del dipinto. È la tecnica stratigrafica, con cui realizza immagini a strati con decine di colpi di pennello, dove ogni figura è costruita alternando velature e pittura gestuale, in una sequenza lunga e continuata nel tempo, surreale e realistica, e allo stesso tempo, carica di energie liberatorie.
Dal 1995, l’arte di Nicola Pucci viene esposta in Italia, Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, guadagnandosi l’attenzione di personalità del mondo dell’arte di fama mondiale come Larry Gagosian e Carlo Bilotti, rinomato collezionista d’arte, oltre ai critici italiani, quali Vittorio Sgarbi e Gianluca Marziani, diventati suoi collezionisti.