In nome della sicurezza sanitaria “nazionale” i gruppi dominanti hanno adottato misure apertamente contrarie all’obiettivo da loro tanto sbandierato “nessuno sarà lasciato da parte”. In realtà, il “nazionalismo vaccinale” è un buon alibi, dietro il quale agiscono oligarchie multi-nazionali, mondiali, molto potenti sul piano economico, industriale e finanziario.
L’ingiustizia vince
Già prima della commercializzazione dei vaccini sui quali le autorità mediche competenti hanno accordato il diritto esclusivo di proprietà e di uso per 20 anni ad imprese private perseguenti scopi di lucro, i poteri pubblici ammettevano che alla fine del 2021 tra il 70 e l’80% della popolazione mondiale sarebbe restata fuori dalla vaccinazione. Il Segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha confermato il 17 febbraio che il 75% della totalità dei vaccini disponibili, è stato usato soltanto da 10 Paesi e 130 Paesi non hanno finora ricevuto una sola dose di vaccino. Se tutto va bene, il che non è garantito, occorrerà attendere la fine del 2024 per sperare che la popolazione mondiale raggiunga il minimo di immunità collettiva di sicurezza. Nel frattempo, decine di milioni di esseri umani saranno sparite prematuramente dalla circolazione con la benedizione degli azionisti delle imprese farmaceutiche. Inoltre, qualche centinaio di milioni di persone in più saranno andati a ingrossare l’esercito degli impoveriti e dei lavoratori poveri. Infine, i primi venti miliardari del mondo avranno visto la loro ricchezza aumentare di alcune decine di miliardi1.
La sovranità del popolo, in tutto questo?
A partire dagli anni ‘70-‘80, fra i processi più significativi di picconaggio della democrazia possiamo annoverare, oltre la tradizionale opposizione alla democrazia delle forze politiche e sociali conservatrici e reazionarie di destra e di estrema destra:
- l’anti-statalismo anti- comunista di frange importanti di movimenti associativi, anche progressisti;
- l’interesse per “i costi della politica”; nel nome dell’efficienza e della riduzione delle tasse dirette, ogni forma di scelta politica è stata ridotta ad una questione di gestione ottimale delle risorse limitate disponibili e di diminuzione della spesa pubblica (eccezione fatta per le spese militari);
- la promozione della “terza via” nel nome di “al di là dello Stato e del mercato”. Questa si è rivelata quel che era di fatto e cioè “molto meno Stato” e “molto più mercato”. La “terza via” è stata il cavallo di Troia attraverso il quale la classe politica eletta per promuovere e difendere i diritti universali, la giustizia sociale, le classi sociali più sfruttate e marginalizzate, la libertà dai soprusi dei potenti, la pace (diciamo, per semplificare, la socialdemocrazia occidentale) ha letteralmente abdicato sottomettendosi agli imperativi della globalizzazione economica efficientista, estrattivista e devastatrice della natura e della società. Personaggi come Blair e tanti altri leaders come lui in Europa ed altrove (per non parlare dei “progressisti” USA predicatori del culto della transizione...) hanno una grande responsabilità storica per quel che è successo nel corso degli ultimi 40 anni.
Faccio riferimento specifico alle “ondate mondiali” di liberalizzazione, di deregolamentazione e di privatizzazione di ogni forma di attività economica ed in particolare di ogni bene e servizio in precedenza comune e pubblico. Per cui si è assistito alla sostituzione del governo dello Stato di diritto, sociale e democratico con un sistema detto di “governance economica mondiale”, fondato sulla concorrenza/esclusione, scambi/negoziati /conflitti tra i portatori d’interesse. Si tratta della famosa “governance degli stakeholders basata sulla marginalizzazione dei diritti umani e sociali; sulla mercificazione di ogni bene essenziale ed insostituibile per la vita; sulla privatizzazione del potere politico, come dimostrato dalla potenza imperiale dei grandi gruppi economici privati mondiali quali i GAFAM, i Big Pharma. Fra tanti altri.
Queste ondate sono state facilitate, se non “‘giustificate” secondo i dominanti, dalla crescente scientificizzazione e tecnologizzazione della vita sempre più dissociata dai valori del costituzionalismo politico sociale democratico secondo il modello scandinavo.
Il dominio delle cosiddette “ragioni” della scienza e della tecnologia in favore di un uso mistificatore e utilitaristico della tecnoscienza ha giocato un ruolo preponderante sui processi menzionati. Attraverso due modalità chiave. Da un lato, consentendo il travolgimento dei limiti temporali (“the instant economy”, le nanotecnologie, la finanza al millionesimo di secondo...) e spaziali (sono saltate le frontiere biologiche tra le specie, la “borderless economy”). Dall’altro, spingendo i poteri pubblici locali (nazionali) a trasferire il potere di proprietà, di uso e di controllo e, quindi, di regolazione della vita della Terra ai soggetti produttori dei nuovi sistemi e prodotti ad alta intensità tecnologica organizzati a livello mondiale.
L’evaporazione della sovranità del popolo
In questo contesto emerge in maniera lampante il ruolo determinante dei brevetti sul vivente e sull’intelligenza artificiale accordati a soggetti privati per scopo di lucro. I brevetti costituiscono l’espressione massima, insieme alla capitalizzazione borsistica delle imprese, del primato del diritto prioritario degli interessi privati a governare il mondo.
I brevetti (industriali, commerciali...), come i diritti di autore, esistono da molto tempo. Ma i brevetti sugli organismi viventi (cellule, molecole, genomi del mondo vegetale, naturale ed umano) sono recenti. Datano al 1980 a seguito di una decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti che autorizzò, per la prima volta nella storia, l’impresa General Electric a brevettare a scopo di lucro una molecola da loro “scoperta” suscettibile di favorire un’azione positiva sull’ambiente. Per “ragioni” puramente commerciali ed economiche, l’Unione Europea adottò nel 1998 una direttiva sulla brevettabilità del vivente, in linea con quella americana, malgrado la forte opposizione di numerosi ed importanti ambienti scientifici, politici, culturali, sociali, umani, religiosi. Da allora, il fiume dei brevetti (più di 110 mila in totale quelli sul vivente e sull’intelligenza artificiale) ha straripato da tutte le parti favorendo una rapida e capillare appropriazione privata della proprietà e del governo della vita da parte dei detentori di brevetti (la stragrande maggioranza composta da imprese private “mondiali”).
Il caso dei brevetti sui vaccini anti Covid-19 è una conferma purtroppo drammatica dell’evaporazione della sovranità del popolo su tre livelli.
Il livello decisionale
È raro che le istituzioni parlamentari nazionali abbiano preso parte direttamente e significativamente alle decisioni in materia di promozione e finanziamento della ricerca e dello sviluppo dei medicinali e della loro produzione (da chi, dove, quante dosi, come finanziarla...). Tutto è stato deciso da comitati “tecnici”, spesso misti (pubblici e privati), dominati dai rappresentanti dell’industria farmaceutica e del mondo della finanza. In questo contesto gli scienziati hanno agito come servitori ed i governi come notai di sostegno adottando legislazioni a forza di decreti governativi e riducendo così a poco o nulla il ruolo delle istituzioni parlamentari.
Il livello di condivisione delle conoscenze e dell’informazione
Non solo non ha partecipato ma il popolo è stato sistematicamente ignorato e mantenuto nell’ignoranza. Il Parlamento europeo ha dovuto battere i pugni sul tavolo per ottenere l’accesso ai contratti/accordi firmati con un pugno d’imprese farmaceutiche mondiali dai poteri pubblici europei, in nome di 650 milioni di cittadini. E quando hanno ottenuto di consultare il contratto con AstraZeneca (multinazionale anglo-svedese), il testo è stato occultato, reso illeggibile per il 90% del contratto. Il Parlamento europeo è stato ridicolizzato e la Commissione si è resa responsabile di detta ridicolizzazione. Uno scandalo. La Commissione europea ha rivendicato l’obbligo del segreto imposto dalle imprese ed accettato dai poteri pubblici. Ma come possono i rappresentanti nominati dagli eletti del popolo accordare il diritto al segreto alle imprese e, dall’altro, negare l’accesso alle informazioni al popolo che è all’origine del loro potere? Ciò che è ancor più grave è che né i cittadini europei né la maggioranza degli europarlamentari si sono battuti per difendere fino in fondo il sacrosanto diritto del popolo all’informazione ed alla democrazia.2
Ancora oggi non si sa quanti miliardi di euro sono stati accordati a fondo perduto alle imprese private dai poteri pubblici. Quel che si sa è che certamente nessuna impresa farmaceutica occidentale avrebbe iniziato lo sviluppo e la produzione dei vaccini se non ci fossero stati i poteri pubblici a finanziarli. Il rifiuto di condividere le conoscenze e dare le informazioni pertinenti al popolo via i loro rappresentanti è un atto esplicito di violenza fatta al diritto alla conoscenza. Come può il popolo, come possono i cittadini agire in piena e libera coscienza se sono mantenuti nell’ignoranza? Su quale principio di legittimità i governi continuano ad affermare che non possono dare le informazioni pertinenti ai cittadini?
In un mondo sempre più scientificizzato e tecnologizzato, il diritto alla conoscenza pertinente è altrettanto fondamentale come il diritto all’acqua potabile ed all’aria. È gravissima la scelta fatta dai nostri governanti soprattutto perché da tempo essi affermano che i governi decidono in materia di salute pubblica sulla base di quanto dicono gli scienziati. Così facendo inculcano una concezione della politica, non solo nel campo della salute ma anche in quello dell’economia, dove la “ragione” principale determinante delle scelte politiche è la “ragione “di una conoscenza non condivisa, segreta, riservata agli addetti ai lavori (i tecnocrati). Una conoscenza incomprensibile alla quasi totalità della popolazione mondiale e, de facto, monopolio inespugnabile dei grandi signori della tecno-crazia finanziaria. Altrimenti detto, i governanti ammettono che la maggioranza degli esseri umani sono ignoranti e devono restare tali e che, come nel passato dovevano essenzialmente obbedire alla volontà ed alle ragioni di Dio, oggi debbono obbedire alle ragioni della scienza e della tecnologia.
Il livello di responsabilità
Secondo quanto affermato dalle imprese private, i poteri pubblici hanno accettato che le imprese non siano ritenute responsabili delle eventuali conseguenze negative dei vaccini ed “incidenti” imprevedibili. Gli Stati hanno deciso di farsene carico! I popoli non sono stati nemmeno avvisati. Altrimenti detto, non solo il popolo non è messo in condizione di partecipare alle decisioni e di assumere conseguentemente le sue responsabilità ma gli si imputa delle responsabilità gravi a sua insaputa e senza ricorso. La beffa della sovranità del popolo operata nel nome del regime attuale dei brevetti non poteva essere più avvilente.
Una sola proposta. Addio sovranità del popolo? No
I gruppi sociali dominanti dei Paesi più potenti pretendono che le loro decisioni sono dettate sulla base di ragioni scientifiche e tecniche. La scienza, dicono, e con essa la tecnologia, detta le scelte politiche. Dicono, imperterriti, che la sovranità del popolo appartiene al popolo ma si esprime attraverso la classe degli scienziati e dei tecnologi, in pratica attraverso la classe dei loro finanziatori e portatori d’interesse. Garantire il corretto funzionamento e la perennità di questo sistema è la funzione dei brevetti regolata dai Trattati TRIPs dell’OMC. il potere della scienza non è aperto, trasparente, condivisibile. È sempre più accentrato e escludente.
Siamo di fronte ad un massacro della democrazia. Certo, i vaccini, i medicinali non si concepiscono né si fanno nelle aule parlamentari né negli uffici ministeriali. Ma la politica della scienza, della salute, sì. Questa non si fa né si deve fare nei clubs dei portatori d’interesse al World Economic Forum, nelle Borse e nelle sedi degli azionisti delle imprese farmaceutiche e dell’industria del vivente, ma nelle “case dei cittadini”, nei dibattiti pubblici aperti, nelle commissioni dei rappresentanti eletti del popolo, nei referendum cittadini e popolari, nelle istituzioni di autogoverno.
La nostra proposta è la seguente: la lotta alla pandemia Covid-19 ed alle altre malattie sindemiche per il diritto universale alla salute, ed in particolare per l’abolizione dei brevetti, deve iscriversi in una lotta chiara e coerente, a tutti i livelli, di liberazione dell’umanità dal dominio dei gruppi sociali oggi imperanti. Questi sono costituiti dai gruppi sociali potenti sul piano finanziario il cui dominio è alimentato e rinforzato dai processi di concentrazione dell’appropriazione privata della potenza scientifica e tecnologica nelle mani di una ristretta cerchia di oligarchie mondiali. La loro pretesa “legittimità” al dominio si fonda sull’appropriazione privata ed il controllo della scienza e della tecnologia. È tempo non di transizione o di resilienza (resistenza e sopravvivenza ai terribili sconvolgimenti in corso) ma di liberazione dell’umanità dai “signori della vita” e dalle loro nuove forme di colonizzazione del mondo che sono all’origine dei mega sconvolgimenti e crisi attuali.
1 Messe assieme, le 20 persone più ricche del mondo hanno guadagnato circa 1,77 trilioni di dollari, ovvero 1.440 miliardi di euro in più rispetto al 2019, ed aumentato la loro ricchezza del 24% rispetto all’anno precedente. Solo 13 Paesi al mondo hanno un PIL superiore alla ricchezza personale dei 20 miliardiari più ricchi. Intollerabile. In cima alla classifica, Jeff Bezos, 56 anni, il capo di Amazon, vanta nel 2020 un patrimonio netto personale di 193,7 miliardi di dollari, in crescita del 68,7% rispetto al 2019. Solo 52 Paesi al mondo (su quasi 190) registrano un PIL più elevato Il sistema economico mondiale attuale è senza senso, da demolire.
2 Il 18 febbraio, grazie ad una fuga di notizie da fonte ignota, è stato possibile al programma TV Report di prendere visione del contratto con AstraZeneca senza cancellazioni ed occultazioni. È stata così confermata la chiara subordinazione dei poteri pubblici agli interessi delle imprese.