Entriamo nella Pinacoteca del Divisionismo di Tortona ed immaginiamo ci venga consegnato un invisibile filo che ci permetterà di viaggiare nel tempo e nello spazio. Partendo, infatti, dalle sue fondamenta di edificio del 1400, procediamo seguendo un percorso alla rovescia. All’interno della sala sotterranea della Pinacoteca, possiamo ammirarne gli scavi archeologici, al cospetto dei quali la nostra attenzione viene catturata dal lascito dedicato a Filiberto Minozzi: due deliziose teche di disegni e caricature ricche di rimandi al ‘pittore vagabondo’ accompagnano il dipinto: Giornata piovosa (1908), palese tentativo (riuscito) di dominare la luce.
Proseguendo nella sala, ci concediamo svariate soste retrò. In prima battuta le nuances liberty di Mattino (1908) di Camillo Innocenti. I suoi rimandi ai secessionisti viennesi e monacensi, ben dialogano con le opere di Gaetano Previati, nelle immediate vicinanze.
Il recente approdo del suo: Penombre (1889-91; anche noto come Il Bacio o Romeo e Giulietta) ci consente di ammirare una tela, per molto tempo facente parte di collezioni private, a cavallo tra le due stagioni del pittore ferrarese: quella romantica e quella divisionista. Le figure sono avvolte in un abbraccio che le fa sembrare un unico corpo. L’atmosfera è tragica, ultraterrena e le vesti si compenetrano grazie a magistrali giochi di ombre. A rendere ancor più evocativo l’effetto, le cornici di ispirazione preraffaellita che accompagnano le altre tele esposte di Previati.
Il nostro momento ideale a cavallo tra Secessione ed epoca vittoriana, ci ricorda l’eclettico filo in grado di condurci verso realtà sempre diverse, che continuiamo a tenere stretto. Ci troviamo, infatti, al cospetto di svariati autori che fecero propri i dettami del Divisionismo, ottenendo risultati estremamente eterogenei.
È il caso del Paesaggio (1900) di Balla, dalla pennellata frenetica che ben fa presagire quali saranno i risvolti della sua opera… o de L’ora nostalgica sul Mè-Nam (1912-13) di Galileo Chini. La strabiliante illuminazione della Pinacoteca ci consente di ‘vivere’ la nostalgia evocata dalla tela, di assaporarne l’emozione, osservando la tela da angolazioni diverse. Un’atmosfera sospesa indimenticabile ed onirica dalla quale è, allo stesso tempo, bello risvegliarsi al cospetto di Festa al Villaggio (1912-13) di Plinio Nomellini. Incantevole momento fauve attraverso il quale il pittore livornese prende le distanze dal periodo ‘pellizziano’ delle denunce sociali.
La visita ci consente di ammirare anche un altro artista legato a Pellizza: Matteo Olivero, pittore accegliese presente in Pinacoteca con Suburbio (1920) e Strada al sole (1908-10).
Olivero e Pellizza furono grandi amici in vita e meritano l’apertura di una piccola parentesi, consentendoci di uscire brevemente dal seminato e sottolineare la possibilità di visitare altri due luoghi, strettamente correlati al Divisionismo.
Il primo è la Casa-Museo di Pellizza a Volpedo (AL), la quale riaprirà i battenti il 30 agosto ed è pronta ad offrire interessanti spunti di riflessione sul modus operandi del pittore. Il secondo è la Pinacoteca dedicata ad Olivero, a Saluzzo, la quale raggruppa il maggior numero di opere del pittore sul territorio ed è ubicata proprio di fronte a quella che fu la sua abitazione-atelier sulla Salita al Castello.
L’excursus dedicato agli atelier, ci riporta sui nostri passi, alla Sala Barabino della pinacoteca tortonese. La pennellata mistico-religiosa impalpabile di Paolo Barabino ci ricorda che possiamo scoprirne di più e recarci la prima domenica del mese, a Casa Barabino. Lo scopo è quello di mantenere alti i livelli di stupore del visitatore, grazie alla ricchezza delle proposte, che comprendono – altresì – la Gipsoteca Aghemo (anch’essa aperta la prima domenica del mese).
Concludiamo la nostra visita a ritroso, avviandoci verso la prima sala della Pinacoteca del Divisionismo. Una stanza mozzafiato, con ritratti eseguiti da Pellizza, il busto di Segantini ad opera di Troubetzkoy, nonché una spettacolare chicca che non mancherà di stupire il visitatore: Natura morta con frutta candita e caramelle (1887) di Emilio Longoni. L’opera, precedentemente appartenente alla Collezione Treves, è ricca di suggestioni. Eterna nel suo cercare di coinvolgere tutti i nostri sensi, lasciandoci bramosi di tornare a visitare questo imprescindibile gioiello.