Perché l'arte aumenta il suo valore nel tempo?
Perché un oggetto di design entra nella logica delle gallerie e nei giochi di rimando qualitativo che il tempo addiziona?
Perchè la Moda con la maiuscola non può confrontarsi con questa scala valoriale?
Forse perché è espressione di quel narcisismo che rifugge la diffusione dell'immagine pur innescandone il meccanismo? La logica della distinzione che produce la continua mutazione della moda e che ne regola le dinamiche comportamentali, implica l'emulazione di quanto, per carattere ed iconica influenza, ci determina nel nostro agire. Questa determinazione si veste delle logiche abitative dell'immagine e si dilata a macchia d'olio alla ricerca di una riconoscibilità e accettazione che è comunque, o in parte, di disturbo per chi ne ha avuto la primogenitura.
Resta un fatto: per costruire un progetto serve della materia prima e una visione.
La rilevanza di tale visione sarà frutto di un'applicazione profonda e coordinata con il bisogno sociale e la sua verità.
La qualità formale e costruttiva di un oggetto nasce come fronte di un ambito che è quello del soddisfare una funzione, al di là dell'appartenenza ad un settore, per raccontare di un desiderio conoscitivo ed espressivo della forma. Il passaggio temporale che la riguarda è forza aggiuntiva di quel senso di appartenenza identificativa, che travalica Kronos, e si fa riconoscere nella sua tracciabilità storica.
L'arte ci racconta di come l'uomo “emoziona di vita la vita” attraverso l'espressione della bellezza totale, del sentimento del suo tempo verso quello a venire. Il design si applica al medesimo sentore attraverso le funzioni dei soggetti di cui esprime l'esistenza: addizionando il saper fare al saper vivere.
Per quanto riguarda il tema del fashion lavorare sull'anatomia è il compito che si prefigura l'attività sartoriale ed il design che con essa si manifesta. Ma se decidiamo che sia solo traccia anatomica ci sbagliamo di grosso.
La moda è un vero stato d'animo.
Essa possiede una sua fierezza rappresentativa e un suo sviluppo arcuato, che la fa esistere per stagioni, con l'applicazione di norme planimetrico ingegneristiche che si riferiscono al suo taglio e costruzione e che attraversano lo scibile della materia che per essa è più consona: il tessuto con i suoi derivati e affini. In questo gioca un ruolo sostanziale il colore, che è anche cromia emotiva e che respira dei condizionamenti sociali da cui trae comportamento.
Il concetto di recupero archivistico che investe la moda, in questi ultimi anni, si racconta attraverso il bisogno di certezze e dunque il noto rispetto all'ignoto, ma anche principi fondamentali dell'esistere formale. Ciò che si è storicizzato, del settore abbigliamento e accessori, vive dei suoi primati e della sua verticalità narrativa.
Questi primati non terminano con la stagione in cui sono stati proposti, ma respirano in un oltre temporale che li fa declinare alle generazioni successive.
Il “Fine Stagione” è sempre più letto come conclusione di una esperienza di stile e declassato a magazzino e giacenze che non guardano a quello che era “Il fine della stagione”: ossia l'orizzonte come finalità elaborativa di un'emozione. Com'è possibile che tutto, indistintamente, nel settore moda, sia sottoposto alla legge del ribasso?
Quello che è uno stile prodotto ad un anno di distanza rispetto alla sua presenza sociale, e valutato ergonomicamente, cromaticamente e nei suoi materiali per una funzione ed il suo fremito, legato ad astrazioni geometrico-comportamentali, subodorate così da lontano, ed in maniera tanto sorprendente ed a volte formidabile, perchè deve venire declassato dalla legge del saldo? A maggior ragione oggi che la merce va in promozione quando quel tempo protagonista di visioni avveniristiche è ancora nel pieno del suo svolgimento?
Cosa significa scontare creazioni che vivono di una progettualità edificativa che comporta l'insieme armonico e qualitativo di “Materia, Struttura e Colore”?
Tracce indelebili del nostro passaggio sulla terra, come manifesti d'identità e personalità, non possono subire una dequalificazione esattamente perchè frutto, come le altre discipline di un atteggiamento produttivo di valore.
Le forme dell'Alta Moda, o di quello che definiamo Prêt-à-Porter, per come Cardin e Saint Laurent lo avevano impostato negli anni '60, non possono essere soggette a sterili decostruzioni economiche, ma restano porte di accesso a bisogni che ciclicamente ritornano come avviene per la forma dell'arredo o dell'architettura.
Se l'abito è semantica ha in tale misura un suo rilievo e dobbiamo credere nella sua possibilità di scavallamento del tempo in cui è nato perchè testimonianza di un atteggiamento qualitativo del vivere.
Possedere collezioni che hanno esercitato la mente nell'applicazione allo stile è un valore che qualifica le scelte dell'uomo come atemporali per fare di esso un essere non legato al consumo ma alla forma di cui è natura.
L'arte ed il design, in genere, si esprimono in questa direzione da sempre e la moda può imparare da queste forme espressive a viversi con qualità assoluta.
Si potrebbe obiettare che con più un'immagine si diffonde meno si distingue, ma di fatto le prime e archetipiche esperienze che di essa si sono prodotte restano tracce indelebili di un'emozione sociale che dall'abito si evince.
Auspicabile è una forma di collezionismo che ponga l'essere umano come antropologo del suo modo di manifestarsi e cosciente di quanto tale forma sia sostanza d'identità. Non tanto legata a tutto quanto uno acquista, ma a quella parte che rappresenta un modello comportamentale dello stile.
Non possiamo legare ai costi di magazzino il concetto stilistico e progettuale dei massimi creatori di moda del panorama internazionale e dunque spingere perché questi contenitori si svuotino ad ogni costo. Vi sono molti esempi che possono essere valutati e rivalutati nel tempo.
L'arte qualifica l'immaginazione di chi la crea così come di chi la possiede. Lo stesso vale per la moda e la sua morfologia.
Vi è un carattere rivoluzionario nel vestire che ben si manifesta in età adolescenziale e si riflette nelle scelte di vita che ognuno compie, ma anche l'impronta del passato.
Questo atteggiamento lascia che le tracce del singolo si fondano con quelle universali dello stile dettato dai maestri della moda e dalle correnti più conclamate.
Non dovremmo dequalificare quanto accade su di una passerella, perchè ritenuto di fine stagione, perchè spesso accade che certe esperienze siano già modello universale di creatività.
Il cappotto giallo di Prada indossato, il 20 gennaio 2021, dalla poetessa afroamericana Amanda Gorman era su di lei, in quel giorno di portata storica, ma anche in saldo sui siti di vendita online e nei negozi. Questo è forse un giusto indicatore del rilievo di quell'immagine in quel momento? Che valore diamo ai simboli?
Un capo di abbigliamento traccia la figura rappresentativa di un evento e con evento s'intende la totalità di ciò che vede l'essere umano protagonista.
Da Audrey Hepburn, in Givenchy, per Colazione da Tiffany, a Catherine Deneuve, in Saint Laurent, per Bella di giorno, sino alla Tilda Swinton di Io sono l'amore, in Jil Sander, passando per Marguerite Yourcenar, all'Accademia Di Francia, vestita anch'essa da Saint Laurent e Rita Levi Montalcini, in Capucci, per il Nobel a Stoccolma, o Elisabeth Hurley, in Versace, per la prima di Quattro matrimoni e un funerale: ognuna di queste signore ha vestito e si è rappresentata negli eventi con un modello archetipale di stile.
Donne ma anche uomini: da Richard Gere, in Giorgio Armani, per American Gigolo, a Kevin Costner e Sean Connery, anch'essi in Armani, per Gli Intoccabili, passando ai danzatori contemporanei di William Forsythe, in Miyake, o gli U2, in Walter van Beirendonck, per il tour Pop-Mart del 1997, e David Bowie anch'esso in tour vestito Slimane, sino ad un formalissimo Dario Fo, in Ferré, per il conferimento del Nobel per la Letteratura, nel 1997.
L'elenco di coloro che hanno cristallizzato un momento della loro vita tracciandolo con la semantica della moda è infinito.
Come si modelli un tale settore e come si modelli ogni componente che diviene espressione di un'emozione assoluta, in tale ambito, è argomento che non concede svalutazioni e sbavature.
Ragionare su “quanto si produce e si propone” e sul “come” è sempre più necessario.
Sapere che una manica è frutto di un progetto è un dovere verso la percezione del valore che diamo all'idea ed al principio che la governa.
Tale atteggiamento deve essere presenza di prim'ordine nella “mutazione genetica” che questo nostro tempo ci porta a vivere per riqualificare la “forma” come essenza della “sostanza” e la “longevità” nuovo parametro dell'emozione che lo “stile” da sempre insegna.