In politica tante parole, tante urla, tante scene alle quali non avremmo voluto assistere. E dopo tutto questo, è cresciuto nell’animo di ogni italiano un profondo desiderio di pulizia, di semplicità, di sostanza. In una parola sola, di sobrietà.
L’attenzione alle modalità comunicative, ai messaggi ad effetto, alle presenze sui social, ai protagonismi… diciamocelo, tutto ciò è stato pesante e duro da sopportare. Il nostro Paese ha scoperto di avere bisogno di altro. Ha bisogno di serietà e di sostanza. Quando si dice che ci sono grossi problemi nel nostro Paese certamente si intende fare riferimento alla necessità di risolvere questioni aperte ed insolute, spesso trascinate o bloccate da farraginosi meccanismi burocratici. Tutto questo, senz’altro vero ed urgente, si associa ad un altro elemento, che non è sociale, politico o economico, ma che ha una natura francamente psicologica: il bisogno di sobrietà.
A tutto l’eccesso che abbiamo vissuto finora e sul quale si è accanita anche la pandemia, ora fa seguito un profondo bisogno di sobrietà: moderare i toni, abbassare la voce, tacere se non occorre parlare, esprimersi in maniera semplice e sintetica, dire cose utili, rispettare i ruoli istituzionali, rispettare l’altro, tenere un comportamento civile, contenuto nei modi e nei toni.
Riporto alcune parole significative, tratte dal discorso tenuto dall’allora Presidente Napolitano in occasione della cerimonia commemorativa del 50° anniversario della morte di Luigi Einaudi (discorso tenuto a Dogliani l’8 ottobre 2011, cit. dal sito Presidenza della Repubblica).
Continuo a riflettere sulla lezione e ad attingere all’esempio di rigore e sobrietà del Presidente Einaudi. (…) Aspetti importanti sono stati messi a fuoco negli atti di recente pubblicati del convegno della Banca d’Italia (…). Occorre portare avanti questo sforzo di valorizzazione piena e unitaria del lascito di ispirazioni e ideali propriamente einaudiano. Dovrebbe essere chiaro che ci sono insegnamenti e suggestioni da trarne, superando schemi duri a morire, per un moderno approccio riformista che non può comunque non essere europeista (…) e c’è bisogno di questi nutrimenti per portare la politica e la dialettica politica nelle nostre istituzioni, al livello di dignità e nobiltà cui debbono aspirare.
È soprattutto di dignità e nobiltà che abbiamo bisogno anche oggi, di elevare il livello del linguaggio, dei modi e delle azioni.
Il nostro Paese merita un alto livello, un operare sobrio, contenuto, merita un livello di dignità adeguato al portato culturale di cui la nostra terra è stata ed è capace, grazie alle menti fertili di idee, alla capacità creativa, all’inventiva che da sempre hanno segnato il passo dell’evoluzione sociale, culturale, artistica. L’Umanesimo di cui noi italiani siamo portatori deve potersi esprimere, a livello nazionale ed internazionale, nella maniera più consona a quella popolazione che è certamente in grado di essere la guida di una compagine europea.
Dal punto di vista psicologico, dunque, la sobrietà è oggi un segno di dignità, che acquista la valenza di una vera e propria presa di coscienza, di un senso del Sé pieno, coerente e forte, di una capacità e di una potenzialità che vanno riscoperte.