Siamo comete che splendono in una galassia insoluta.
Si chiama L'anima fa rumore, l'intrigante progetto musicale del video artista Michele Pastrello. Il disco - che abbiamo ascoltato in anteprima - è un’esperienza sonora e visiva che spazia dall’ambient-pop, all’electroclash fino al synthpop, suddiviso in tre capitoli: L’umanità, L’amore e La via, che investigano con indole introspettiva l’animo umano.
L’enigma dell’Universo, viene qui celebrato in termini di suggestioni, di immagini e di parole in brani come Andromeda, Cassiopea e Chioma di Berenice che, riprendendo nomi di corpi celesti, riflettono ed hanno ispirato l'animo sognante del videomaker veneto. In anteprima vi presentiamo il singolo Origine, scritto, musicato e diretto dallo stesso Pastrello, con cui è riuscito a creare una costellazione di anime, fatta di sguardi di donne e di uomini comuni che scrutano la macchina da presa, ma che sono destinate a incontrarsi ai confini della notte. E in questi tempi di epidemia, la forza dello sguardo, perduto, richiede di essere preservata. Ne abbiamo parlato con Michele.
Il testo di Origine ha qualcosa di psicoanalitico, come è nato il brano?
La musica di Origine l’ho composta diversi anni fa, ma è rimasta tra le mura di casa fino a poco tempo fa, quando poi ho scritto il testo, sicuramente uno dei due più intimi brani dell’intero disco. Rappresenta un dialogo nella dualità interiore di un essere umano, tra il sé adulto e l’ingombrante sé “difensore”, probabilmente creatosi da bambino e mai affrancatosi nel tempo.
Il video di Origine colpisce. È stato anche molto impegnativo da realizzare, dato l’alto numero di persone che hai filmato. È un po' come una costellazione in fondo, perché è un insieme di corpi che formano un legame tra anime che non si conoscono, perciò si può dire che con Origine hai disegnato una costellazione umana?
Sì, in qualche modo sì, e nella parte finale del video c’è anche il suo Big Bang. Quando ho lavorato alla creazione del video ho pensato che il significato del testo della canzone dovesse rappresentare visivamente ciò che la maggior parte degli esseri umani affrontano in silenzio: le loro cicatrici, i loro scudi, i loro tempi lunghi per regolare i conti. Perciò sì, ho pensato che Origine potesse essere come una costellazione di sguardi nella sfera celeste della condizione umana. Ed oggi, il video secondo me è paradossalmente molto, come dire, attuale.
Michele, ti conosciamo come autore e regista di microfilm e videoclip, ci racconti come è nata l'idea di realizzare L'anima fa rumore?
Devi sapere che, prima del cinema, la prima arte che è entrata nella mia vita è stata la musica. Ho cominciato a suonare il piano e poi la tastiera elettronica molto presto, da bambino. La musica è sempre stata un affare privato per me, anche se poi è stata molto presente nel mio lavoro da regista. Ho pensato che era tempo di rivelare anche quest’altra parte di me. Poi sono sempre stato amante della musica ambient e di quella elettronica, sono cresciuto con i Pet Shop Boys, Frankie Goes To Hollywood, Michael Cretu e gli A-ha.
Il disco, dicevamo, è diviso in tre capitoli: L’umanità, L’amore e La via. Ognuno dei capitoli ha dei brani cantati ed altri solo strumentali, forse questa scelta è in parte anche legata alla tua regia, spesso contraddistinta dall'assenza di parole?
Sì. L’anima fa rumore è un progetto artistico, perciò ha più sfaccettature. Non desideravo scrivere solo canzoni, avevo bisogno, in alcuni brani, di mettere da parte le parole e lasciare che suoni e ritmi entrassero nell’immaginazione dell’ascoltatore, in modo che fosse lui stesso a metterci le “sue” parole. Ovviamente, come molti musicisti, mi piacerebbe che la fruizione del disco sia vissuta dall’inizio alla fine, dato che ogni brano è inserito con un’irrazionale logica emotiva. L’umanità è la parte con i testi più ombrosi mentre L’amore è quella più sognante. La via inizia con la vigorosa rivoluzione femminista del brano Sei fatta di donna ma anche – come nel brano Ad una parte di me – con quella più subcosciente ed introspettiva, altrettanto necessaria.
“Siamo qualcosa di interessante// siamo una scintilla inimmaginabile // sognatori di ordini e di disordini // ci sentiamo così smarriti, così persi, così deboli // eppure siamo così forti, così pieni, così amati // siamo comete che splendono in una galassia insoluta”. L'LP si apre con Supernova, la prima track che vanta una collaborazione speciale, la voce di Erika Blanc. Come è nato il testo?
Volevo che l’apertura del disco fosse la sinossi del disco stesso, la sua essenza nucleare. Ho scritto il testo in una mattina di pioggia, al bar innanzi ad un caffè. Ma quel testo, senza la voce intensa di Erika Blanc, non avrebbe la stessa forza che ha ora.
Sei fatta di donna è un inno alla forza femminile, in tutte le sue sfumature, c'è forse anche un riferimento alla violenza sulle donne?
In effetti è la canzone, per quanto riguarda il testo, più aliena del disco. È stato il primo singolo pubblicato a gennaio 2020, forse, perché il disco non era ancora ben definito. Eppure, questa riflessione di riscatto femminile ha un senso nel progetto. Ci sono dati, non tesi, nella nostra bella Europa che raccontano della disuguaglianza di genere ancora presente. Il video di Sei fatta di donna, che ho diretto, ha un messaggio preciso: l’unione fa la forza, concetto che, credo, metta d’accordo un po’ le donne di tutti i tempi, perché è nell’unione e non nella frammentazione che si può correggere questo mondo.
Quasi tutte le canzoni dell'album hanno un nome stellare o legato al mondo notturno, così misterioso e magico. Hai scritto o composto di notte?
Sì. Tutti i brani sono stati composti di notte, sono brani notturni per me, anche quelli che sono prepotentemente ritmati. I nomi delle costellazioni sono perfetti per trasmettere l’idea che quando L’anima fa rumore, ci troviamo immancabilmente a sospirare innanzi al tetto di stelle. Lei, l’anima, quando qualcosa non va non smette di ricordarcelo.
La protagonista del videoclip di Dono, è tua madre. Non è la prima volta che decidi di realizzare un video con un tuo caro. Nel bellissimo microfilm Nexus, il protagonista infatti è tuo padre. Come spieghi queste scelte?
Sono dure progetti diversi: Nexus è nato come cortometraggio “astratto”, mentre Dono è un videoclip molto più concreto. Vero, li ho realizzati chiedendo ai miei genitori, ormai anziani, di mettersi innanzi alla macchina da presa, ma non so dirti il vero motivo di questa scelta. Forse perché sapevo cosa potevo ottenere da loro o forse perché inconsciamente sentivo la necessità di farlo. Certamente ambedue mi hanno stupito per la loro resa scenica.
A proposito di dono, ci sarà anche un libretto fotografico in formato e-book, in cui ci saranno 15 tuoi scatti dedicati ad ognuno dei 15 brani.
Sì, per chi vorrà ascoltare questo mio viaggio musicale, ci sarà un e-book, sul mio sito, con testi e foto di ognuno dei brani cantati, così da potersi inoltrare più facilmente nelle parole dei brani e osservare le immagini, per me, più rappresentative di ogni traccia.