La retrospettiva Short -Circuits dedicata a Chen Zhen, una delle figure di spicco della scena artistica internazionale e sviluppata dalla curatela di Vincente Todolì, come un’esplorazione immersiva, attraverso più di venti grandi installazioni, tra lavori più significativi, eseguiti tra il 1991 e il 2000, si snoda nei 5.500 metri quadrati delle Navate e del Cubo Pirelli Hangar Bicocca.
Il percorso presenta opere create dall’accostamento di oggetti quotidiani come letti, sedie, giornali, tavoli, vestiti e materiali eterogenei, come legno argilla, acqua, tessuti e vetro, mostrando la personale visione dell’artista dell’esperienza umana nella sua complessità. Il fenomeno del cortocircuito a cui si ispira il titolo, si basa sul metodo creativo caro a Chen Zhen dove le molteplici interpretazioni che emergono dall’incontro di idee ed elementi esprimono concetti come tradizione e modernità, centro e periferia, spiritualità e consumismo.
Nato a Shangai nel 1955 e cresciuto durante la Rivoluzione culturale in Cina in una famiglia di medici nel territorio della Concessione francese della città, l’autore si trasferisce a Parigi nel 1986 e, dalla pratica pittorica passa alla realizzazione di installazioni. Ma la sua intera produzione è segnata da una malattia, una forma di anemia emolitica che gli viene diagnosticata a 25 anni (muore a Parigi nel 2000), un’esperienza traumatica che influisce sulla sua percezione del valore del tempo e pone al centro della sua ricerca l’indagine sui diversi approcci della medicina orientale e occidentale.
Xu Min, la moglie di Chen Zhen racconta l’anima dell’artista: “Non sapeva quanto tempo sarebbe vissuto e ogni giorno della sua vita era concentrato sulla sua arte, su ogni opera, concepita come una missione. Guidato dalla passione e da un’energia positiva, aveva uno spirito molto aperto e quella visione lungimirante, caratteristica delle menti creative. Ed era in grado di cogliere il punto di forza delle persone che incontrava”.
Un artista che ha sempre cercato di trovare una sintesi visiva per integrare le caratteristiche estetiche del suo paese di origine, la Cina, con quelle dei luoghi con cui è entrato in contatto, in uno scambio fluido e costante tra pensiero orientale e quello occidentale.
Ecco una delle sue riflessioni personali: “Mi sembra che nessuna forza e nessuna influenza siano più importanti dell’esperienza personale. Tutta la complessità del mio lavoro deriva infatti dalla complessità della mia esperienza”.
Precursore dei tempi, celebrato dai più importanti musei della terra, anticipatore della complessità socio-politica del mondo di oggi e dei temi più scottanti, dalla globalizzazione al consumismo, dal rapporto con la tradizione all’incontro tra diverse culture, Chen Zhen si presenta fino al 21 febbraio 2021 all’Hangar Bicocca con le sue opere, prestate da prestigiose istituzioni e collezioni italiane e internazionali, espressione di una grande potenza visiva. A partire da Jue Chang, Dancing Body -Drumming Mind (The Last Song) del 2000 – l’opera allude a temi legati alla cura del corpo e dello spirito – una monumentale installazione composta da letti, sedie e sgabelli rivestiti di pelle di vacca che nell’insieme richiama uno strumento a percussione e viene attivata da danzatori con lo sfioramento e la percussione delle pelli con le mani. È stata realizzata con elementi provenienti da luoghi e contesti differenti ed è un’installazione relazionale, definita così da Chen Zen.
La trasformazione della Cina in una società capitalista e consumistica è ben rappresentata da FuDao/Fu Dao, Upside-Down Buddha/Arrival at Good Fortune, 1997, una struttura che richiama quella di un tempio buddista, alta tre metri dove, appesi a fitti rami di bambù, sono sospesi oggetti di vita quotidiana come parti di auto, elementi elettronici e una bici e numerose statuette di Budda a testa in giù.
Oppure Jardin-Lavoir, 2000, giardino meditativo popolato da 11 letti pieni di acqua e ricolmi di oggetti come televisori, scarpe, libri o giocattoli. E l’acqua, collegata a un impianto idraulico, cade goccia dopo goccia. Come spiega Chen Zhen: “L’acqua diventa lo spirito del luogo trasformando il sito in un giardino di purificazione. I letti-bacini sono una metafora del corpo umano e della materializzazione dell’esistenza: vi si attua un processo perenne di abluzione e terapia naturale”.
In una conversazione con l’artista Daniel Buren, Chen Zhen parla della relazione tra globalizzazione e arte contemporanea e rivela la sua capacità di vedere oltre i confini del quotidiano: “Sì, in questo caso, dunque, la trasposizione, il transfert culturale nel mondo intero è un fenomeno interessante e quasi irreversibile. Le diverse culture si incontreranno. Per me è una chiave per parlare della nozione di arte contemporanea. Credo che il costituirsi di una seconda tradizione sarà una grande manifestazione in tutti i Paesi non occidentali”.