L’antenata si manifesta sulla soglia. Fra Hestia che ravviva i tizzoni nel focolare e Hermes che vagabonda per le strade del mondo, lei giunge in visita, nel tempo sognante e sognato. Porta un anello di ametista, che schiude le visioni, e le sue mani sono segnate, come da stimmate, dalla sofferenza conosciuta e toccata. Ha tre pietre per guarire e dita che decifrano gli enigmi che l’intelletto mai risolverà. L’antenata rivolge alla fanciulla parole che lei non comprende, o forse invece sa: e lei fiorisce. Un tempo la vecchia è stata la fanciulla, un giorno la fanciulla sarà la vecchia.

Le pietre che da sempre possiede, quando il mondo era antico sono state custodite dai Dattili, titaniche dita primordiali emerse dal suolo con unghie sporche di nera materia, per fare da levatrici alla Dea. La donna è strana e bellissima, terrifica e seducente: l’intero cosmo e le galassie sono contenute nel suo corpo, sul volto si incrociano strade calcate dalle orme di infinite generazioni. È un corpo labirinto, il suo.

La Veggente, a sua volta, è stata iniziata da maestre ancora più antiche. Da loro ha inteso come si ammansiscono le belve feroci, come si parla agli uccelli. Sulla fronte della fanciulla pone una pietra rossa, poi una argentata. O forse sono stelle? È un’iniziazione, un’investitura di potere. La terza stella, o pietra, deve dare compimento al rito, ma questa liturgia viene inopportunamente interrotta. Forse, ancora non è tempo. Intanto, dal silenzio sorge una melodia delicata, incantatoria. C’è una musicante, nel sogno. Emerge da acque tumultuose ma è ieratica come la colonna di un tempio. È priva di testa, poiché è testimone di una dimensione nella quale la ragione abdica.

Forse è la musicante che invita a varcare la soglia dell’oltre-tempo… Forse emette note della sacra armonia che tiene tutto orchestrato per via di perpetuo miracolo.

(Octavia)

L’antenata si manifesta in un sogno di Octavia e in un sogno di mia figlia Carlotta. In limine. All’una reca le pietre, all’altra le stelle. È la madre della madre, o forse appartiene a una genealogia ancora più vetusta. E il loro sogno diventa un sogno collettivo, nel quale confluisce la materia misteriosa che il sapiente lavorio di mani femminili ha avvolto sul fuso di Ananke, trasformandola in filatura e poi in trama di vita. Porgendo l’orecchio al suono soave, un’arte misteriosa trasfigura le note in immagini e le porta alla luce. L’opera prende forma, è compiuta quando “canta” all’unisono con la melodia.

L’antenata è, nel mio intendere, la facoltà di una narrazione ricamata con il sangue nel proprio ritmo vitale nel suo pulsare. Specchio per l’intimo possibile, in cui rifrangersi come spuma del mare. Le mie antenate sono il ventre che mi genera e per averle create mi sono figlie, ma in virtù dell’essermi anche genitrici sono ad invitare il mio passo verso il mondo. Passo che potrà essere più radicato perché mi sono le nutrici, sostenendomi, seppure in sogno. Possiedono, per vita tessuta insieme, i semi del fiorire delle mie risorse a partire da una ferita celeste. Mi offrono molti doni, ma mi trattengono in ostaggio per patto d’amore. Sono quindi le mie radici di relazione con la vita tutta e i tesori che bruciano nell’ombra. Le dipingo per potere riconoscere quel loro sguardo ineffabile che è vertigine e visibilio per il silenzio che scorre al di sotto del cemento. Quando affondo in loro, io riconosco il mio nome.

(Octavia)

La Donna Che Sa ha il volto di Ecate la mediatrice, che abita fra i due mondi e dorme con un piede sulla soglia. L’unica che può essere raggiunta dal grido disperato della fanciulla Kore. L’unica che, porgendole la mano sulla porta degli inferi, può indicarle la strada reggendo la fiaccola, sussurrarle che può essere profetessa e strega.