C’è l’uomo nelle mie opere,
ma è un fantasma
che si rivolge ai suoi oggetti,
ai suoi strumenti,
e silente li accarezza.(cit. da Destino di Maurizio Fantoni)
Maurizio Fantoni, artista eclettico di origine udinese, si può tranquillamente considerare uno dei pochi esperti italiani ormai rimasti dell’arte incisoria.
Probabilmente, se un grande Maestro come Albrecht Dürer, incisore tedesco della fine del ‘400, potesse vedere come le cose si siano sviluppate nel corso del tempo, si rivolterebbe nella tomba dalla delusione. Infatti, perlomeno in Italia, sembra che questa tecnica sia quasi completamente scomparsa. Si potrebbe pressoché definire una sorta di “Cenerentola”, la sfortunata tra le arti, un’arte minore, eppure fu molto usata in età preistorica, sia sulla ceramica per le incisioni a crudo e a secco, che sulla pietra per le incisioni rupestri. In età classica fu impiegata nella decorazione dei metalli, delle pareti e nella ceramica greca per la rappresentazione di figure nere.
Dal Rinascimento ad oggi la tecnica incisoria viene invece usata per la preparazione di matrici per la stampa, quindi assume un utilizzo completamente diverso rispetto alle precedenti applicazioni decorative. La stampa di un’incisione possiede in realtà tutti i canoni della creazione artistica. L’operazione è molto complessa dato che all'incisore manca il controllo completo del suo lavoro che è obbligato a svolgere a rovescio e in inesplicabili condizioni di visibilità. Ora è diventato così semplice riprodurre un’immagine che viene spontaneo chiederci a che scopo dover fare tanta fatica.
A questo punto direi di rivolgerci al Maestro Fantoni, per capire meglio questa affascinante, ma allo stesso tempo complicata e faticosa tecnica di stampa.
Ci potrebbe spiegare brevemente le caratteristiche principali dell’incisione ed illustrare le varie tecniche incisorie?
L'incisione di matrici metalliche, lignee e plastiche comprese in quest’ultimo secolo, ha del “magico” e come tutte le arti resta legata indissolubilmente alle capacità e alla creatività e naturalmente all'esperienza, non poca, di chi affronta questa particolare tecnica espressiva. Slegata ormai dall'essere utilizzata solo come illustrazione è entrata a viva forza nell’immaginazione e nell’operatività di molti artisti.
L'incisione non s’improvvisa, bensì richiede un particolare impegno e conoscenza dei procedimenti necessari per arrivare poi ad un’opera finita. Diversi sono i metodi con cui si può affrontare un “lavoro” che si possa definire incisione: per prima cosa è importante saper scegliere il metodo incisorio più adatto e vicino al proprio modo di esprimersi.
Tante sono le tecniche per creare un’incisione: quattro le principali, mentre sono infinite le “sfumature” operative. Ogni artista incisore, che si definisca tale, poi fa sua questa esperienza, la personalizza, infatti come per un artista pittore che crea la sua “tavolozza” espressiva, l'incisore ne definisce il carattere utilizzando il segno come mezzo e non solo. Sono le campiture (stesura uniforme del colore che serve di sfondo all'immagine rappresentata) che si trasformano con le graniture (preparazione della lastra) e l'intervento dell'acido nitrico in infinite sfumature; il metallo prende vita e si trasforma in superficie lignea, acqua corrente, muro scrostato. Nel mio caso dipingo incidendo le matrici con l'uso dell'acido nitrico diluito. La mia pittura è diventata incisione; i colori della tavolozza sono solo il nero bruno del bitume appositamente trattato e utilizzato con i pennelli per definire le mie creazioni, ma conservando i tratti propri della pennellata, e non solo, a volte vigorosi, a volte intimi e delicati come un leggero soffio di vento.
Chi ricerca e sperimenta, per definire il più personale ed appropriato metodo, indaga queste possibilità. Poi sceglie. Il vero artista incisore, a mio avviso, è chi incide di pugno, chi trasferisce l'azione, l'impeto, il pensiero guidandone l'espressione.
Ogni artista deve acquisire una tecnica, perfezionarla, personalizzarla. Per creare immagini può optare per le tecniche calcografiche (prevedono l’utilizzo di matrici metalliche come zinco e rame). Il termine deriva dal greco e “calcos” significa rame. Per tracciare il segno sulla matrice metallica, sin dal Cinquecento, si impiega l’acido nitrico (“acquafortis”). “Acquaforte” è il nome con cui si definisce questo tipo di incisione.
La “puntasecca” è invece l'incisione di matrici metalliche mediante punte d'acciaio affilatissime simili a robusti aghi. Il risultato di questa azione si nota nella fase di riproduzione. La stampa risulta caratterizzata da un segno velato, particolarissimo.
La “litografia” (dal greco “litos”, pietra e “grafos”, scrittura) è la tecnica di riproduzione di un’immagine in pian0: la pietra non viene incisa, ma disegnata con una matita grassa, oleosa o a base di cera ed il disegno realizzato viene fissato sulla superficie pietrosa e levigata attraverso alcuni procedimenti chimici che ne rendono indelebile il disegno. Quindi si passa alla fase di inchiostrazione e successivamente di stampa sovrapponendo al disegno un foglio che verrà appositamente pressato.
La “xilografia” (dal greco “xilos”, legno e “grafos”, scrittura) prevede l'utilizzo di tavole di legno duro che verranno incise dall'autore con l'uso di affilatissimi scalpellini detti “sgorbie”. Si tratta di una tecnica molto particolare che “gioca” sul rapporto fra bianco e nero, positivo e negativo. È sicuramente la tecnica più antica, utilizzata dai cinesi per stampare i meravigliosi decori dei loro tessuti, conosciuta ancor prima dell'evento della stampa in occidente.
La “serigrafia” prevede l’impiego di telai in legno o metallo. Vi si stende una finissima tela di seta a trama semplice e quindi la si mette in tensione. Sul tessuto viene riportato il disegno da riprodurre in positivo. Un particolare procedimento fissa l'immagine e poi si procede nella stampa. Il colore è steso sulla superficie del telaio e filtra sul foglio sottostante attraverso le maglie, pressato dal passaggio di una spatola mantenuta sotto adeguata pressione. Così si trasferisce il disegno.
Quando e come ha iniziato ad appassionarsi della tecnica incisoria?
Tutto è iniziato in gioventù. Sono sempre stato molto curioso, intraprendente, vivace all’inverosimile, dotato di manualità. Frequentavo lo studio di un artista veronese che conobbi durante l'ultimo anno di scuola d'arte. Mi concedette un locale nel suo grande studio affinché potessi esprimermi e sperimentare in piena libertà.
Nei primi anni d’istituto, oltre la scuola, frequentavo la fonderia d'arte Brustolin di Verona, alla quale fui segnalato dal mio insegnante di arti plastiche. Facevo l'assistente per gli artisti che, in quella fonderia, realizzavano le loro opere. Alcuni come Manzù, Celiberti, Minguzzi erano di casa. Rifinivo, ritoccavo, abbozzavo le cere per le fusioni. Osservavo i maestri, assimilavo ed imparavo. Crescevano così la mia esperienza e la curiosità. Gli eventi ed i contatti mi hanno offerto poi l'opportunità di disporre di un angolo tutto mio, nello studio di Nereo Carpitella, un grande maestro poliedrico e dalle mille risorse.
Fu in quello studio che il suo amico Luigi Maria Veronesi, autentico “guru” dell'arte, ci chiese di aiutarlo a stampare alcune sue vecchie incisioni. Con grande soddisfazione ci procurò un vecchio torchio da stampa finito in disuso: il gioco era fatto! Fu in quell’occasione che il destino mi diede una sferzata di opportunità, forza ed immensa curiosità: una ghiotta occasione che mi permise di appropriarmi di una tecnica e di un modo espressivo che fino a quel momento non conoscevo affatto.
Da lì il cammino fu intenso, pieno di novità. Un percorso che mi permise di scoprire, passo dopo passo, quell’affascinante mondo che non era fatto solo di pennelli, tele, colori. Fu entusiasmante far mie infinite varianti espressive e grafiche, circondato da strumentazioni ed accessori incredibili, per me nuovi.
Il mondo dell'incisione e della stampa aveva aperto i suoi confini alla mia curiosità. Ogni passo era ed è ancora oggi una scoperta che rinnova questo amore. Penso che nell'arte, come in qualunque altra esperienza di vita, gli stimoli siano importantissimi, determinanti per non cadere nella routine e diventare un artigiano ripetitivo.
Lei è d’accordo con quanto sostiene lo storico e xilografo Edoardo Fontana, quando dice che “l’incisione come mezzo espressivo, con il fine che aveva alla sua origine, non esiste più. Chiunque intenda fare incisione oggi ha intenti suicidari, poiché non ha mercato. I giovani ripugnano l’incisione perché lenta; il mondo moderno ha un’altra velocità e gli artisti si adeguano. L’arte contemporanea per me è come pattinare sul ghiaccio, non si va mai sotto lo strato che si è creato per ultimo. La decisione stessa dell’incisione è penetrare nel fondo della materia: possiede una verticalità, una penetrazione dell’argomento, possibile forse precedentemente al web”?
Questa affermazione in parte è reale. Purtroppo, in questi ultimi anni, l'incisione in generale ha visto crollare l'interesse a causa della forsennata speculazione di editori senza scrupoli. Ne hanno minato le basi con infinite edizioni di stampe, spesso fasulle spacciate per originali. Prodotti esclusivamente commerciali.
L'incisione richiede non solo un apprezzamento visivo dettato dal gusto personale, bensì reclama soprattutto la conoscenza dell’intero processo che precede la stampa: strumenti, metodologie, azioni ed interventi personali dell’artista che si impegna manualmente nelle tecniche di calcografia, litografia, xilografia e serigrafia eredi ed interpreti di un mondo che da oltre mezzo secolo in Occidente rimane fedele alle proprie radici espressive.
In Italia esiste tuttora un mondo appartato fatto di artisti, operatori e serie fondazioni impegnati nella promozione dell’incisione che vogliono mantenere viva questa espressione artistica, anche a costo di fatiche indotte dal periodo incerto che stiamo vivendo. Ora, che l’incisione non ha più nulla a che fare con l’illustrazione, occorre innanzitutto prendere atto del fatto che sono cambiate le esigenze, evolute le tecniche di riproduzione e di comunicazione. Tuttavia bisognerebbe considerare che la caccia indiscriminata alla novità espressiva spesso devia il pensiero e non informa le masse. A questo punto c’è da chiedersi: l'incisione rimane? Si evolve e si adegua? È forse destinata ad essere praticata dai pur numerosi artisti “inossidabili” ed apprezzata da ristrette cerchie di intenditori? Risorgerà?
Ci potrebbe parlare di qualche sua incisione?
Le mie incisioni ed i miei soggetti guardano nel profondo del mio passato: ricordi d'infanzia, ambienti stimolanti pieni di oggetti, macchinari, strumentazioni delle più insolite. Giocando ne ho assorbito l'anima. Gli oggetti spuntano talvolta dal buio profondo, ci osservano, ci ascoltano. Sono tracce dimenticate in luoghi remoti, fisici e dell’anima, spesso abbandonate, come purtroppo accade in questa società insensibile. Poco importa che queste testimonianze materiali siano pregne del lavoro e dell’impegno di chi le ha costruite od inventate, cose vicine al mondo dell'incisione, ingombro com’è di strumenti, macchinari e accessori inconsueti. Oggetti da capire nella loro essenza e che interpreto quasi sempre a colori, evitando la monocromia praticata da altri incisori. Ed è proprio come conseguenza del rapporto esclusivo fra me e le cose possedenti un’anima che avverto il bisogno di limitare drasticamente le tirature: dieci o venti copie al massimo. A volte stampo incisioni in esemplari unici con colori fuori tiratura. In questo caso si tratta di sperimentazione finalizzata alla ricerca ed all’affinamento delle mie capacità.
Nelle sue opere “l’uomo” è solo un “fantasma”, una sorta di “presenza attraverso la rappresentazione del suo lavoro, che è la parte più nobile dell’uomo”: il resto come lo intende?
Il resto? Sentimenti, stati d'animo, situazioni, contatti, visioni. Cerco novità che mi incuriosiscano, tali da costringermi a viverle e raccontarle. Non essendo esclusivamente un incisore mi capita di esprimermi anche dipingendo oppure scolpendo. Dall’ispirazione arriva una sorta di comando cui ubbidire. Non si tratta mai di semplici casualità, bensì del frutto di un metodo maturato in lunghi anni d’immersione nell’arte.
È vero Maestro che lei si è costruito da solo qualche torchio/matrice per la stampa incisoria?
Nel corso degli anni ho salvato antichi torchi da stampa che uso ancora oggi. Servendomi dei vecchi macchinari e carpendone l’essenzialità ho potuto inventare nuove soluzioni per le opere incisorie di grandi dimensioni. Per la stampa di lastre di dimensioni particolari, aiutato da un artigiano, ho progettato e realizzato torchi speciali. Alcuni sono stati realizzati anche per conto di altri artisti. Oltre ai torchi ho realizzato una vasca verticale da cento litri per le acidature, dotata di un’apertura piuttosto stretta che consente l’immersione delle lastre riducendo al minimo l’evaporazione dell’acido. Un ossigenatore inserito all’interno fa muovere l'acido migliorando la morsura sull’intera grande lastra immersa. L’ossigeno disciolto annulla l'effetto tossico dei vapori.
Quanto tempo impiega per realizzare un’incisione?
Quando mi accingo ad incidere opere di medio e grande formato con la tecnica che io prediligo (puntasecca - acquatinta), il tempo non si conta. Giornate, nottate, settimane. Il procedimento richiede infinite fasi di morsura allo scopo di ottenere quell’effetto simile all’acquerello. Le velature sovrapposte danno profondità e vita. La morsura consiste nell’immersione completa della lastra nell’acido. La corrosione procede assai lentamente sulla superficie adeguatamente preparata, riportante il disegno eseguito al negativo ed a rovescio. Pennellata dopo pennellata, segno dopo segno, ad ogni breve morsura fa seguito l’estrazione della lastra che va presto lavata e poi asciugata. Dopo la stesura di un nuovo strato di vernice bituminosa ed il successivo tracciamento di ulteriori segni, segue un altro ciclo analogo al precedente. Avanti così finché l’opera non soddisfa. Siamo al momento della “verità”.
Ora si passa alla stampa. Anche in questa fase il “mestiere” entra in gioco assai pesantemente e prepotentemente. Pur avendo adeguato lo studio alle grandi misure delle mie lastre, l'operazione per una singola copia richiede oltre un’ora di attento lavoro.
Massima attenzione nell’inchiostrare la matrice, soprattutto quando occorrono due o tre lastre per ottenere un unico disegno inciso. Ogni matrice corrisponde a zone di colore. Le varie passate di stampa compongono l’immagine finale come fosse una sorta di puzzle.
Che consiglio si sente di dare ai giovani artisti relativamente all’arte incisoria?
Spesso ospito curiosi e studenti. Raccomando a tutti di cogliere spunti e idee dai maestri conosciuti strada facendo. Offro suggerimenti affinché progrediscano e conquistino un proprio modo di esprimersi. Sono un libro aperto per chi mi sa sfogliare. Quarant’anni di insegnamento mi hanno consentito di accumulare competenze invidiabili. Comunque sia, in base alla mia esperienza personale, posso dire che il mondo dell'incisione o lo si ama o lo si rifiuta. Ai neofiti che intendono esplorare queste tecniche consiglio innanzitutto molta curiosità. Ogni spunto, anche negativo, può diventare un suggerimento importante. Nulla si butta via. Tutto serve a far crescere e maturare. Sperimentare e giocare in estrema sintesi.
Se ora le chiedessi di realizzare un’incisione che rappresenti un qualche elemento espressivo dell’attuale società, cosa penserebbe di voler riprodurre?
Gli stimoli sono infiniti, positivi e negativi. Qual è la scelta giusta? Sicuramente rappresenterei la figura umana oppressa dalla frenesia imposta dalle innovazioni tecnologiche e comunicative. Dopo quella industriale stiamo vivendo una nuova pesante rivoluzione. Alcune popolazioni si imbarbariscono, altre progrediscono materialmente, ma nel caos. Dovunque contraddizioni. È un mondo diviso a metà. Ancora, come sempre, conflitti fra civiltà e popoli, guerre per i monopoli, sopraffazioni spacciate per missioni.
Diversi scenari convivono separatamente: c'è chi lotta, inascoltato, per proteggere il mondo salvando la natura; chi invece se ne infischia accanendosi alla conquista di poteri nuovi, transnazionali. Questa visione tendo a concretizzarla ora nella scultura, mia grande passione di gioventù, che avevo trascurato per un periodo, poi ripreso ed accantonato nuovamente. Focalizzato sulla figura umana, l'affronto con una visione poetica particolare.
Sicuramente questo argomento è un ottimo spunto per realizzare un ciclo di opere grafiche con la tecnica dell'incisione aggressiva e determinante. I volti sono inespressivi. Niente occhi, niente bocche. Appaiono privati dell’anima: sacchi vuoti che mimano solo il volume di un’eventuale azione o movimento. Fantasmi di un mondo ricco di tutto e di nulla. Solo le azioni ne definiscono l'essere.