L’infanticidio nelle scimmie non è una rarità, anche se in misura differente a seconda della specie1,2. Gli studiosi l’hanno osservato negli scimpanzé comuni, nel gorilla di montagna, negli entelli e in alcune scimmie sudamericane, come l’aluatta, il cebo e l’uistitì. Negli entelli è stato riscontrato soprattutto in due specie, cioè nel Presbytis entellus (Hanuman langur), da qualche decennio “ribattezzato” Semnopithecus entellus, e nel Presbitys senex (Presbite dalla barba bianca), ora chiamato Trachypithecus (Kasi) vetulus: un aggiornamento tassonomico veramente sorprendente. Mentre del Presbytis entellus, è stato cambiato il nome al genere, ma non alla specie, del Presbytis senex è stato cambiato il nome sia al genere sia alla specie. Un tempo le scimmie venivano collocate nei vari generi in base alle loro caratteristiche morfologiche più evidenti; ora, con le analisi del DNA si è resa necessaria una nuova classificazione, anche se, ovviamente, si tratta pur sempre delle stesse scimmie.
L’infanticidio è un fenomeno rilevato nell’Hanuman langur per la prima volta in India3, con grande sorpresa dei ricercatori. Tutto ci si poteva aspettare, ma non che gli entelli, scimmie molto belle, intelligenti ed eleganti, arrivassero a tanto. Il fatto più rilevante è che l’infanticidio in questa specie non è mai accidentale, ma rappresenta la consuetudine. Gli psicologi del comportamento animale allora si sono chiesti se questi animali fossero coscienti di tali azioni, sia durante il loro compimento, sia successivamente. La risposta è che per commettere atti così obbrobriosi, non è necessario trovare una spiegazione sul piano della coscienza, così come la intendiamo noi esseri umani. Gli infanticidi negli animali, in generale, sono spontanei e hanno uno scopo preciso che gli studiosi hanno cominciato a indagare, di cui parleremo tra poco. Quando invece queste strategie vengono pianificate per altri scopi, come nella guerra tra gli uomini, allora il discorso è un altro. Tanto per intenderci, i nazisti mandarono nei forni crematori indistintamente tutti i loro nemici o coloro che ritenevano tali, soprattutto ebrei, uomini donne e bambini, anche neonati, spietatamente, senza minimamente porsi il problema di quello che stessero facendo. Si sentivano giustificati. Questa atrocità, la più grave che l’uomo abbia mai perpetrato nella storia, nella Germania nazista, tra l’altro, era legalizzata dallo Stato.
Tenere viva la memoria dell’olocausto non dovrebbe servire solo per evitare che questi fatti avvengano nuovamente, ma anche per trovare gli strumenti politici e morali, forti e reali, per scongiurarli, cosa per cui si sta facendo molto poco, come le guerre etniche e le dittature negli ultimi decenni stanno dimostrando. Ma torniamo alle scimmie.
Perché le scimmie uccidono
Dunque, le scimmie uccidono i piccoli indesiderati, particolarmente indifesi e non protetti a sufficienza dalle loro mamme. Questa, purtroppo, è la realtà, anche se non è la norma. È un fenomeno inaccettabile, ma è un fatto che in natura esiste, sia nell’uomo sia negli animali.
Nell’infanticidio delle scimmie non c’è niente di patologico perché rientra nell’ambito del successo riproduttivo dei maschi che vogliono diffondere il loro patrimonio genetico e non quello degli altri. Serve per il controllo del gruppo da parte di una nuova leadership, che quindi non è più sotto il controllo di quella sconfitta e spodestata. Comunque, per una mamma che perde un figlio o una figlia in queste circostanze, è sempre un trauma, un investimento lungo e faticoso che si vanifica istantaneamente, dopo una lunga gestazione e cure affettuose rivolte alla sua prole. Per queste femmine vuol dire iniziare un nuovo ciclo di vita e nuovi investimenti, grazie al desiderio di un nuovo leader che vuole imporre le sue regole.
Inoltre esiste un’altra ragione per la quale dei piccoli vengono soppressi, anche nei casi in cui non ci siano stati dei ribaltamenti gerarchici nel gruppo. È il caso in cui alcuni piccoli nascono con delle malformazioni congenite, soprattutto agli arti. La poliomielite è una malattia diffusa anche nelle scimmie. Gli adulti, soprattutto i leader, vedono in questi piccoli un pericolo genetico per il gruppo e uno spreco di energie per tenerli in vita. Allora li sopprimono, sia che le madri si oppongano, sia che non si oppongano.
Premesse
Per capire l’infanticidio, bisogna aggiungere che solitamente non dipende da una situazione di disagio o da disturbi ansiogeni materni. In questo, le condizioni psicologiche delle mamme non c’entrano niente, o molto poco. Le mamme, in ogni caso, tentano sempre di proteggere la propria prole, indipendentemente da chi sia il padre. Nell’infanticidio sono sempre i maschi adulti che dominano la scena.
Come vengono soppressi i piccoli? Le modalità sono diverse. Si possono sopprimere istantaneamente, con un colpo o un morso mortale, oppure attraverso un lungo stillicidio di maltrattamenti che alla fine portano comunque il piccolo alla morte4 . Tutto dipende dall’intensità dei colpi inferti dagli adulti e anche dall’opposizione delle mamme per evitare che questo capiti ai loro figli. Non si deve pensare che l’intensità dei colpi inferti non sia sotto il controllo dell’infanticida, cioè che le conseguenze siano accidentali. I leader sanno calibrare molto bene le loro forze, in funzione dello scopo, cioè eliminare un piccolo al primo colpo, oppure dopo una lunga serie di violenze. Comunque, una volta che un adulto è nella condizione di decidere quale prole debba rimanere nel gruppo che ha appena conquistato, e quale no, non ha più freni inibitori alla sua aggressività.
La perdita di un figlio per una madre, per quanto possa essere inaccettabile, con il tempo favorisce nuovi accoppiamenti per il successo riproduttivo dell’infanticida. L’interruzione dell’allattamento di una madre che perde il proprio figlio o figlia prima di essere svezzati, accelera l’estro e quindi la sua disponibilità sessuale. Si tratta quindi di un’influenza ormonale di cui dobbiamo tener conto.
Monogamia e poliginia
Ora dobbiamo chiederci se ciò che avviene negli entelli valga per tutte le altre specie di scimmie in cui è diffuso l’infanticidio. Ci sono delle differenze tra le specie secondo il tipo di relazione sessuale che esiste tra gli adulti. Si è riscontrato che l’infanticidio è meno frequente nelle specie in cui i rapporti sessuali sono monogamici ed è invece più diffuso in quelli poliginici. Se il rapporto nella coppia madre-padre è stabile e duraturo, è meno probabile che si verifichi un infanticidio. Questo spiega perché nell’entello, essendo una specie poliginica, cioè nella quale un maschio adulto e dominante ha rapporti con uno svariato numero di femmine (struttura ad harem), l’infanticidio è più diffuso, così come nello scimpanzé, che, da un punto di vista delle relazioni sessuali, assomiglia molto all’entello.
A dire il vero, c’è un’altra scimmia che avvalora la regola per cui nelle coppie monogamiche l’infanticidio sia meno frequente. Si tratta dell’orango. In questa specie i gruppi sono costituiti da un padre, una madre e la progenie; poi, quando i figli diventano grandi, lasciano i genitori e vanno a formare altre famiglie.
Conclusioni
L’infanticidio nelle scimmie, ma in genere in tutti gli animali, non mette mai in pericolo le specie. I pericoli provengono sempre dall’esterno, cioè dall’intervento dell’uomo sul loro ambiente naturale e il più devastante di tutti è la deforestazione del territorio. Inoltre, nelle scimmie esiste sempre un’equa ripartizione tra i piccoli che vengono uccisi e i nuovi nati che sono, comunque e sempre, più numerosi dei soppressi.
Le femmine tendono sempre ad avere molti figli, il maggior numero possibile, indipendentemente da chi siano i padri. Le cose sono invece ben diverse per i maschi che pensano solo a diffondere il loro patrimonio genetico. Inoltre si è osservato che le femmine con il cambio della leadership hanno più possibilità di avere dei figli con i nuovi leader che sono più forti e più protettivi verso la prole, rispetto ai maschi della vecchia leadership.
Un errore che non dobbiamo comunque commettere è quello di paragonare l’infanticidio nelle scimmie con quello umano, anche se, a dire il vero, nei nostri lontani antenati queste regole non erano poi tanto diverse da quelle che esistono nelle scimmie.
Note
1 Thad Bartlett, Robert Sussman & James Cheverub. 1993. Infant killing in Primate: A review of observed cases with specific reference to the sexual selection hypothesis. American Anthropologist, 95(4): 958-990.
2 Carel van Schaik & Charles Janson. (Eds.). 2000. Infanticide by males and its implications. Cambridge UK, Cambridge University Press.
3 Sarah Bluffer-Hrdy. 1997. The langur of Abu. Cambridge MA, Harvard University Press.
4 Maria Luisa Genta & Angelo Tartabini. 1977. Il maltrattamento infantile nell’uomo e nei Primati non umani. Roma, Armando Editore.