Il bianco e il nero per raccontare una storia. Una lunghissima storia che dura da secoli e che sembra sia stata vista da ogni lato possibile. Fatto di spigoli lucenti di gondola. Fatto di pietra d’Istria e acqua, di riflessi e nebbie, questo racconto si svolge a filo della marea e sale fino a cime di una poesia unica nella sua semplice bellezza e unica nel suo nuovo modo di essere decantata. Finalmente un libro su Venezia che non abbia le solite vedute, i soliti profili, i soliti soggetti così belli e abusati. Italo Zannier ha voluto porre l’accento, nel suo testo critico presente nel volume, sulla capacità fotografica di Renato D’Agostin che non è solo fatta di tecnica ma, soprattutto in questo caso, si avvale anche di un ‘occhio nuovo’.

Depurata dalla memoria di banale tema da cartolina, Venezia si svela a noi pagina dopo pagina accompagnata da una musica che mai le abbiamo sentito suonare. Come al mattino, quando ci si sveglia e riaffiorano leggeri i sogni, smussati dagli spigoli dei dettagli, alleggeriti dalla materia di cui la realtà è composta, così, succede guardando le fotografie che D’Agostin ha scattato alla città lagunare. Le architetture perdono ogni loro persistenza prospettica, si confondo i piani e si invertono le dimensioni, tutto sembra uscire dalla grafite del disegno di un osservatore privilegiato ma obiettivo. Sono istanti scolpiti, poderosi nella loro forza comunicativa e diafani nella loro referenzialità: alludono, non dicono; narrano, non descrivono. Ho tentato di sottolineare, accanto al testo di Zannier, quanto ci sia in questo libro di fotografie una forte presenza di transitorietà immortalata. Tutto quello che D’Agostin fotografa è durato una frazione di secondo, come il battito d’ali di un gabbiano, oppure secoli, come gli scalini del Ponte di Rialto, ma ogni cosa ha il medesimo peso iconografico.

Giunto alla difficile decisione di cimentarsi con un oggetto così a lungo deturpato da scatti vandalici, Renato D’Agostin è arrivato a Venezia dopo un lungo viaggio che lo ha portato da New York a Tokyo e a Parigi e che gli ha dato occasione di immortalare tre metropoli così diverse e renderne dei libri bellissimi.

The Beautiful Clichè, titolo sofferto e riuscitissimo, allude proprio alla leggerezza con la quale l’ultima, Venezia, sia sempre stata osservata e di cui invece questo libro tenta ostinatamente di riproporne un’immagine sublime. E ci riesce. A riconoscerne il successo non solo io e Zannier nei due testi di chiusura ma, con una incisiva e ammirata introduzione, la Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna, l’architetto Renata Codello. Sostenuto da Venetian Heritage, un’organizzazione no profit con sede negli Stati Uniti e uffici a New York e Venezia che fa parte della Commissione Privata per i Programmi di Salvaguardia di Venezia dell’Unesco, il progetto ha il patrocinio della Provincia di Venezia, della Città di San Dona' di Piave e del Sile e il supporto di Banca di Credito Cooperativo di Monastier e del Sile ed è stato concretizzato grazie alla collaborazione con Galerie Photo 4 di Parigi dove il libro è stato presentato lo scorso 3 novembre, con MC2 Gallery di Milano dove arriverà in gennaio 2012.

Sono in programma per il prossimo anno le presentazioni a Madrid presso la Galeria Rita Castellote in febbraio, alla Gallery 2902 di Singapore in aprile e, alla fine del viaggio, il ritorno a casa: a Venezia, Palazzo Ducale, in settembre per l’apertura della Biennale Architettura. Presso la Chinese Porcelain Company di New York debutta l’8 dicembre invece il tour espositivo delle fotografie in grande formato che costituiscono gli originali del volume redatto in inglese, francese, italiano e giapponese ed edito da Silvana Editoriale.

Testo di Chiara Casarin