È un po' come se il giudice non avesse voglia di ascoltar dall'imputato il suo resoconto dei fatti. Come potrebbe mai pretendere di produrre una giusta sentenza, se si rifiutasse di esaminare gli antefatti e le motivazioni di quell'azione che è chiamato a giudicare?
Ecco. Noi viviamo così.
A scuola non abbiamo imparato la Storia. Abbiamo imparato, semmai, che la storia è noiosa. Che va appiccicata con lo sputo quel tanto che basta per arrivar all'interrogazione. E che poi va abbandonata nel suo bel dimenticatoio, insieme a tutte le brutture vissute negli anni trascorsi sui libri.
La nostra società, insomma, fa proprio come quel giudice. Della sua storia se ne frega. Fateci caso: quando in Tv c'è uno speciale sulla storia, è sempre sul Novecento. In massima parte sulle guerre mondiali, soprattutto sulla seconda, sui vari orrori, ecc. Quando capita, insomma, è racconto di ieri. È rievocazione, per lo più standardizzata, strumentalizzata, ideologizzata di un passato recente, a cui nessuno ha ancora permesso di decantare. Di sedimentare con calma, di liberarsi della sua frenetica attualità per trasformarsi, appunto, in Storia.
Pochissimo Ottocento. Niente Medioevo, Rinascimento sotto zero. Quanto all'antichità, le cose più "commerciali". Una certa - e spesso errata - narrazione sui soliti (e pochissimi) faraoni dell'Antico Egitto: quelli più scenografici. Quelli che meglio si prestano alla spettacolarità dei nostri documentari pieni zeppi, ormai, di effetti speciali e ricostruzioni 3D. E, al limite, qualche banale e retorico accenno ai personaggi più stereotipati dell'epoca greco-romana. Stop.
Stop. Noi, del nostro passato, non conosciamo nulla. È la moderna versione dell'Anno Zero. Le grandi dittature della prima metà del secolo scorso hanno azzerato il conteggio in forma violenta. Il nostro tempo, invece, lo fa subdolamente, suadentemente. Ma lo fa. Comunque, lo fa.
Nessuno parla di storia. Nessuno prova a reinterpretare, per esempio, l'oscuro periodo in cui ci troviamo scaraventati in questi giorni, alla luce di quanto abbiamo vissuto in passato. Non lo fanno i media, non lo fa l'informazione alternativa.
L'unico aspetto che conta? L'attualità. La cronaca, insomma. Il pettegolezzo, la polemica. La caciara, tanto appassionata quanto miope, infarcita di tutti quegli elementi che non si possono comprendere appieno senza lasciarli decantare. Senza studiarli con calma, da lontano. Alla luce degli effetti che han prodotto. Senza lasciarli trasformarsi, per l'appunto, in storia.
La nostra Storia non ci interessa. È come se ci trovassimo a gettar al fuoco le foto dei nonni. O quelle dei genitori. I traballanti “Super 8” della nostra infanzia. Come se pretendessimo di presentarci a qualcuno che non ci conosce, senza raccontar nulla della nostra vita.
Una delle cose più belle che capitano a due innamorati, durante le infinite passeggiate nel corso delle quali imparano a conoscersi, è il raccontar la propria vita. È quella gioia profonda che ti coglie rendendoti conto che c'è finalmente una persona, lì con te, che ha una gran voglia di sapere chi sei. Che non ti dice ancora: "Sì, me l'hai già detto mille volte!", come magari farà tra un anno o due. Che pende dalle tue labbra e non si perde una sola parola della tua appassionante narrazione. Della tua affascinante, bellissima Storia.
Ecco. La nostra Storia non ci appassiona più. Perché abbiamo letteralmente smarrito quell'antica gioia. Perché non siamo più innamorati. Nessuna passione ci spinge più a raccontare il nostro passato. Nessun amore passeggia più, al nostro fianco, affascinato dal nostro vissuto. Nessun amore, ormai, ci innamora più.