Se consideriamo che la realtà di cui facciamo esperienza è il nostro “mondo”, ossia l’insieme delle persone con le quali abbiamo relazioni, possiamo comprendere quanto è importante conoscere se stessi interagendo emotivamente con esse. Tutto il resto è sfondo, come disse Carl Gustav Jung “Il resto del mondo è tutto nei giornali, è mitologia giornalistica”.
Interviene in questo intreccio di relazioni la legge della risonanza o degli specchi secondo cui gli altri rimandano delle parti di noi da elaborare per l’autoconoscenza. Così ciò che irrita o disturba porta a una scelta: aprire la porta interiore e guardare dentro alla ricerca dell’origine del disagio o sbarrarla proiettando sugli altri la causa dei propri mali.
Sarebbe auspicabile operare la scelta di varcare la soglia del mistero celato dentro noi stessi, di iniziare il Viaggio dell’Eroe e scrivere la fiaba della nostra vita.
Succede sovente però che il dolore viene allontanato, represso, negato addirittura, ma più ci si oppone ad esso tanto più persisterà. Jung afferma “Non c’è presa di coscienza senza sofferenza. La gente arriva ai limiti dell’assurdo per evitare di confrontarsi con la propria anima. Non si raggiunge l’illuminazione immaginando figure di luce, ma portando alla coscienza l’oscurità interiore”.
E qui entrano in scena le emozioni, dal latino e-movere qualcosa che si muove. Esse sono eventi fisici che hanno dei correlati a tutti i livelli: endocrino, immunitario, nervoso. Immaginiamole come un’onda che sale, arriva al suo picco, scende e fluisce. Il momento di ascolto dell’emozione spesso non accade, si scappa dalla stessa a meno che non sia piacevole.
Poiché siamo un campo energetico psico-emotivo in continuo flusso, un blocco emotivo si riflette nel corpo che contiene tutte le memorie psico-biografiche. Le emozioni non fluite e represse si cristallizzano divenendo dei sintomi psicologici, psicosomatici e organici, come sappiamo dagli studi della PNEI (Psiconeuroendocrinoimmunologia). Ogni sintomo psicosomatico è quindi una conversione, cioè uno spostamento dell’emozione sul soma. Le emozioni sono “amiche” funzionali al benessere, anche quelle connotate negativamente, ma per renderle tali servono tre passaggi: accogliere il nostro dolore, accettare le emozioni distoniche e amare, il processo alchemico così come ogni cambiamento interiore necessita del lievito madre amore.
Un’antica scienza esoterica il cui scopo era quello di trasformare ciò che per l’uomo è negativo in positivo, per fargli scoprire la sua vera natura interiore, è l’Alchimia - dal greco khymei - fondere, allegare, colare insieme - descrive il processo di trasmutazione del piombo-Io in oro-Sé, la pietra filosofale, la sostanza catalizzatrice capace di sanare la corruttibilità della materia.
Molti anni fa iniziai ad interessarmi all’Alchimia, sia come scienza esoterica che come metafora della realizzazione del Sé attraverso l’esplorazione dell’inconscio, nel cammino di individuazione che ognuno di noi percorre nella sua esistenza.
Le tre fasi dell’opera alchemica – Nigredo, Albedo e Rubedo – rappresentano l’itinerario psichico che conduce alla coscienza di sé liberata dai conflitti interiori e sono, a mio parere, dei cambiamenti di stati di coscienza.
Mi piace suggerire l’immagine della fionda per rappresentare il percorso alchemico di individuazione. Per lanciare il sasso occorre tirare la fionda al massimo possibile all’indietro, bisogna arrivare al punto più profondo di se stessi per poi fare il salto quantico della guarigione.
Il compito affidato all’individuo è di cercare l’unica cosa che esiste: il Sé, essere quindi un uomo che ha coscienza di chi è e di quello che fa. Lo strumento che conduce a questa consapevolezza è il Logos o Intelligenza, la luce che rischiara le tenebre dell’inconsapevolezza.
Così come l’alchimista opera sugli elementi chimici trasformandoli, così lo psico-alchimista, insieme al soggetto, trasforma con l’osservazione e la conoscenza gli elementi intrapsichici emersi.
Le resistenze ad intraprendere l’unico vero viaggio della vita, quello dentro se stessi, risultano amplificate quando si vive un periodo emotivamente impegnativo, ci si sente vulnerabili, disorientati e insicuri. Le proprie certezze vacillano e le emozioni assumono l’aspetto di cavalli selvaggi che finiscono per gettare la persona nell’angoscia. Proprio per questo risulta indispensabile superarle. La paura del viaggio iniziatico può essere mitigata dalla presenza di una guida – come, ad esempio, Virgilio, nella Divina Commedia - che simboleggia quella figura pronta ad accompagnare l’individuo che voglia affidarsi e sia disposto ad affrontare questo processo con fiducia in sé e in colui che opera il sostegno psicologico.
Così lo psico-alchimista è una sorta di guida che non ritiene vi sia separazione tra la dimensione materiale e quella simbolica e spirituale, non considera la sofferenza come qualcosa da eliminare, da scacciare come un demone, come un nemico da combattere, ma come un’amica da accogliere e ascoltarne il messaggio, funzionale alla propria disvelazione: “Tu sei perfetto!”.
Il tasto di accensione del processo alchemico è la catabasi ossia la discesa negli Inferi dell’inconscio, descritta da Dante nel suo testo iniziatico; sulla porta dell’Inferno si legge “Lasciate ogni speranza o voi che entrate”, volendo sottolineare come sia necessario abbandonare tutte le credenze e le illusioni. Una volta entrati nella selva oscura non c’è speranza di tornare indietro, non è possibile restare la persona che si era prima poiché se ne uscirà totalmente trasmutati in una nuova essenza.
Così come nel motto alchemico “Solve et coagula” che significa “sciogli e ricomponi”, viene indicata la destrutturazione interiore che precede l’integrazione delle parti in una nuova “forma”.
Il confronto con la sofferenza induce paura, reticenza, come ogni cambiamento. Nella filosofia buddista che offre ottimi spunti di riflessione su questo tema, troviamo le 4 nobili verità espresse dal Buddha, in particolare la prima afferma “La vita è sofferenza, dolore”. Il dolore è Dukka: Duh è un prefisso negativo, Kha significa vuoto, dunque Dukka sottintende qualcosa di inconsistente, insoddisfacente, illusorio. La sofferenza è illusoria ma per realizzare che lo è bisogna “stare nella sofferenza”. Questo concetto richiama alla mente l’immagine del Buddha immerso nel Samadhi, uno stato di estasi, completamente “presente” e connesso con il Superconscio, con il campo quantico della coscienza universale, ad indicare la via regia per la dissoluzione del dolore ossia l’osservazione distaccata ma presente.
L’Ombra esiste in presenza della Luce. Luce e Ombra sono metafore del bene e del male, positivo e negativo, le polarità, la dualità nella quale viviamo e che è manifesta nella natura; vediamo ogni giorno il sole e la luna, pensiamo che siano separati ma non lo sono, coesistono.
Torniamo all’Alchimia e alle sue tre fasi: Nigredo, Albedo e Rubedo.
La Nigredo o opera al nero, è la prima fase in cui la materia viene frammentata, disgregata, dissolta nella putrefazione. Nella Divina Commedia rappresenta il passaggio di Dante e Virgilio attraverso l’Inferno. Nella psicologia analitica elaborata da Jung, il termine indica “la notte oscura” dell'anima, è il processo di putrefazione dell’Ego, delle credenze limitanti, degli auto-sabotaggi e pregiudizi che provoca un intenso smarrimento, disperazione, una sensazione di vuoto, ma che per Jung è un prerequisito essenziale per lo sviluppo personale nel percorso di individuazione. Il confronto con l’Ombra genera una disillusione, si realizza l’inefficacia delle proprie convinzioni. Rappresenta la morte simbolica della Persona, la disidentificazione seguita dall’enantiodromia ovvero il rovesciamento nell'opposto. La Nigredo cede il passo all'Albedo, la discesa sempre più profonda nell'inconscio si tramuta in un'illuminazione dall'alto.
La seconda fase è l’Albedo o opera al bianco; la massa informe scaturita dalla Nigredo subisce la distillazione e viene preparata per la sublimazione, la materia disciolta viene ricomposta in una sintesi superiore. In questa fase, collegata all’accettazione, si attua la pratica della consapevolezza e dell’osservazione distaccata dei propri contenuti psico-emozionali. Si elaborano i problemi, inizia la cura, il superamento delle difficoltà e una nuova visione delle cose, si percepiscono nuove energie, vi è un’espansione della coscienza e della immaginazione creativa, si possono avere intuizioni che trasformano, una vera rinascita. Si apre la porta del Sé.
Nella Divina Commedia è la risalita di Dante e Virgilio nel Purgatorio. Jung equipara l'Albedo alla rivelazione dell'archetipo dell'Anima, il lato femminile inconscio negli uomini, e dell'Animus, il lato maschile inconscio nelle donne.
Il soggetto, secondo Jung, ora consapevole degli aspetti negativi della propria Ombra, non li proietta più all'esterno ma si confronta costruttivamente con essi, attraverso la riflessione si ripiega in modo cosciente sui propri contenuti inconsci. L'Albedo consiste in definitiva nella distillazione dell'Io dall'inconscio, l’Ombra si integra nella personalità.
L’ultimo stadio è la Rubedo o opera al rosso; rappresenta la fase in cui la materia si ricompone, fissandosi e sublimandosi sotto l’effetto del fuoco, dello spirito, trasmutandosi in oro attraverso l’amore. La fase del ricongiungimento degli opposti, dell’unione di spirito e materia. Si attua la fusione tra l’Ego e il Sé, culmine del processo di individuazione.
Nella Divina Commedia rappresenta l’ingresso di Dante (energia maschile) e Beatrice (energia femminile) nel Paradiso, il matrimonio alchemico, l’integrazione delle due energie yin e yang.
In questa fase si sperimentano stati interiori di gioia, armonia, apertura alla vita e agli altri, pace, amore per se stessi e amore universale, senso di unione con il tutto. Si realizza, così, la pietra filosofale, il Sé, si è in connessione con la coscienza universale che risiede in tutte le cose sempre.
Quando si perviene ad uno stato di gratitudine e amore si entra in risonanza con il campo della pura consapevolezza che guarisce. Si entra in coerenza con lo stato quantico dove accade ogni cosa istantaneamente.
Questa condizione è ben rappresentata dalla frase di Thich Nath Hanh “Il sole è il mio cuore”.
Innamoriamoci dell’Ombra e conosceremo chi davvero siamo.