Ulisse. L’arte e il mito, la grande esposizione ai Musei San Domenico di Forlì, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio e affidata alla regia sapiente di Gianfranco Brunelli riapre i battenti e sarà prorogata fino al 31 ottobre.
Così riparte finalmente il viaggio alla scoperta di Ulisse e del suo mito che da tremila anni domina la cultura dell’arte mediterranea ed è oggi universale. E riparte anche la grande storia che gli artisti hanno raccontato attraverso le loro opere.
L’itinerario comprende oltre 200 opere suddivise in 16 sezioni, ospitate nelle sale del San Domenico, dal VIII secolo a.C. a oggi, in un percorso museale che unisce pittura, scultura, miniature, mosaici, ceramiche, arazzi e opere grafiche e si snoda, con un allestimento magistrale, attraverso i più grandi nomi di ogni epoca.
A partire dall’Ulisse di Sperlonga, opera in marmo risalente al I sec d.C., immagine simbolo della grande mostra e dall’Afrodite Callipige dell’antichità.
Nella suggestiva cornice della restaurata chiesa conventuale di San Giacomo (annessa alla sede espositiva principale) è possibile ammirare il Concilio degli dei di Rubens, la Penelope di Domenico Beccafumi, la Circe invidiosa di John W. Waterhouse in arrivo dall’Australia, fino a Le muse inquietanti di De Chirico, all’Ulisse di Arturo Martini e al Cavallo statuario di Mimmo Paladino.
Il protagonista dell’Odissea, definito da Flaubert “il tipo più forte di tutta la letteratura antica”, l’eroe dell’esperienza umana, il mito per eccellenza, trionfa in un lungo racconto tramandato senza fine.
La sfida di questa esposizione conferma il grande livello espositivo che Forlì in 15 anni ha saputo costruire e si avvale di un comitato scientifico presieduto da Antonio Paolucci e di una curatela formata da Fernando Mazzocca, Francesco Leone, Fabrizio Paolucci e Paola Refice. E Gianfranco Brunelli, a cui è affidata la direzione generale ed è anche responsabile dei progetti espositivi della Fondazione, racconta questo percorso senza precedenti dove scorrono capolavori di ogni epoca che provengono dai più noti Musei nazionali e internazionali, tra i quali il Musée d'Orsay di Parigi, la Royal Academy di Londra, il Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, il Metropolitan Museum of Art di New York, i Musei Vaticani, le Gallerie degli Uffizi di Firenze e l’Università di Ginevra, per citarne solo alcuni.
“L’idea di questa esposizione nasce nel tentativo di stabilire un rapporto diretto tra l’arte e il mito. Come l’arte ha modificato il racconto del mito in una corrispondenza in cui la forma del mito e la forma dell’arte si richiamano reciprocamente. Questa era un po’ l’idea iniziale. Il confronto poi è stato con molti studiosi a cominciare dal presidente del Comitato Scientifico Antonio Paolucci”.
Un viaggio nell’arte e un tuffo nel mito?
Viaggio dell’arte e viaggio nell’arte. E quindi il racconto di una figura che appartiene ai grandi miti dell’Occidente ed è una figura atipica dell’uomo occidentale. Naturalmente raccontando di Ulisse, ogni epoca ha raccontato di sé. E questo è inevitabile, ma in questa inevitabilità tipica della cultura occidentale c’è anche la ricerca dei simboli, dei valori condivisi, la ricerca dell’immagine dell’uomo stesso. È una ricerca storico-esistenziale, potremmo anche definirla così.
Ogni sala della mostra, ogni sezione, direi quasi ogni opera è un rispecchiamento ed è come in uno specchio in cui guardando un’opera, uno vede una parte di sé e della propria storia, della storia passata ma anche delle inquietudini attuali. Questo, credo, che sia anche un modo, come dire, il più classico e il più nuovo di tutti, con cui realizzare un progetto culturale come questo.
Come si può narrare un mito così universale, figlio di ogni tempo?
Raccontare di Ulisse significa appunto raccontare di sé utilizzando i diversi alfabeti simbolici e quindi per l’arte, volta per volta, i propri stilemi, le forme artistiche che l’arte ha dato e ha espresso nella propria ricerca. Attraverso i secoli, l’eroe dell’Odissea diventa archetipo immagine, idea e incarna volti diversi.
E nell’epoca rinascimentale, per esempio, come viene percepito?
Dalla fine del Quattrocento al Cinquecento Ulisse incarna la virtù, il modello del principe rinascimentale e le traversie, le prove, i travagli di ogni tipo della figura omerica diventano le prove della virtù, le acquisizioni di un processo in cui la virtù matura non solo attraverso l’astuzia, la disavventura come tale, il limite della condizione umana del tempo, la fortuna e la sfortuna, ma anche attraverso la capacità di sopportazione come principio di mediazione, e quindi diventa una figura totalmente politica.
In realtà abbiamo racconti diversi lungo la storia per arrivare all’Ottocento e poi al Novecento. L’arte ha prodotto modelli del mito, ha raffigurato e ha modificato la percezione del mito. Esattamente come la letteratura. Certo molte volte in uno scambio tra le arti.
L’esposizione forlivese agli occhi del visitatore, come si presenta?
Il percorso prevalente è un percorso cronologico ma il percorso cronologico ha delle intersezioni e, per esempio, Ulisse, marmo di Sperlonga (I secolo d.C.) non è all’inizio ma alla fine perché il Novecento riprende il tema del mito. Il Novecento ha diversi esiti, attraverso le sperimentazioni metafisiche, attraverso il ritorno all’ordine.
Questa mostra si avvale di prestiti eccezionali. Quali per esempio?
La Nave greca arcaica di Gela che si vede per la prima volta al mondo. Naturalmente si tratta di un rudere ma si tratta di immaginare come era questa nave, così importante così antica e capire quale fosse perfino la tecnica con cui era stata costruita. Leggendo il capitolo quinto dell’Odissea quando ripartendo dall’isola di Ogigia e da Calipso, Odisseo si costruisce la zattera, la descrizione di come costruisce l’imbarcazione si coglie guardando la nave. E, ad aprire il viaggio del visitatore è proprio è la nave greca arcaica di Gela, tra le più antiche del mondo, di cui è presente l’ossatura portante, databile tra il VI e il V secolo a.C. È uno dei più emblematici ritrovamenti subacquei del patrimonio archeologico del Mediterraneo Antico che ci consente di conoscere non solo le caratteristiche dell’imbarcazione, ma la storia stessa della navigazione e le tecniche di costruzione navale impiegate dalle maestranze greche. La possibilità di questo evento eccezionale si deve alla generosa collaborazione con la Regione Siciliana.
Gianfranco Brunelli, direttore generale di tutte le mostre, si è occupato anche del progetto Cultura di Intesa San Paolo.
Fin dall’inizio ho seguito le mostre forlivesi e sono state un esperimento interessante anche complessivamente, tutte mostre studiate caso per caso, non sono mostre pacchetto e non sono mostre acquistate e acquisite sul mercato internazionale dove pure ci sono mostre degnissime. Ma la strada che abbiamo scelto non era una strada snobistica ma era una strada di chi sa che la provincia italiana può risorgere se produce idee e progetti originali. La sua originalità è la dimensione, di valore generale, la sua originalità diventa generalità e quindi gli consente di superare una dimensione che altrimenti rimarrebbe legata molto a espressioni minori. Questo è stato un pensiero iniziale sorgivo. E poi l’altra idea era, dovendo e volendo fare prodotti unici, e volendo fare un’operazione di questo tipo bisognava mettere all’opera studiosi di generazioni diverse e non prendere soltanto il personaggio famoso ma fare interagire generazioni diverse. Perché questo di fatto ha alimentato la creatività. Poi si doveva coordinare tutto questo rispetto a una dimensione narrativa di racconto che oltre ad essere scientificamente fondata, fosse anche percepita dal grande pubblico e quindi giocare un equilibrio di questo tipo.
Alcune delle nostre mostre hanno avuto molto successo. Per esempio, quando abbiamo fatto Wildt. L’Anima e le forme, ci è stata chiesta dal Musée d’Orsay e a Parigi è andata soltanto metà della mostra che avevamo o realizzato a Forlì. E quando nel 2018 abbiamo fatto L’Eterno e il Tempo tra Michelangelo e Caravaggio siamo stati premiati negli Stati Uniti a New York, come migliore mostra al mondo della sua categoria, cioè il Rinascimento barocco. E quindi abbiamo anche prodotto qualche risultato importante sia scientifico, sia del gradimento del pubblico. Siamo partiti con molta modestia ma alcuni risultati importanti sono arrivati. E dopo il Coronavirus e in mezzo ancora a questa immensa tragedia, da dove partiamo se non ripartiamo dalla cultura, anche rispetto alle città e agli ambienti sociali? L’uomo è cultura.