Abbiamo intervistato Giorgia Ori, una delle fondatrici di OTTN/on to the next, un collettivo di giovani ragazze attualmente impegnate a promuovere l’arte contemporanea attraverso diverse modalità: dai social ai podcast fino a progetti espositivi site-specific.
OTTN/on to the next crea connessioni tra arte e persone, siete un collettivo di ragazze giovani con la volontà di promuovere l’arte contemporanea. Come e quando nasce OTTN? Quante ragazze siete e come vi suddividete i compiti? La scelta di essere un team tutto al femminile è voluta o casuale?
Siamo un collettivo nato nel 2019, co-fondato da me, Erika Gaibazzi, Francesca Rossi e Carlotta Roma. OTTN inizialmente nasce in risposta al concetto di white cube gallery: avevamo voglia di decostruire lo spazio espositivo, ed i meccanismi che ruotano attorno a questo, per essere una realtà più vicina al quotidiano. La porta di una galleria delimita uno spazio, e quindi una divisione appunto tra le persone e l’arte; le persone che decidono di entrare sono “il pubblico” - e si fa a gara per chi ha più pubblico, con prosecco e vernissage - ecco noi non volevamo avere un pubblico. Il desiderio è stato fin da subito quello di interagire con le persone all’interno di spazi già esistenti (urbani o siti archeologici), andare noi da loro e calibrare di volta in volta la comunicazione in base alle comunità che ci ospitavano. Qualche mese fa si sono aggiunte al team Micol Teora e Federica Pilloni. I compiti sono abbastanza suddivisi, ad esempio, Erika si occupa di tutta l’amministrazione e Carlotta della grafica e delle pubblicazioni, per quanto riguarda invece i progetti ognuna è a capo di quello che sente più “vicino a sé”, oppure co-cura insieme a me se sono progetti più impegnativi, come le PREVISTE. La scelta di un team al femminile è stata fatta con la speranza di essere da esempio ad altre ragazze, per dire che se vogliono fare qualcosa - per quanto impegnativo possa essere - hanno le capacità di ricoprire ogni ruolo. Negli ultimi giorni il team si è arricchito con l’arrivo di Kath, A.I. intern di OTTN Projects - “stagista/alter ego virtuale” disegnata da Maecenas studio 3D di Modena.
OTTN cura anche un profilo di scouting su Instagram “Contemporary Italian” che vanta già 15.000 followers, come nasce questo progetto e che riscontro avete ottenuto fino a questo momento?
Contemporary nasce dal desiderio personale di scoprire quali fossero gli artisti contemporanei attivi in Italia, dopo aver vissuto per molti anni all’estero. È un archivio digitale nato a febbraio 2018, attraverso il quale ho condiviso ad oggi circa 500 artisti (con focus su pittura, scultura, new media, ed installazioni). Il progetto è estremamente personale, sia nella scelta di quale artista condividere, sia negli incontri reali che poi si vengono a creare tra di noi. È una community molto bella, in quanto riservata e formata da persone profonde, per lo più restie al mezzo digitale, quindi è un grande onore questo livello di interazione. La community degli artisti italiani è diversa da ogni altro tipo di community: gli italiani non sono come gli americani o gli anglosassoni, quelli veramente bravi non tendono a vendersi o ad essere super social. E poi ovviamente avere una community di artisti (intendo quelli veri, non wannabe) è diverso che interagire con persone interessate alla marca di un paio di scarpe, cioè sono persone che non abbondano di commenti e interazioni, ma a me piace proprio così, per come è autentica, critica e quasi schiva. Nel corso del tempo abbiamo imparato a volerci bene con molti di loro, e questo è il vero valore.
OTTN non si occupa soltanto di creare progetti espositivi o di supportare artisti, ci parli delle altre vostre attività? Penso ai podcast o al canale YouTube.
Sì, diciamo che per noi essere “curatrici” (con overload di virgolette, please) significa prima di tutto creare connessioni, imparare attraverso lo scambio, o, meglio, permettere la trasformazione, in primis nostra, attraverso lo scambio. Intendo sia lo scambio tra noi e il pubblico, tra noi e l’artista, tra l’artista e il pubblico, e via. Quindi perseguiamo qualsiasi mezzo rafforzi questa connessione, operando con consapevolezza, certo YouTube ci sembra una buona piattaforma, capace per lo meno di garantire un distacco tra te e il device, o più capace di Instagram nel farlo. Alla base di tutti i progetti l’idea è chiederci cosa possiamo fare per offrire alla nostra generazione qualcosa di utile, o che ti faccia pensare per mezzo secondo: “Ah, cavolo, questa qui è una roba viva”. Noi siamo le prime “spettatrici” dei nostri stessi progetti. E siamo parecchio critiche o almeno parlo per me (perfezionista e workaholic, fyi). Cito solo alcuni dei progetti di cui parlavi: il Podcast, curato da Erika, è un modo per condividere la conoscenza del singolo con il vasto pubblico, i Reportage sono una serie di documentari atti a valorizzare la figura dell’artista e il flusso di pensieri che porta alla creazione, i Confronti sono un progetto che si basa sul dialogo scomodo, con l’intento di andare oltre i good-vibes e l’idea che nel mondo dell’arte tutto vale o tutto è arte, vogliamo raccogliere le opinioni forte e le persone che hanno il coraggio di sostenerle. Per ogni cosa che facciamo l’ingrediente comune è anche la collaborazione con realtà che stimiamo, o con persone che riteniamo molto valide. La connessione di cui parlavo e auspicavo prima, infatti, è anche una connessione tra colleghi: sono dell’idea sia sempre meglio fare qualcosa di grande insieme che 10 cose piccoline.
Social e Arte. Grande diatriba. Voi sicuramente riuscite a fare un uso intelligente e personale dei mezzi digitali. Cosa ne pensi in proposito, all’argomento comunicazione e cultura?
Ho seguito varie tue dirette su Instagram, e condivido i pensieri che hai tu - ma tanti altri come noi, vedi Luca Beatrice. Credo che nel mondo della cultura la comunicazione deve essere quasi uno scarto di ciò che fai, credo che quello che fai deve essere così figo, così vero, e così potente che ciò che straborda dal progetto diventa la comunicazione del progetto stesso. La comunicazione social, ad esempio nel nostro caso, è l’appendice di quella connessione che cerchiamo di creare. Una cosa che vorrei dire invece su un piano meno personale ma più professionale, penso a musei ed istituzioni, è che per comunicare seriamente non ci si può appoggiare al tirocinante, specialmente oggi dove i social sono uno dei pochi punti di connessione tra il museo ed il suo pubblico. Non sono fan di cuoricini o gif varie, specialmente quando ad usarle è un museo. Cioè comunicare l’arte non vuol dire renderla frivola, anzi! Nemmeno renderla una presentazione a slide, o un quiz in cui vieni bocciato se non sai l’anno di nascita di un pittore semi-sconosciuto ai più. Credo serva equilibrio, ma ancor prima, forse consapevolezza del ruolo socio-culturale che ricopri e qual è la storia che si vuole raccontare, che personaggio si vuole essere all’interno di quella storia. Il MAXXI, ad esempio, mi sembra coerente nella sua comunicazione, così come il Centro Pecci - per citare qualche esempio nostrano tradizionale.
OTTN generalmente cura personalmente i propri progetti, in futuro avete in mente di collaborare con altri curatori esterni? Cosa pensi della curatela contemporanea? Ci sono nomi di curatori, emergenti e non, che apprezzi per il loro lavoro e che ti senti di indicare ai lettori?
Oh my God! Certo, sarebbe il nostro sogno. Ci sono innumerevoli curatori che ammiro, in Italia e all’estero. Ad esempio, per citare qualche straniero che magari non è molto conosciuto in Italia: Ikechukwu Casmir Onyewuenyi, Ceci Moss, Fabiola Alondra, Rebecca Lamarche-Vadel, Jamillah James, Vanessa Carlos. Potrei andare avanti ore. Tornando alla domanda, per ora l’obiettivo è quello di crescere e arrivare al punto in cui davvero lo scambio tra te e questi curatori con cui auspico la collaborazione sia equo, potergli dare qualcosa: anche solo una curator fee, ad esempio. Ad oggi dove i progetti su commissione che entrano sono pochi, specialmente nella COVID-Age, è difficile pensare di coinvolgere qualcuno. Al momento è tutto auto-finanziato e se collaboriamo con qualcuno cerchiamo sempre di pagare, anche quel poco che possiamo. Ma certamente la collaborazione è la direzione verso cui si tende, specialmente se permette un respiro internazionale anche per dare nuovi PoV alla propria professione e professionalità.
Anche voi come tante realtà operanti nel mondo dell’arte contemporanea e della cultura avete dovuto posticipare e cancellare impegni. A marzo avevate in programma la vostra prima mostra site specific a Parma - Florilegium dell’artista inglese Rebecca Louise Law, come racconteresti l’esposizione? Come avete conosciuto l’artista?
Ho conosciuto Rebecca a Londra circa due anni fa. La mostra era in programma per febbraio, abbiamo poi posticipato a marzo, vittime di non so quale utopica idea che tutto poi passasse. Ad oggi si pensa di aprire in autunno. L’esposizione è emotivamente molto potente, ti avvolge completamente, andando ben oltre la dimensione fisica: si ha la sensazione di essere immersi nella meraviglia e si rimane senza fiato per un momento, anzi per qualche minuto. Era esattamente quello che con Rebecca da sempre pensavamo di voler raggiungere: creare un’installazione aerea all’interno della quale il singolo potesse sentirsi connesso ad una spiritualità che è innata, tanto quanto ignota. Un’opera site-specific e democratica (nel senso che arriva senza che tu abbia il minimo background) che indaga, o forse eleva, la relazione uomo-natura. Questa mostra ha una storia abbastanza strana, e oggi sembra che viva di una vita propria (e non lo dico in termini romantici, ma più mistici!), è stato molto difficile portarla a termine nel corso degli anni e proprio due giorni prima dell’inaugurazione è successo quello che tutti sappiamo. Diciamo che ci sta insegnando tanto, giorno dopo giorno.
Attualmente a quale realtà culturale vi ispirate? Che profili consiglierete di seguire, o che proposte? Visti i numerosi e dilaganti (troppi?) streaming di questo periodo…
Le realtà, fonte di ispirazione, sono innumerevoli, non c’è un modello che seguiamo, tutti gli input che ci arrivano da ciò che fanno i nostri coetanei in vari settori ed in giro per il mondo sono fondamentali. Per questi giorni di quarantena invece consiglio di seguire profili di: The White Pube (per una critica diversa), Left Bank Books o Rare Book Buyer (se siete appassionati di libri), Insecure Hbo (per capire come fare eventi “virtuali”), oppure i corsi gratuiti della Harvard University. Per alleggerire le giornate invece: Nowness, i workshops di Rupi Kaur, fare il pane con Odeandiefreude, o i film consigliati da Notarton.
Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea attuale? E come pensi cambierà lo scenario artistico e culturale post virus?
Premetto che avendo vissuto in America ed essendomi formata lì conosco poco il sistema italiano (lo frequento da meno di due anni). Ho conosciuto persone stupende, alcune le abbiamo anche intervistate nel nostro podcast, e ovviamente loro sono costante fonte di motivazione, quindi non mi sento di generalizzare troppo. Diciamo che se devo dire cosa mi spaventa del sistema allora parlerei dell’individualismo che regna. Perché quando si pensa di far cose per sé o da sé, millantando chissà quale innovazione rispetto al proprio vicino, allora tutto si indebolisce. Ad oggi trovo che il sistema italiano non sia in grado di supportare veramente qualcosa o qualcuno; trovo che sia un sistema fragile a dispetto di ciò che rappresenta: la cultura. Molte delle attività promosse, anche ai piani più alti, non sono all’altezza della Cultura che la nostra generazione merita o che, in generale, il mondo necessita. Qui apro una parentesi: l’importanza della cultura, specialmente oggi, è innegabile eppure chi opera nella cultura non viene trattato con importanza, perché? Se usciamo dai canali dell’arte, se attraversiamo la strada rispetto al luogo del vernissage, ed entriamo nel quotidiano della gente comune, allora notiamo che la cultura ricopre un ruolo percepito o come “frivolo” oppure come “palloso”; per negare la prima si cerca di tendere all’altra, e per negare l’altra si torna alla prima - in un movimento che sembra una mosca senza testa. Non ci si chiede che cosa sia cultura oggi e quali siano le reali responsabilità del sistema che la promuove (e anche qui ci sarebbe da parlare del fatto che si pensa che qualcuno l’arte la deve promuovere, e qualcuno la deve subire… ma sarebbe un discorso troppo lungo). Dico che se vogliamo rafforzare la percezione della cultura, qualche colpa dobbiamo iniziare a farcela nostra e lavorare su quella o comunque lavorare su tutto quel terreno che negli anni non è stato seminato. La cultura sarà lo strumento per ritornare a relazionarci con l’Altro, con noi stessi, e con il Mondo. Il sistema che rappresenta la cultura dovrebbe irrompere il tessuto sociale con più forza, ma per fare questo sono molti i pre-concetti che si dovrebbero lasciare indietro e le autocritiche che si dovrebbero ammettere. Spero si abbia il coraggio!
Avete altri progetti di cui vorreste darci un’anteprima?
Al momento ci stiamo dedicando molto alla rappresentanza e al supporto degli artisti. Non è semplice, perché per supportare gli altri devi avere una base solida tu stessa, e quello che OTTN ha costruito nel tempo dobbiamo capire se resiste l’urto COVID. Oggi, siamo concentrate a rafforzare le fondamenta in modo che siano capaci di sostenere altre persone. Per questo, sentire la vicinanza della community significa tantissimo. Purtroppo, non possiamo darti molte anteprime, diciamo che stiamo lavorando su un piano interno prima di uscire allo scoperto… Criptica q.b.?! Scusa!
Giunti al termine di questa conversazione, faccio sempre una domanda… Cosa vorresti che ti chiedessi? (e che non ti è stato mai chiesto).
Ah! Probabilmente potresti chiedermi che lavoro vorrei fare se non facessi ciò che faccio. Da piccola il mio sogno era diventare una biologa marina per poter nuotare con le orche (rimane un sogno nel cassetto, è!). Oggi sono ancora molto attratta dalla matematica, che per certi aspetti è simile alla filosofia; o in generale dalla scienza, specialmente quelle discipline che esplorano il confine tra reale e invisibile… trip pazzeschi! Prima chiedevi se vorremmo collaborare con altre realtà, allora mi viene in mente la NASA o il CERN a questo proposito… I’m such a dreamer!
Ultima domanda giuro. Se chiudi gli occhi in questo istante descrivici l’immagine che vedi (se la vedi).
La casa di Alexander Calder.