Si intitola Pura come una bestemmia (Azzurra Music), il nuovo album di Rossella Seno, un lavoro che è un canto di resistenza e coerenza, che ha l'intento di scuotere anime e coscienze, raccontando d’immigrazione, della violenza sui più fragili, del poco rispetto per l'ambiente e la Terra che abitiamo, della disuguaglianza in ogni sua forma, dell'indifferenza sviluppata nel corso degli anni verso il prossimo o, peggio, la non accettazione del “diverso”. Un desiderio sfaccettato, al servizio di un talento obliquo che l'ha fatta apprezzare anche nelle vesti di attrice. Ma adesso in evidenza c'è questo disco, cui hanno partecipato le firme di Pino Pavone, Piero Pintucci, Michele Caccamo, Matteo Passante, Lino Rufo, Federico Sirianni e altri amici che costituiscono lo spunto di questa intervista.
Raccontami cosa ti ha ispirato l'album, così pieno di suggestioni e altrettanti significati: chi ha collaborato con te alla realizzazione del progetto? E come sei arrivata a comporre il mosaico finale dei pezzi?
Tempo fa venni contattata da un giovane cantautore, Paolo Fiorucci, che essendo a conoscenza del mio credo animalista, mi propose di partecipare ad un progetto discografico corale in favore della tutela e della salvezza dell'orso marsicano, “Il cielo degli orsi”. Sulla musica di Massimo Germini, Paolo scrisse il testo Luna su di me, brano inserito anche in Pura come una bestemmia. Fu in quell'occasione che conobbi Massimo Germini e me ne innamorai artisticamente e umanamente. Credo la cosa fosse reciproca perché nacque ad entrambi l'idea di procedere nella realizzazione di altri brani e da lì di un disco. Da anni porto in scena gli “ultimi”, quelli che per costrizione o per scelta stanno “al di là della vetrina”, cerco di dare voce a chi non ne ha. So come si sta dall'altra parte: sono una di loro. In un mondo votato al vuoto consumismo dei sentimenti e delle idee ho deciso ancora una volta di sedermi dalla parte considerata “sbagliata” dalle odierne convinzioni: quella del cuore.
È un disco di denuncia, quindi, un grido di speranza che mira a sovvertire la cruda realtà dei fatti.
Senz'altro è così: ci siamo fatti ingannare da una società che come pensiero unico ha il profitto e ci ha portati ad “avere” piuttosto che “essere”. Ecco, il mio intento era ed è quello di scuotere anime e coscienze, perché dopo la decadenza inevitabilmente arriva un nuovo rinascimento. E al mio appello hanno risposto signori autori. Ci siamo confrontati e brano dopo brano è nato Pura come una bestemmia che si rivolge ai falsi buonisti, ai perbenisti. La donna in croce è un simbolo: non rappresenta solo la donna, così maltrattata, ma l'essere umano e la Natura stessa, (ecco perché la croce piantata in un mare di rifiuti), sacrificati nel nome del dio denaro, del potere.
Il primo singolo estratto si chiama eloquentemente La chiamavano strega...
Dopo aver letto la vicenda di Simona Kossak, ne parlai con Michele Caccamo e così nacque il testo di questa canzone che narra una storia singolare, ovvero quella di una biologa che decise di abitare per più di trent'anni nella foresta di Bialowieza, adeguandosi a uno stile di vita antico, vivendo in una capanna senza elettricità, acqua corrente, lontano da ogni comodità. Etichettata come strega, nome che davano in quell'epoca alle donne in grado di comunicare con gli animali e la natura stessa.
Sei conosciuta anche per essere attrice, cambia il tuo approccio nei confronti di questi due diversi ambiti artistici?
In verità non mi definisco né una cantante né un'attrice, semplicemente una che ha delle cose da dire o da “cantare”. Per me contano le parole, hanno un incredibile significato: cantate o dette poco importa, l'importante è che arrivino. Di fatti più che cantante ho scoperto di essere una che “te le canta”. E ci sorrido su.
Quali sono state le tue principali ispirazioni? Nel tuo repertorio ha sempre trovato spazio un personaggio altrettanto singolare come Luigi Tenco...
Sono cresciuta ascoltando i cantautori e ne sono sicuramente rimasta influenzata. Dopo un percorso ciampiano, perché Piero è l'uomo che non ho mai conosciuto, ma che senz'altro resta la figura maschile più costante nella mia vita, ho sentito la necessità di andare altrove, di recuperarmi.
Quanto è difficile oggi essere artista in Italia? E cosa rappresenta per te optare per una mossa coraggiosa di uscire con un disco proprio adesso che si sta sviluppando una controtendenza: c'è chi rivolge particolare attenzione alla dimensione performativa del proprio repertorio e forse viene premiato in misura maggiore dal pubblico. Sintetizzo in altre parole: magari il tuo disco non lo compro e cerco di scaricarmelo in tutti i modi, però vengo a vederti dal vivo, specie se sei brava...
Noi artisti, e lo stiamo verificando soprattutto ora, siamo “gli invisibili”, il nostro non è considerato un lavoro. I live non ci saranno chissà per quanto e questo ovviamente ci destabilizza. Ma non ci arrendiamo: sto progettando infatti con Federico Sirianni, ma anche con Antonio Stango della FIDU che patrocina il disco, la presentazione dello stesso con l'abituale mia formula del teatro-canzone. Diciamo che Pura come una bestemmia avrà più riprese, più vite.
A proposito, come si identifica l'arte oggi e cosa fra ciò che hai osservato\partecipato ti ha colpito, nel senso che merita un ulteriore approfondimento dietro tuo consiglio?
L'arte è un linguaggio, è comunicazione e anche se non può cambiare il mondo può contribuire a renderlo migliore, stimolando cuore e cervello. Ci sono molte cose interessanti in giro, sta a noi cercarle. Per esempio, Max Manfredi e Federico Sirianni nel loro Quarantena tour live show ogni sabato sera propongono via web artisti considerati di “nicchia” e probabilmente sconosciuti ai più ma che varrebbe invece la pena conoscere.
Qualcuno ha detto che i musicisti non sono mai dei veri creatori ma piuttosto dei rabdomanti che trovano quello che c'è già e lo conducono verso chi ascolta... tu che ne pensi?
Un' affermazione acuta, rispetto alla quale mi trovo pienamente d'accordo.
Quale ritieni sia stata la più grande soddisfazione artistica della tua carriera?
Ci sono molte cose di cui vado orgogliosa, ho penato tanto per arrivare ad ognuna di loro: dal debutto al Piccolo Ambra Jovinelli con il mio primo “One woman show” La Rossa di Venezia, al riconoscimento della targa Premio Speciale Ciampi 2008 per l'inedito E il tempo se ne va (con la partecipazione di Nada e Vinicio Capossela). E poi, Cara Milly e tutti gli spettacoli di teatro-canzone a seguire e poi sì, metto in evidenza Pura come una bestemmia, che sta arrivando a pubblico e critica così come speravo arrivasse. Tutto questo non può che riempirmi il cuore di gioia e gratitudine.
Cosa ti aspetta nei prossimi mesi, COVID-19 permettendo, anzi cosa ti ha fatto scoprire questa inedita esperienza di isolamento forzato?
Cosa ci aspetta nessuno può dirlo purtroppo. Il futuro ci appare così incerto ed ambiguo. Non mi è pesato e non mi pesa stare a casa. La distanza costretta, quella sì. Percepisco l'orrore di questo periodo quando esco, l'uso di protezioni, la paura dell'altro. Il COVID-19 mi ha fatto comprendere meglio chi è davvero nella mia vita e chi afferma semplicemente di esserci.