Verso la fine di gennaio, con l’avvicinarsi dei giorni della merla (il cui significato ormai sfugge a molti), ho avuto il piacere di pranzare con Elio Cassarà in un piccolo e poco noto ristorante del centro storico di Roma, quei luoghi senza tempo nascosti dagli sguardi indiscreti del passeggio quotidiano. Sono tornata a casa con l’intento di scrivere per fermare sulla carta l’incontro con una delle voci più interessanti del panorama artistico contemporaneo, colui che ha fatto dell’Informale e dell’Astrattismo la sua filosofia di vita senza, con ciò, precludersi il piacere della scoperta e della continua conoscenza. Nell’intervista che segue, mi appresto a raccogliere, quanto ci siamo detti sulla sua arte e sullo stato dell’arte.
Seguendo il tuo percorso artistico da un punto di vista cronologico, sembra di notare un'ascesa dell'indagine pittorica verso l'informale e l'astratto. I paesaggi tendono a sfumare diventando contenitori sempre più eterei che liberano la nostra percezione della realtà: si parte da quest'ultima per liberarla. All'interno di questa indagine un ruolo fondamentale è affidato all'uso del colore. Qual è il percorso formativo (ed emotivo) che ti ha portato a realizzare queste suggestioni cromatiche?
Mi considero autonomo e costante per natura. Ricerco la libertà espressiva e sono sempre volto all’esplorazione di strumenti per fermarla sulla tela. Credo nel valore dell'Informale italiano. Sono altresì legato culturalmente e ideologicamente al gruppo CO.BR.A. e Forma 1. Non mi sento vincolato a definizioni come "arte astratta" o "espressionismo astratto". Reputo tuttavia l'informale una vera disciplina pittorica. Negli anni mi sono allontanato dalle certezze in campo artistico per compiere dei salti nell’astrattismo. Ogni opera è un piccolo salto nel vuoto.
Dalla poetica dei tuoi quadri emerge la pittura informale di Vedova, le sue macchie di colore e le linee spezzate, l'espressività cromatica dell'astrattismo di Dorazio, il linguaggio di Scialoja. Riconosci questi artisti come figure influenti sul tuo percorso formativo e quali tra questi credi abbia vissuto un "sentire artistico" simile al tuo?
Oltre alle personalità da te citate, sono molti i maestri che consapevolmente o inconsapevolmente mi hanno ispirato: tra gli altri potrei dire Casorati, Corpora, Mušič, Santomaso, il Gruppo CO.BR.A. e l’esperienza di Forma 1. Tutti loro hanno vissuto, anche in minima parte, un sentire artistico simile al mio sia per l’idea di arte che ci accomuna sia per i luoghi vissuti e attraversati.
"L'artista ha una sola cosa da dire, che è appunto la sua vita. Un solo modo di dirla: perdersi sempre più nella pittura e per la pittura, riconoscendovi il limite umano e l'unica profonda realtà spirituale". È Scialoja a parlare. Arte, realtà e immaginazione. Un racconto che dura una vita. Possiamo dire che è questa la finalità ultima dell'arte? Ad oggi la tua ricerca dove ti ha portato e dove pensi ti porterà?
Dopo un lungo itinerario dell'anima, attraverso una costante lotta di meditazione, mi sono spinto semplicemente all'essenziale. Ho spinto me stesso ai valori irrinunciabili: quelli del colore e delle sue variazioni, quelli dell'occupazione dello spazio, inteso come specchio delle mie passioni, delle mie paci, dei miei conflitti più profondi. Ho abbracciato l’Informale e studiato il passaggio dalla figurazione all’Astrattismo tedesco: questo mi ha permesso di raggiungere la libertà creativa di cui avevo bisogno. Sono tuttavia conscio del fatto che l’eccessiva libertà tende a riproporre sempre le stesse certezze. Attraverso la ricerca tendo al giusto equilibrio tra le parti.
Soffermandoci su Vedova. “Mi sono ritrovato incastrato in queste calli”… le sue parole a proposito del rapporto con Venezia. Siciliano d'origine, negli anni hai maturato una conoscenza profonda e un attaccamento speciale alla città lagunare. C'è una similitudine emotiva che ti ha spinto a vivere Venezia come uno dei luoghi dove "fare arte"?
Ciò che mi ha più di tutti convinto a trascorrere parte della mia vita a Venezia, senza mai lasciarla del tutto anche se ora vivo in Germania, è il fatto che Venezia trascende il nostro tempo, la nostra contemporaneità. I suoi ritmi costringono ad assaggiare lo scorrere del tempo con consapevolezza e pazienza. Questo è quello che ricercavo anni fa, quando mi sono trasferito a Venezia e che, in parte, cerco tuttora.
Sicilia, Venezia, Germania. Tre luoghi che hanno avuto (e hanno tuttora) una valenza spirituale differente su di te come artista. Se ti chiedessi di descrivere ognuno di questi luoghi attraverso i colori studiati e indagati a lungo, quali associazioni cromatiche sceglieresti e per quale motivo?
La mia ricerca è davvero ispirata e continua. Ispirata ai luoghi che ho scelto di frequentare e di vivere pienamente come Venezia, come il Nord della Germania, come la Sicilia: base di tutto il mio percorso artistico. L’informale è natura. Come precedentemente già accennato, considero il mio percorso pittorico costante e coerente. Le luci sul mare: acque oceaniche, mediterranee, lagunari. Il respiro dell'aria. Il sottobosco autunnale. I ritmi della scansione geometrica dell’esistente diventano dentro di me sublimi metafore che cerco di ricreare nei miei quadri. Quei mari, quelle luci, quel tappeto di foglie diventano occasione per narrare il segreto palpitare del mio pensiero, il profondo sussultare della terra, il delicato sussurrare del vento, lo squarcio di luce che contemplo, che mi trafigge e che mi rasserena. I luoghi che mi hanno ospitato e che mi accolgono tuttora sono la chiave di lettura di questa realtà che diventa realtà del quadro. Una realtà che diventa nuova sulla tela per creare un nuovo luogo. Che è sempre stato dentro di me. Le gioie della variazione cromatica giocano con me. Ed io con loro.
Da alcuni anni il luogo dove crei e ti lasci ispirare è la Germania. Quale atmosfera si respira in Germania, quali orizzonti e quali logiche artistiche si possono esplorare? Se ti chiedessi di fare un paragone con lo spirito italiano cosa ti sentiresti di dire in merito?
Non ho mai trovato sostanziali differenze tra Italia e Germania per quanto riguarda il quotidiano; per quanto riguarda la mia esperienza, ho sfiorato negli anni ’90, in città come Berlino, un atteggiamento fortemente progressista all’interno della comunità artistica del tempo. La Germania risente di un tempo mitologico dove tutto è possibile artisticamente ma, in base alla mia esperienza, vive di una realtà importata. Manca di quella scena artistica travolgente e imponente, attenta allo scorrere del tempo, che ritroviamo a Düsseldorf, altra meta tedesca che ho sperimentato in prima persona.
A breve si terrà in Germania un'affascinante esposizione che ripercorre parte della tua carriera artistica. Qual è il fil rouge? Cosa puoi dirci a proposito di questa mostra?
Il filo conduttore è lo studio dell’esistente “attraversato” dalla luce. La luce definisce la realtà abbracciando un ampio spettro del colore. In Germania ho potuto osservare una luce nordica (forti erano le reminiscenze dell’Espressionismo tedesco). La luce che attraversa i boschi, che si staglia sull’acqua, la luce estremizzata dalle condizioni atmosferiche diverse dal panorama italiano mi ha restituito dei colori tipicamente scandinavi che non ho mai esplorato in Italia, se non in maniera artificiosa. Ho raccontato sulla tela queste indagini cromatiche, la mostra sarà centrata su questo. Sarà possibile visitarla dal 1° agosto al 31 ottobre 2021 presso la Gallerie De Drom, il polo culturale e museale della cittadina di Kröpelin nella regione di Rostock. Curata da Hubertus Wunschik (della Galerie De Drom) con l'intervento critico di Stefan Skowron.