Dopo aver parlato delle risorse utili per affrontare al meglio le asana più difficili per noi entriamo nel vivo del nostro percorso1. Le ultime lezioni sono la chiave di volta per capire quale è lo scopo ultimo dello yoga. Non una semplice pratica fisico-sportiva, ma una grande risorsa a livello mentale che può fare la differenza anche in percorsi di crescita personale. A partire dai temi specifici che affrontiamo si capirà come praticare yoga ci possa aiutare a maturare a livello psico-emotivo nella nostra vita quotidiana. Proseguiamo oggi il nostro percorso analizzando nuove risorse della pratica in vista del cambiamento.
How the body changes the mind & Vice Versa
Nell’ultima lezione dedicata al cambiamento abbiamo visto come il nostro atteggiamento durante la pratica non dovrebbe essere rivolto al raggiungimento dell’esecuzione perfetta di una certa asana (esterno, esteriorità, estetica della forma), bensì verso l’osservazione di noi stessi, (interno, interiorità, spiritualità). Dovremmo approcciarci cioè alla pratica ascoltando la nostra mente e il nostro corpo. La pratica è una sorta di preghiera e può diventare una meditazione in movimento. Connettendoci al nostro Sé più profondo saremo via via sempre più in grado di trovare uno spazio sicuro dentro di noi, inattaccabile dagli eventi esterni. Uno spazio da cui crescere e rifiorire ogni giorno. Se dunque da una parte l’atteggiamento interiore del guerriero umile (corrispondente a Baddha Virabhadrasana) dovrebbe essere la premessa e la costante della nostra pratica, dall’altra dobbiamo anche prendere coscienza del fatto che per cambiare bisogna imparare prima di tutto a riconoscere gli stati conflittuali interiori nel momento in cui emergono (pensieri autolesionistici, critici, fallimentari, ripetitivi, ossessivi…) per poi imparare a osservarli e lasciarli andare. Del conflitto non sempre abbiamo bisogno, a meno di non essere in grado di instradarlo per farne il volano del cambiamento cercato. Come stoppare però la mente negativa e darle un differente focus, tanto più nel momento esatto in cui, pur provandoci accanitamente, non ci riusciamo? Come fare quando, ossessionati da qualche pensiero ricorrente, cerchiamo di liberarcene, ma sotto sotto siamo convinti che non sia possibile? Come cambiare set mentale proprio nel momento in cui pensiamo di non farcela?
Esattamente come quando lavoriamo sulle posizioni di equilibrio o pratichiamo Kundalini.
Per uscire dai conflitti della nostra mente non solo dobbiamo arrenderci, accettando il conflitto in essere, come abbiamo visto la scorsa volta – ma dobbiamo imparare anche a concentrarci e a fidarci. Apparentemente niente di più dissonante, ma...
Tra le prime posizioni di equilibrio che ho imparato ricorderò sempre Bakasana. Forse perché all’inizio mi faceva ridere come da bambini ritrovarmi in una posizione da gallina accovacciata a cercare di non sbattere la faccia a terra. Quello che però ho capito col tempo è che tutte le posizioni di equilibrio ci chiedono, più delle altre asana, di abbandonarci alla pratica. Per praticarle dobbiamo cercare infatti il punto esatto del nostro centro e per riuscire a trovarlo, superare numerose paure interiori. All’inizio sembra impossibile, ma dopo un po’ di pratica il corpo impara gradualmente la corretta posizione da tenere e come attivare i bandha2. Soprattutto però impariamo a trovare la nostra concentrazione, grazie anche al mantenimento del Drishti (la direzione dello sguardo fissa su un preciso punto che l’asana richiede). Trovato il punto di equilibrio, anche a testa in giù, ci si ritrova in una naturale posizione di calma e rilassamento e in ascolto del nostro respiro, con la mente svuotata e attenta solo al momento presente (cosa che ci permette appunto di non cadere). Ecco perché le posizioni di equilibrio sono tra le migliori per sviluppare capacità di concentrazione! Quindi una volta diventata familiare la sensazione che si ottiene trovando il nostro punto di equilibrio saremo in grado di ripetere quell’atteggiamento di focus in qualunque circostanza della nostra vita. È davvero solo questione di pratica. E più a lungo impareremo a tenere una posizione di equilibrio e più aumenteremo le nostra capacità di concentrazione.
E cosa serve, direte voi, sapersi concentrare quando la nostra mente negativa/ossessiva si accanisce contro di noi? La pratica del Kundalini non potrebbe rispondervi meglio.
Per chi non lo sapesse il Kundalini Yoga si caratterizza per l'esecuzione di una serie specifica di sequenze (cosiddette Kriya) che combinano insieme diverse tecniche yogiche quali asana (posizioni fisiche/posture), mudra (specifiche posizioni delle mani e delle dita), pranayama (tecniche di respirazione) e mantra (ovvero la ripetizione di parole sanscrite volte alla concentrazione e meditazione). Il tutto accompagnato dalla musica che ha un ruolo particolarmente significativo in questo tipo di yoga. È una pratica che migliora le funzioni del sistema cardiovascolare, nervoso, digestivo e linfatico, ma che in più, rispetto a tutti gli altri tipi di yoga, mira specificatamente a bilanciare le polarità energetiche del nostro sistema sottile, producendo effetti a livello organico, psichico ed emotivo. E qui il punto. La nostra mente negativa/ossessiva3 è strettamente legata ai nostri stati emotivi. “Lavorare” attraverso la pratica su questi ultimi significa modificare le vibrazioni energetiche su cui viaggiamo e migliorare il nostro stato mentale. Per riuscirci i Kriya richiedono la ripetizione, questa sì “ossessiva”, di certi movimenti, da eseguire inoltre per diversi minuti consecutivi. Riuscite a immaginare di ripetere lo stesso movimento con una o più parti del corpo per minuti e minuti che sembrano non finire mai?
Ecco diciamo che io di solito nel momento di massimo sforzo mi ritrovo quasi puntualmente a imprecare contro me stessa e a chi me l’ha fatto fare, e perché…la mia mente negativa ha il sopravvento e boom, comincia a bombardarmi il cervello di messaggi tipo: “No, no, io sto giro non ce la posso fare, che dolore, voglio morire, ma quando finisce? basta, basta, basta!” Una povera pazza mi sento, giuro. Di fatto però la sfida sta proprio lì. E il passo successivo è che quando inizio ad accorgermi di questi pensieri provo a cambiare mindset e a dirmi cose rassicuranti tipo: “Che sensazione di leggerezza, non sento più lo sforzo, rilassati, respira, ce la puoi fare…” e piano piano mi cerco di immaginare in luoghi idilliaci, a contatto con la natura, immersa in prati verdeggianti o su isole lontane… insomma distolgo il pensiero dal dolore e… Beh, forse non ci crederete ma, funziona! Io inizio a volare e come per magia a non sentire più il dolore.
Un po' come succede a livello fisico quando dopo un po’ che si corre o nuota si “spezza il fiato” e finalmente si va, senza provare più la sensazione di fare uno sforzo immane.
La prima volta che sono riuscita a superare il dolore e il senso di fatica, ho visto la luce (sì, come John Belushi!). Perché sperimentare fisicamente che abbiamo il potere di guidare la nostra mente verso dove meglio crediamo, significa scoprire che davvero possiamo superare molti di quelli che crediamo essere i nostri limiti (sensazione di dolore, mente negativa e pensieri ossessivi inclusi). Significa scoprire che le sensazioni del corpo dipendono anche da quello che pensiamo e sentiamo a livello emotivo. E soprattutto significa capire che se tutto questo vale sul tappetino, perché non dovrebbe funzionare anche nei momenti critici della nostra vita?
Ed eccoci lì allora mentre camminiamo per strada e ci riscopriamo ossessionati da qualche pensiero ricorrente, e più cerchiamo di liberarcene, più rimaniamo nel loop mentale per ore, se non per giorni. In quei momenti si tratterà non solo di analizzare quello che ci sta succedendo e perché, ma di attivare le risorse in nostro possesso, mettendo a frutto quello che abbiamo imparato sul tappetino: distacco, concentrazione, cambio di immagine mentale e, fiducia che possiamo cambiare mindset, perché ora lo abbiamo sperimentato. Ora sappiamo come farlo! Si tratterà di renderci conto che siamo in preda a quel determinato stato emotivo e che dobbiamo iniziare con l’accettarlo, poi osservarlo e poi superarlo, concentrandoci su altro o lasciandolo andare in primis. La soluzione verrà. Come? Osservatevi.
Le nostre energie, i nostri pensieri, le nostre emozioni cambiano ogni trenta minuti diceva Yogi Bhajan 4, quindi impossibile non sperimentare anche le emozioni negative. La vita è un flusso e non bisogna remargli contro. La mente negativa allora non va negata in assoluto, bensì accettata e superata. E la pratica del Kundalini ci insegna, tra le altre cose, proprio questo.
La mente negativa è la più rapida. La mente positiva è espansiva e pratica. La mente neutra stima ogni cosa.
(Yogi Bhajan)
Nessuna magia quindi, ma quando saremo in grado di osservare la nostra mente positiva e quella negativa sperimenteremo lo stato di mente neutra, e usciremo dallo stato di cecità in cui lo stress ci ha condotto. È proprio allora che inizieremo a essere intuitivi, centrati, consapevoli e in grado di prendere la decisione giusta per noi. Provare per credere?
1 Cfr. lezioni precedenti su Wall Street International.
2 I bandha (sigillo, legame) sono contrazioni muscolari che si eseguono a livello pelvico (mula bandha), diaframmatico (uddiyana bandha) e della gola (jalandhara bandha) durante l’esecuzione degli asana per bruciare tossine e migliorare la circolazione sanguigna e linfatica.
3 Secondo il Kundalini Yoga esistono tre tipi di menti. La mente negativa: rapida, automatica e che, a differenza di quanto più comunemente s'intende, è fondamentale perché ci allerta dei pericoli e c'entra con lo stato di sopravvivenza. È il suo squilibrio se mai che può condurci a vivere nella eccessiva paura, in stati ossessivi, bloccandoci nell'inazione. La mente positiva è quella pratica, ci permette di agire, è affermativa e cerca sempre l'appagamento. Infine la mente neutra. È colei che ci permette di stimare ogni cosa per soddisfare noi e il nostro destino. Si attiva più facilmente durante la meditazione. Ci rende capaci di valutare con calma gli stati emotivi indotti dalle altre due menti, per arrivare a conclusioni equilibrate e in linea con il nostro più autentico Sé.
4 Yogi Bhajan nato in India nel 1929 viene iniziato allo yoga all'età di otto anni divenendo Maestro di Kundalini Yoga all'età di soli sedici anni. Laureato in Economia, durante la sua carriera accademica e il suo servizio governativo non ha mai smesso di insegnare yoga a persone di ogni estrazione sociale. È considerato colui che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, ha fatto conoscere il Kundalini Yoga all’Occidente, rompendo la secolare tradizione di segretezza che circonda questa scienza potenziante e proponendo un'alternativa efficace alla cultura della droga prevalente in quegli anni. È stato il fondatore e direttore spirituale della 3HO (Healthy, Happy, Holy Organization) Foundation, oggi diffusa con centinaia di centri in più di 72 paesi. L’intera e affascinante storia della sua vita la trovate qui.