Da molto tempo l’esistenza di un ordine spontaneo nell’universo sconcerta gli scienziati. Le leggi della termodinamica sembrano infatti prescrivere il contrario, cioè che la natura sia inesorabilmente destinata a degenerare verso uno stato di maggior disordine, di maggiore entropia. Eppure, tutto intorno a noi vediamo strutture magnifiche – galassie, cellule, ecosistemi, esseri umani – che in qualche modo sono riuscite ad assemblarsi.
(Steven Strogatz, Sincronia. I ritmi della natura, i nostri ritmi)
La seconda legge della termodinamica, con la sua definizione di entropia, stabilisce un criterio di tempo – peculiare al nostro essere uomini – come un criterio di ordine. È un confine di probabilità tra passato e presente, presente e futuro. Il passato è ordinato: poche forme possibili, che hanno una bassa probabilità di manifestarsi, e che proprio per questo possiamo distinguere dallo sfondo del fluire degli eventi. Il futuro è disordinato: tante forme possibili - tutto può accadere - su cui riteniamo di poter influire con le nostre decisioni, con le nostre scelte, con i nostri comportamenti.
Ma questa differenza tra un prima e un dopo, tra una conformazione ordinata ed una disordinata, dipende dai criteri che usiamo per definire ordinata una data configurazione, tanto da distinguerla dalle altre. Come dice Boltzmann, dipende dalla ‘sfocatura’ con cui osserviamo la nostra realtà. Non siamo biologicamente in grado di vedere i movimenti microscopici degli elementi di cui tutto ciò che ci circonda è fatto, e vediamo stabilità e configurazioni ordinate grazie ai criteri grossolani con cui percepiamo attraverso i nostri sensi, selezionando ciò che riteniamo essenziale per noi stessi.
Viceversa, la seconda legge della termodinamica definisce anche un criterio di equilibrio stabile, verso cui tutto tende, ed è il disordine totale, perfetto. Così perfetto da divenire immutabile, fermo, eterno. E questa è l’unica definizione di futuro che la scienza ci offre: il calore distribuito uniformemente, l’immobilità, la massima entropia.
Difficile scegliere tra queste due prospettive: ordine perfetto e disordine perfetto. Entrambe sono, in qualche modo, fuori dal nostro presente, l’unica realtà che, in fondo, viviamo. Eppure, continuiamo a fare riferimento a queste grandezze per definire la nostra vita.
Tuttavia, c’è una forza che si manifesta in senso opposto all’entropia, ed è la sincronia. La sincronia è forse la spinta più pervasiva dell’universo: riguarda qualunque elemento, dal più piccolo al più grande, dall’animato all’inanimato. È una tendenza profonda che porta all’ordine spontaneo in natura e che contrasta l’entropia.
Questo ordine si manifesta sia nello spazio che nel tempo. La sincronia nello spazio è come i cristalli di ghiaccio i quali, ad una certa temperatura, assumono tutti insieme bellissime forme simili tra loro. La sincronia nel tempo è invece movimento: un movimento coordinato di più elementi simili tra loro, che sembrano essersi accordati pur non avendo in realtà raggiunto alcun accordo precedente. È un ordine che sorge dalla sincronia di comportamenti individuali. Esempi di sincronizzazione nel tempo sono gli stormi di uccelli o il canto dei grilli, le cellule pacemaker nel nostro corpo o i circuiti neuronali nel nostro cervello, gli atomi che fluiscono nel laser o il sistema di localizzazione dei GPS, la rotazione della Luna attorno alla Terra o il modo in cui guidiamo un’automobile nel traffico.
L’ordine dinamico è, a differenza del disordine entropico, un equilibrio instabile. In continuo movimento, non sappiamo come si comporterà realmente ciascun singolo, specifico elemento, né quanto durerà il fenomeno nel suo complesso. Ma possiamo osservare come il tutto divenga un processo che, pur trasformandosi costantemente, tende ad avere una certa durata. Non sfocia subito nel disordine ma, anzi, gli oppone resistenza, bloccando il dilagare dell’entropia. E questo movimento coordinato genera, in noi che lo osserviamo, un senso di stupore e meraviglia. Una profonda bellezza che ci affascina e ci coinvolge. E, forse per la sua imprevedibilità, ci lascia stupefatti.
Quando più cose accadono contemporaneamente, a volte diciamo che non è il caso a generarle, ma qualcosa di trascendente e misterioso a cui non riusciamo a dare un nome. Diciamo che “nulla succede per caso”, che “le coincidenze non esistono”, non riuscendo tuttavia a comprenderne l’accadere, attribuendolo spesso a forze sconosciute e più grandi di noi.
In realtà, è un ordine spontaneo quello che si manifesta: per noi che siamo abituati a pensare che tutto ciò che avviene debba essere previsto, modellato, coordinato e controllato, è difficile non solo da comprendere, ma anche da accettare.
L’ordine dinamico ha diverse caratteristiche: per rendere coordinati i comportamenti dei singoli elementi, è necessario che questi possano comunicare tra loro in qualunque modo possibile, ovvero che siano in relazione: ad esempio tramite dei segnali biologici o chimici, o tramite il movimento reciproco.
I singoli elementi devono essere simili tra loro: la similitudine riguarda, ad esempio, i tipi di atomi, o di cellule, o di organi, o di animali, o di persone. Ci sono quindi gerarchie di sincronie.
La sincronia riguarda sia elementi animati che inanimati; raggiunge un equilibrio instabile ma non provvisorio o temporaneo, manifestando quindi una certa resilienza rispetto all’esterno. E, non ultimo, ci piace molto osservarla o prendervi parte. Come cantare in coro, ballare insieme, camminare allo stesso passo: ci fa sentire in armonia con noi stessi, con gli altri, con l’universo intero.
Una peculiarità dell’ordine dinamico è la qualità che acquisisce il sistema che lo mostra. Non è più una collezione di elementi – atomi, molecole, cellule, persone, animali, pianeti e stelle – ognuno separato o separabile dall’altro. L’insieme degli elementi ottiene, grazie alla sincronia, una forza e una qualità straordinaria. Il fascio di luce emesso da un raggio laser ha delle proprietà inimmaginabili rispetto alla luce tradizionale di una lampada, eppure gli atomi sono gli stessi. La differenza è nella coerenza che i miliardi di atomi presenti nel laser manifestano emettendo onde luminose in sincronia, con un unico colore e un’unica fase. L’utilizzo del laser per interventi chirurgici che richiedono la massima precisione su dimensioni molto ridotte, o il suo utilizzo per trasmettere enormi quantità di dati attraverso le fibre ottiche, sono solo alcuni esempi di come la sincronia tra elementi altrimenti disordinati e disorganizzati possa mutarne radicalmente la qualità.
La sincronia mostra il tempo non come una freccia che si muove linearmente in una sola direzione, dal passato al futuro, dall’ordine al disordine, quanto piuttosto come una coordinazione di tanti elementi simultaneamente nel tempo e nello spazio, facendo emergere delle isole di discontinuità dalle qualità straordinarie. Il tempo diviene così il ritmo dell’accadere di tutte le cose. Una gerarchia di ritmi interconnessi.
La sincronia ci induce a pensare al tempo non come a elementi singoli che suonano separatamente creando un effetto cacofonico, ma come a una sinfonia suonata da tanti strumenti che riescono a trovare un loro ordine dinamico coordinandosi l’uno all’altro, oscillando tra il silenzio e l’armonia del suono.
Se c’è una freccia del tempo che definisce l’aumento del disordine, della dispersione, dell’entropia come tema universale a cui è inutile opporsi e da cui è impossibile sottrarsi, esiste anche, in direzione contraria, una freccia che spinge verso l’aggregazione, la coordinazione, la vita. Che crea isole di bellezza in un arcipelago di dispersione. Che non definisce il tempo irreversibile che si muove verso l’equilibrio statico, ma la simultaneità e il coordinarsi dell’accadere di una cosa rispetto all’altra, inclusi noi stessi.
Questa freccia non è stata ancora sufficientemente studiata, forse perché richiede uno sguardo radicalmente diverso rispetto a quello abituale in ambito accademico e scientifico. Richiede uno sguardo capace di riconoscere le dinamiche collettive e non i singoli comportamenti individuali; una focalizzazione sulle relazioni tra variabili e non sulle singole variabili. Su come cambiano le singole variabili quando sono in relazione con altre, e come queste si intreccino con innumerevoli altre.
Uno sguardo obliquo, trasversale, che sia disposto a rinunciare a quelle certezze che solo un ordine statico può offrire, per aprirsi alla bellezza e alla meraviglia.