Imprenditrice di successo nel mondo della traduzione e dei servizi linguistici dal 1990, alla guida di Trans-Edit Group e della sua recente evoluzione specialistica, Landoor, Adele Nardulli è da sempre paladina di un modello di impresa che capovolge i paradigmi tradizionali delle relazioni tra le Persone.
Insignita di numerosi riconoscimenti, dall’Ambrogino imprese fino ai premi CSR e Women Value Company di Fondazione Bellisario, il suo modello di PMI è un laboratorio di competenze e umanità, mirante a diventare centro di irradiazione, nella società e nelle istituzioni, di una visione che ha a cuore il ben-Essere e la crescita dell’individuo.
Per riassumere la mia parabola imprenditoriale a un recente convegno volto a incoraggiare le donne a fare impresa ho adottato l’acronimo SLACK, che in inglese significa “allentato”, “flessibile”, una costante della mia vita.
“S” come “Studiare”
Essere curiosa di tutto. Assaggiare ogni disciplina, anche se poco gradita, e coglierne la sostanza. Basterà per orientarsi su quella che ci è più consona e che farà il nostro futuro. E il resto ci verrà in soccorso quando meno ce lo aspettiamo. Me lo hanno insegnato i miei studi universitari umanistici – Lingue e letterature straniere – portati avanti contemporaneamente a quelli professionali – Scuola interpreti – e alle prime esperienze imprenditoriali. Come negli anni, corsi, workshop, convegni, consulenze, certificazioni... una vita di formazione quanto più possibile diversificata.
Tutte queste conoscenze apparentemente così slegate tra loro si sono composte, una volta alla guida delle mie aziende, come i pezzi di un puzzle: conoscenze legali, finanziarie, informatiche, HR management, relazioni pubbliche, marketing… oltre, ovviamente, alle competenze core, quelle linguistiche. Pur appoggiandosi a specialisti in tutti i settori, credo che solo l’imprenditore possa sapere, novello direttore d’orchestra, come orientarli verso la speciale musica della propria azienda.
“L” come “Lavorare”
Con precisione e con pazienza. La laboriosità conferisce sicurezza e rafforza la convinzione di meritare ciò che si chiede. La prima persona da convincere del proprio valore siamo noi stessi. L’ho sperimentato in trent’anni di attività, dove, anche in situazioni in cui avrei potuto gridare allo sfruttamento, ho continuato a lavorare alacremente, fino a 12-13 ore al giorno, con dedizione e precisione, per non prestare il fianco a critiche. Questo, ad esempio, mi permise, dopo due soli anni di collaborazione con Trans-Edit Group, di diventarne socia, quindi amministratrice e infine titolare al 50%. Lavorare il doppio perché – come donne – ci venga riconosciuto un terzo? Vera la prima parte, non la seconda: quando la coscienza è a posto, si ha anche la forza per pretendere ciò che è giusto.
“A” come Agire
Ma procedere lentamente, cogliendo le occasioni che il destino ci presenta e gestendole senza mosse avventate. Come donne, non ci verrebbero perdonate. Negli anni non ho fatto grandi passi che forse avrebbero potuto fare la mia fortuna, non ho messo l’azienda nelle mani di un top manager o di un fondo di investimento per farla decollare. Ho agito adottando soluzioni inedite alle problematiche che man mano si presentavano. Ad esempio, nel 1999 introducendo in azienda la baby room per rispondere alle esigenze delle collaboratrici madri o nel 2003 il desktop remoto e i primi dittafoni digitali, primo nucleo di smart working.
“C” come “Cambiare”
Quando, con la crescita e la propria femminilità, la veste ci va stretta, avere il coraggio di cambiarla. Nel 2017 ho voluto smantellare la vecchia azienda, Trans-Edit Group, che non rispecchiava più i miei valori e il mio credo, e ho rifondato quasi da zero un gioiellino tutto mio, Landoor, dove posso finalmente esprimere a pieno la mia visione, che fonda il lavoro sul rispetto delle esigenze delle Persone, sulla loro crescita e sulla loro valorizzazione.
“K” come Vitamina K
La vitamina K, responsabile della coagulazione del sangue, metaforicamente gli investimenti per progredire sempre, soprattutto in digitalizzazione e innovazione. Non ho mai pensato di poter fare tutto da sola. Gli investimenti sono il fondamento di ogni crescita aziendale e negli anni ho sempre colto tutte le occasioni possibili per ottenerli. Dai fidi bancari ai bandi pubblici, soprattutto i fondi europei per lo sviluppo, utilizzati per finanziare le attività R&S in campo di tecnologia linguistica e digitalizzazione e rendersi competitivi su un mercato digitale sempre più aggressivo.
Il messaggio conclusivo è, dunque, che la qualità e il merito vincono sempre.
E il merito, oggi, credo nasca da un perfetto mix tra hard skills e soft skills, competenze tecnico-specialistiche e intelligenza emotiva, entrambe coltivabili. Importante che le donne, naturalmente più portate a coltivare le seconde, si attrezzino per l’acquisizione anche delle prime, per assicurarsi il grimaldello al famigerato soffitto di cristallo. Per questo, da circa un anno porto avanti un progetto con tre intraprendenti professoresse del Politecnico di Milano, rivolto a donne con formazione non STEM per l’accesso al master di Innovative Entrepreneurship, cui oggi accedono esclusivamente aspiranti imprenditrici o manager con laurea STEM. Lo scopo è quello di fare acquisire competenze tecniche e specialistiche di base per poter accedere a posizioni manageriali - o avviare attività in proprio - a un bacino prevalentemente inutilizzato di risorse socioculturali, umane e psicologiche della nostra popolazione.
Come è entrata nel mondo del tradurre?
Le lingue sono sempre state la mia attrazione fatale. Alle elementari, quando ancora non era materia di studio, passavo parte delle ore estive a studiare l’inglese con un’insegnante al mare. Recitavo le mie prime brevissime frasi davanti allo specchio, pregustandomi la scena in cui le avrei pronunciate per comunicare con i bambini stranieri in spiaggia.
Negli studi successivi la propensione all’apprendimento delle lingue si manifestò sempre più chiaramente, portandomi a imboccare il percorso linguistico sia alle superiori, sia a livello universitario. Quindi titolo superiore di Traduzione presso la Civica Scuola Interpreti e Traduttori di Milano, ora Altiero Spinelli, e successivamente laurea in Lingue e letterature straniere all’Università Statale di Milano.
Rifiutate le prime proposte di “posto fisso” come segretaria, la mia attenzione si rivolse subito a cercare occasioni imprenditoriali in cui mettere a frutto le conoscenze acquisite in modo autonomo e creativo.
E, come detto sopra, l’occasione arrivò.
Trent’anni di attività con un obiettivo sempre chiaro in mente: comunicare, intermediare tra persone di realtà diverse, fungere da veicolo di pensiero. La cifra su cui si è incentrata non solo la mia intera carriera professionale, ma anche e soprattutto la mia crescita personale: fungere da ponte tra lingue e culture distanti, tra mentalità e pensieri apparentemente in contrasto, per demolire le barriere tra i popoli e, in ultima analisi, tra gli esseri umani.
Fondatrice nel 2017 di “Landoor”, dopo essere stata alla guida di “Trans-Edit Group”: quale significato ha il nome “Landoor” e cos’è cambiato e cos’è rimasto in questa transizione?
Landoor come Language+door+infinito, la porta su un linguaggio universale. Laddove l’“universale” è rappresentato dall’infinito del logo, a sostituire le due “o” di “door”. Oppure, come fusione di “Land” e “door”, porta di accesso a tutti i Paesi del mondo.
Una realtà, quindi, in cui non si fanno “semplici traduzioni”, ma si mettono in relazione mondi anche molto distanti, grazie a una porta di collegamento rappresentata dal linguaggio.
Landoor è poi il nome del paese immaginario in cui è ambientato un libro fantasy della mitologia nordica: una scelta significativa se si considera che l’Europa e il suo retaggio culturale rappresentano il nostro target. Contiene inoltre “AND”, sigla di Adele Nardulli Delia (laddove Delia è il mio nick name). Infine, contiene i due operatori booleani AND e OR, ossia “tutte le possibilità”.
Landoor porta con sé l’esperienza maturata in trent’anni di attività dalla sottoscritta e dalle Persone cresciute nell’universo Trans-Edit, rinnovandola con nuovi spunti di umanesimo digitale e con una mission più incentrata sulla ricerca di una lingua comune tra persone e popoli diversi.
La traduzione di testi letterari, a volte non riesce a rispettarne l’intimo spirito, ci sono problemi anche per versione di testi di altro genere?
La traduzione dei testi letterari richiede lo stesso approccio – non parlerei di problemi - che richiedono i testi pubblicitari o di comunicazione: dai siti web alle azioni di web marketing, dalle brochure ai comunicati stampa, dove è importante non solo veicolare i contenuti ma trasferire nella realtà target gli obiettivi del brand e le strategie commerciali dell’azienda.
Se già l’attività di traduzione in sé, anche di testi semplici, è infatti profondamente legata all’elemento umano, poiché comprende l’interpretazione del contenuto di un testo sorgente e la successiva produzione di un nuovo testo in un’altra lingua, mantenendone inalterato il significato e rispettandone registro e stile, tanto più questo è vero per i contenuti della comunicazione aziendale, in cui si parla di un’attività più evoluta della traduzione, che sconfina nel copywriting. Questa attività, detta “transcreation”, prevede un adattamento creativo del testo secondo le caratteristiche della cultura e del mercato di destinazione. Il transcreator è una figura relativamente nuova di professionista con un perfetto mix di competenze: capacità linguistiche ed espressive, sensibilità culturale e conoscenza del mercato di riferimento. Nel “tradurre”, spesso “ricrea” il testo, arricchendolo del valore aggiunto dato dall’adattamento di contenuti e immagini al contesto culturale del destinatario finale, per risvegliare nella lingua target le stesse implicazioni emozionali della lingua di partenza. Il suo compito è anche “localizzare” i riferimenti culturali quali giochi di parole, allusioni umoristiche, proverbi, alla cultura locale e, nei siti web, le keywords ai fini SEO e SEM.
Qual è stata la traduzione che le ha dato più soddisfazione?
La traduzione di un libro di fiabe, in gioventù, una fuga nel mondo dell’infanzia nei primi anni di attività imprenditoriale. Attività pressoché di svago, riservata al tempo libero dei fine settimana, che mi consentì di dare libero sfogo alla fantasia nella rielaborazione dei testi originali affinché risuonassero altrettanto magici ed evocativi nella nostra lingua. Massima espressione dello sforzo creativo fu la riscrittura in rima delle filastrocche, con l’abbandono delle strutture sintattiche e dei vocaboli inglesi, a favore di una riespressione dei contenuti in italiano, nel rispetto dello stesso campo semantico. Lo scopo: risvegliare nel piccolo lettore italiano le stesse implicazioni fantastiche pensate per il lettore inglese.
E poi la reinvenzione dei nomi dei personaggi, che suonassero divertenti e affascinanti quanto in inglese, abbandonando in alcuni casi sonorità più tipicamente anglosassoni a favore di simpatici soprannomi, evocanti immagini affini al nostro mondo e alla nostra realtà italiana.
Più di recente, un ritorno di fiamma del mio “mestiere” di traduttrice, ormai schiacciato dalle responsabilità imprenditoriali, è stata la revisione di una brochure di marketing scientifico tradotta dall’inglese all’italiano nel settore delle apparecchiature di chirurgia oftalmica. Questo tipo di traduzione richiede un flusso molto articolato, che parte dalla traduzione specialistica, procede con la peer revision di un secondo traduttore, la revisione scientifica di uno specialista, fino al copy-editing, la rielaborazione stilistica ai fini commerciali. Quest’ultima fase è a cura di redattori scientifici specializzati, consapevoli delle caratteristiche del mercato target e, trattandosi di testi medicali, dei limiti imposti ai contenuti manifestamente “pubblicitari” del testo. Rivedere e ottimizzare un documento finale frutto di un workflow così complesso rappresenta la sfida più affascinante che si possa cogliere nell’attuale mondo della traduzione.
La sua agenzia ha ricevuto importanti riconoscimenti perché si è distinta nell’applicazione di politiche di valorizzazione del lavoro femminile e di gestione della gender diversity…
La coscienza del patrimonio insostituibile delle Persone nel nostro processo di lavoro, unita alla prevalenza di personale femminile e alla forte connotazione “human” del mio business model, hanno trasformato Landoor – già Trans-Edit Group – in precursore “spontaneo” delle politiche di work-life balance e benessere lavorativo già sul finire del millennio scorso.
È in quegli anni che creiamo in azienda lo “spazio bimbo”, adibito all’allattamento e alla cura dei piccoli fino al primo anno di età, e avviamo il primo processo di digitalizzazione, con il passaggio dall’analogico al digitale nella dettatura e trascrizione delle traduzioni e l’introduzione di sistemi di connessione in remoto, spianando la strada a uno smart working ante litteram. Questo consente non solo di migliorare la vita delle donne-mamme lavoratrici e di creare le condizioni ideali affinché i loro talenti possano esprimersi, ma rappresenta anche un fondamentale sostegno per i neo-papà, che utilizzano in particolare la flessibilità oraria e spaziale per dare a loro volta supporto alle mogli-madri.
Queste due iniziative pionieristiche vengono sostenute dal primo importante riconoscimento ufficiale della nostra carriera, il premio “Donna sviluppa Impresa” della Provincia di Milano nel 2003, in cui ci aggiudichiamo il secondo posto. D’altro canto, considerando il tempo-ufficio come una componente fondamentale della nostra vita lavorativa, per prevenire l’alienazione da isolamento e nutrire il dialogo prossemico, non smettiamo mai di favorire un contesto aziendale che rappresenti un luogo di incontro e socializzazione, nel quale le persone si rechino volentieri.
Negli anni prendono quindi forma diverse attività volte a soddisfare le richieste dei collaboratori all’interno dello “spazio-azienda”: dalle miniclass di pilates e aerobica nella palestra del seminterrato ai servizi salvatempo con ritiro e consegna in azienda di farmaci, spesa, riparazioni scarpe e borse. Sono i primi passi inconsapevoli nel mondo di quel “welfare aziendale” che, all’inizio del millennio, vedono agire da apripista grandi player del business globale, da Google, IBM, Intel – oltreoceano – a Luxottica, Illy e Ferrero – sul territorio nazionale.
Da allora le istituzioni diventano sempre più sensibili al tema e riconoscono l’importanza di tali sforzi se profusi all’interno di piccole-medie aziende. I riconoscimenti delle buone pratiche di Corporate Social Responsibility (CSR) di Unioncamere e Regione Lombardia e l’Ambrogino Imprese di Piazza Mercanti, conferiti tra il 2014 e il 2016 a Trans-Edit Group, oltreché indiscutibilmente gratificanti, sono lo stimolo a proseguire e, anzi, a voler divulgare l’esperimento. Nasce così l’ambizione di “fare scuola” con il proprio modello ispirazionale tra altre imprese di piccole dimensioni.
Nel 2016 formalizziamo quindi il primo programma di welfare aziendale, battezzandolo “WellTeg” e dedicandolo sia ai dipendenti sia ai collaboratori free-lance (prevalentemente donne). Alle attività sportive si aggiungono le giornate di informazione sanitaria a cura di specialisti della salute e si ampliano i servizi salvatempo con sartoria, lavanderia e lavaggio auto. Si aprono le porte alle imprese vicine, incentivando i rapporti con la comunità di appartenenza, per rendere più sostenibili i progetti.
In quest’ottica di economia condivisa, nel 2017 si sceglie come sede per la neonata Landoor il business hub di Copernico Centrale che, per consonanza di intenti e la compresenza di 250 aziende e 1800 persone nei due soli edifici attigui, rappresenta da subito la patria di elezione del nuovo programma di benessere aziendale, Weldoor. I primi riconoscimenti alla nuova azienda non tardano ad arrivare: dal premio Women Value Company di Fondazione Bellisario, per la valenza di women empowerment del nostro modello di business, all’attestazione come finalisti del premio Eccellenze di impresa di Harvard Business Review, GEA e Arca sgr.
Importanti inoltre, tra il 2016 e il 2019, le chiamate quale relatrice ai prestigiosi tavoli di Parlamento Europeo, Regione Lombardia, Ministero del Lavoro e Commissione permanente su Lavoro e Previdenza sociale del Senato, nonché a diversi convegni sul tema (Altis Università Cattolica, Festival Nobilita, “Cambio di civiltà - Impresa dei desideri” alla Fabbrica del Vapore, “Senso della competizione…” di UIL PA, Associazione Giovani Avvocati Milanesi, e, recentissimo, il master in Management della Facoltà di Economia dell’Università di Genova). Infine, degno coronamento, il contributo ai libri “Un welfare aziendale per le donne” di Filippo di Nardo e “Tutta questione di benessere” della già Welfare manager di Nestlé, Elisabetta Dalla Valle.
“Human-to-human” è alla base della sua impresa…
Il nostro modello human-to-human si fonda sul connubio tra eccellenza tecnologica e intervento umano. È per questo che innoviamo costantemente processi e tecnologie linguistiche, mettendole al servizio delle Persone che, tuttavia, con la loro creatività e professionalità, rimangono il vero patrimonio dell’azienda. Parliamo dei sofisticati software di traduzione automatica e assistita, e dei database terminologici e fraseologici, aggiornati in tempo reale su piattaforme condivise da professionisti residenti nei paesi delle lingue target, che forniscono un supporto inestimabile lavoro dei traduttori e dei revisori.
Parliamo anche di scelte tecnologicamente ambiziose come la piattaforma web interattiva nata dal lavoro del nostro reparto di Ricerca e Sviluppo, che non solo offre alla clientela un servizio avanzato h24, ma consente anche la flessibilità oraria di chi gestisce il lavoro: se il progetto viene pre-impostato per procedere in automatico in propria assenza, il Project Manager può uscire dall’ufficio alle 16, andare alla festa a scuola del figlio, tornare a casa e controllare che tutto sia in ordine. Oppure farlo dallo smartphone nella sala di attesa del centro medico dove ha accompagnato un familiare.
Il primo posto da noi conseguito nel bando Impresa digitale del Comune di Milano nel 2013 premia questa sempre vigile attenzione alle tecnologie che consentono le pratiche di lavoro in remoto. La tecnologia, quindi, non sostituisce la persona, ma ne agevola il lavoro e facilita il work-life balance. L’intervento creativo e umano della Persona rimane di importanza imprescindibile. Il nostro atout nel mondo dominante, ma spersonalizzato, dei colossi multinazionale della traduzione.
Ha sottolineato la responsabilità sociale d’impresa, sperimentando innovative politiche di welfare …
Il modello “human-to-human” si fonda sui valori etici di attenzione alle Persone e sulla convinzione che “chi sta meglio lavora meglio”. Per questo è nato Weldoor, il programma di benessere aziendale fondato sui duplici aspetti di flessibilità e conciliazione vita-lavoro, e ambiente lavorativo gradevole e stimolante. Una formula che vuole diventare paradigma di riferimento per la CSR delle PMI italiane che, come Landoor, investono sul valore umano per assicurare il benessere fisico, psicologico e sociale delle Persone, e la loro crescita individuale, aumentandone la motivazione e la fidelizzazione, con ricadute inevitabilmente positive sul successo dell’azienda e della società tutta.
Weldoor si fonda sull’armonizzazione di tutte le componenti della vita dei collaboratori - lavoro, affetti, svago, salute, sfera psicologica e relazionale – e si struttura quindi in quattro moduli: flessibilità, risparmio di tempo, benessere lavorativo, salute e fitness.
Smart working: flessibilità oraria e spaziale
Grazie a dotazioni digitali avanzate (cloud computing), i dipendenti possono organizzare la propria giornata lavorativa, dentro o fuori dall’ufficio, gestendo in autonomia pause, ferie e permessi, con il solo obiettivo di portare a termine il progetto preso in carico e le esigenze collettive. Tale modalità di lavoro flessibile è formalizzata nell’accordo integrativo aziendale siglato con il sindacato e basato sulla normativa sul Lavoro Agile entrata in vigore nel 2017. La nostra esperienza di PMI è stata tra le prime a livello territoriale in tema di relazioni sindacali, soprattutto in un Paese come l’Italia dove talvolta si tende a pensare che la conciliazione vita-lavoro sia possibile soltanto nei piani di welfare delle grandi multinazionali.
Attualmente i nostri collaboratori utilizzano lo smart working per circa il 30% del proprio tempo lavorativo.
Convenzioni sul territorio per servizi salvatempo
Sempre nell’ottica di consentire al lavoratore di conciliare al meglio l’impegno sul lavoro con la vita privata, i dipendenti di Landoor possono usufruire di una serie di servizi time-saving, basati su convenzioni sul territorio con esercizi commerciali e artigiani come farmacie, lavanderie, sartorie, lavaggio auto – con ritiro e consegna in azienda. Altri servizi utili (ufficio postale, parrucchiere, riparazioni moto, garden restaurant, wi-fi gratuito) sono offerti dallo spazio di co-working in cui si trovano i nostri uffici.
Un tempo-ufficio di altissima qualità
Per controbilanciare i rischi da isolamento dello smart working, lo spazio ufficio è vivace e collaborativo, l’ambiente disteso e motivante. In questo clima positivo si sviluppano le relazioni, crescono la fiducia e l’empatia, e si allontana lo spettro della sindrome da burn-out. È un ambiente molto attrattivo anche per i Millennials e la Generazione Z, che si nutrono non solo di tecnologia, ma anche di un ecosistema lavorativo che non mette in cima alle priorità il rewarding monetario. Con un ritorno inestimabile per l’azienda in termini di freschezza di idee ed entusiasmo.
Ha inventato la “Palestra aziendale”…
È il quarto modulo del programma Weldoor. La palestra interna all’azienda aperta negli orari di ufficio, con la possibilità di staccare dal lavoro e prendersi una pausa insieme ai colleghi, è da 15 anni il nostro fiore all’occhiello. Da Trans-Edit a Landoor la visione è rimasta la stessa. Con un’ambizione in più: condividere l’esperienza di Landoor con i membri di una community molto più ampia e coesa. L’incontro con Copernico è nato da una profonda affinità elettiva: apprezzare le persone come portatrici di valori individuali e collettivi, e incoraggiarle a creare “comunità” in azienda. Per questo ci è stata affidata la gestione dello spazio fitness, come naturale proseguimento del nostro tradizionale programma welfare, con la possibilità in più di condividerlo con le 200 aziende presenti nel building. Le attività non prevedono solo un palinsesto di corsi fitness - da TRX a Thunderbell e Superjump, da Pilates a Yoga e Postural - a cura di istruttori qualificati o una palestra attrezzata, ma anche appuntamenti di informazione sanitaria e consulenza personalizzata a cura di oculisti, medici sportivi, fisioterapisti, naturopati, nutrizionisti. L’obiettivo è sensibilizzare gli individui all’importanza dell’attività fisica e della cura del corpo, prevenendo i problemi legati all’uso prolungato di computer e altri dispositivi.
Weldoor Fitness è Team Building allo stato puro: la palestra è luogo privilegiato di relax e aggregazione, nello spogliatoio cadono le barriere gerarchiche e si favorisce una maggiore trasparenza e un inarrestabile scambio nelle relazioni inter- e intra-aziendali.
Dalla “logica del controllo alla logica degli obiettivi”…
Con l’approvazione della legge sul Lavoro Agile in Italia nel 2017 e la formalizzazione sindacale volontaria dello smart working e della flessibilità oraria, fino a quel momento attuati spontaneamente in Trans-Edit Group, si ha in Landoor il coronamento ufficiale di un percorso di valorizzazione della qualità dei risultati raggiunti e di responsabilizzazione dei collaboratori. Tutti i dipendenti possono lavorare da remoto sulla base delle proprie esigenze personali: lo smart working è un’opportunità e non un obbligo.
Premiando la logica del lavoro per obiettivi, non sussiste controllo delle ore lavorate, così come non è mai stata prevista la timbratura: la flessibilità oraria e spaziale si basa essenzialmente sul rapporto fiduciario. Non conta il tempo alla scrivania, conta il risultato. Che sarà tanto più rapido e di qualità quanto più sarà lasciata alla Persona la possibilità di organizzare il suo tempo nell’arco della giornata, della settimana, del mese… Inoltre, collaboratori meno stressati, più soddisfatti e più coinvolti sono anche più creativi e produttivi. Per il successo non solo del progetto, ma dell’azienda tutta.
I risultati di questo engagement sono stati, per noi, una crescita ininterrotta del fatturato a una media del 10% annuo negli ultimi 10 anni, della marginalità tipica dell’1% annuo, una riduzione del turnover dipendenti al 2% annuo, e una percentuale di Millennials e Generazione X sulla popolazione aziendale di oltre il 50%, percentuale che cresce se si considerano gli stage in- e post-formazione (5 all’anno). Questi risultati sono la prova tangibile che anche per le PMI dare fiducia ai collaboratori e occuparsi del loro benessere non solo è possibile, ma conviene.
Ha osato infrangere il tabù di competitività e concorrenza…
In una libera economia i concetti di competizione e concorrenza non possono essere accantonati o ignorati. Vanno invece incanalati in contesti valoriali di sicuro riferimento.
La competizione interna si trasforma così in “fare squadra”, per rendere le Persone protagoniste del successo dell’impresa. Si possono scegliere mezzi strumentali, come i premi di produzione, ma la chiave di volta è di rado la leva economica: conta il mindset in cui vive il team e in cui si sviluppano le interazioni – sane – tra le persone. Il maggiore engagement delle persone e lo spirito di squadra promuovono la responsabilizzazione in una logica di “leadership diffusa”, i flussi di lavoro vengono organizzati autonomamente secondo le precise esigenze dei collaboratori, risultando più efficaci e riducendo il rischio di non compliance.
La competizione esterna, d’altro canto, con altre società del settore, passa dalla logica «win-lose» alla logica «win-win». A fronte di un unico obiettivo, assicurare il successo al proprio business nonostante la concorrenza spietata dei big multinazionali, strumenti quali il raggruppamento temporaneo di impresa, le reti di imprese o le associazioni di settore, oppure le azioni di cobranding, di condivisione del personale e altre strategie di marketing condivise, hanno portato in Landoor a ottimi risultati in termini di acquisizione di clienti prestigiosi, ma soprattutto all’introduzione di una nuova cultura di condivisione del lavoro e del risultato.
Tutti temi approfonditi in occasione del convegno “Il senso della competizione nelle attività sportivo-educative”, cui ho avuto l’onore di partecipare quale relatore nell’ottobre 2018 e in cui sono emerse le possibilità di un dialogo virtuoso tra mondo del lavoro e universo sportivo, soprattutto nei giovani, per porre le basi dello sviluppo di personalità che sappiano muoversi nel mondo e muovere il mondo, in uno stato mentale collettivo e consonante.
È anche autrice di Suggestioni tra musica immagini e parole…
Nel 2014, venticinquesimo anno di attività di Trans-Edit, ho pensato di offrire a Clienti, Collaboratori e Concittadini un’iniziativa culturale che fosse espressione di più arti - teatrale, musicale e artistico-figurativa - in un contesto diverso dalle modalità di fruizione tradizionali. Declinando dimensione aziendale in un momento di condivisione culturale con il pubblico, ho inteso creare un virtuoso legame tra chi produce, chi promuove e chi utilizza la cultura quale fattore di sviluppo economico e sociale. Così come in tanti anni di lavoro avevamo supportato migliaia di aziende nella demolizione delle barriere tra lingue e culture di mondi distanti, così, con questo evento artistico, l’obiettivo era riproporre la nostra funzione di ponte tra dimensioni artistiche differenti.
La serata ha visto Emanuele Pedrani, musicista della Filarmonica della Scala, e Marco Alberghini, attore di teatro, passarsi il testimone in una staffetta artistica alternata a momenti di improvvisazioni pianistiche, immagini e quadri tradotti in musica, e stralci di un Amleto fuori dal tempo. L’emozionalità è stata l'elemento fondante della serata, che potrà essere ricordata e agire come “seme” per un nuovo e rinnovato impegno culturale e sociale.
Reputa che l’ambiente milanese abbia facilitato i suoi innovativi progetti?
Milano, città fertile di cultura, scambi, attività sociali, crocevia di idee e innovazione… una città unica nel contaminare di cultura innovativa la vita di tutti i giorni. Riconoscendo il patrocinio all’evento Suggestioni tra musica immagini e parole, aperto al pubblico dei milanesi, il Comune di Milano ha sicuramente dato segno di grande sensibilità alle intenzioni e alle finalità del progetto.
Le numerosissime occasioni di condivisione, approfondimento e conoscenza – dai convegni ai workshop fino ai momenti formativi sui temi di inclusione, gender equity, welfare e benessere lavorativo – oltre ai premi e ai riconoscimenti ricevuti dalla Camera di Commercio di Milano e dal Comune di Milano in tutti questi anni, sono stati certamente la linfa vitale di una crescita individuale, aziendale e sociale che non smetterò mai di associare al sostegno della mia città natale.
Lei si cura molto del benessere dei suoi collaboratori, cosa dovrebbe fare Milano per curare il benessere dei suoi cittadini?
Parlo da imprenditrice che considera l’azienda come il nucleo di una forza propulsiva in grado di irradiarsi nell’intera società. Per questo credo che Milano dovrebbe continuare a incoraggiare gli imprenditori come ha fatto fino a oggi, fornendo però qualche sostegno in più a chi porta avanti buone pratiche e modelli innovativi di crescita individuale e sociale. Nella mia esperienza agevolare e sostenere, anche economicamente – sotto forma di eventi e comunicazione – la diffusione delle buone pratiche messe in atto dalle aziende virtuose, in modo da favorire la diffusione di schemi di pensiero positivi, proattivi, orientati allo sviluppo della società, attraverso i concetti di benessere e felicità individuale, sarebbero già un grande aiuto.