Dei luoghi sono i segni, le relazioni, i mondi percorribili, le analogie e le interpretazioni. E del luogo è la realtà circostante, l’ambiente, gli oggetti oppure un testo, anche poetico.
Ed è su di un rapporto testo/immagine, segno/luogo che si sviluppa la mostra Luogo e segni a cura di Martin Bethenod e Mouna Mekouar, in corso a Venezia a Punta della Dogana fino al 15 dicembre, che prende forma dai testi dell’artista e poetessa Etel Adan (Beirut, 1925).
E la poesia, in questa mostra ricopre senz’altro una posizione centrale in quanto risalta non solo nei versi della poetessa libanese ma anche in quelli di Emily Dickinson, nei ricordi di Ibn ‘Arabi, Federico Garcia Lorca, Fernando Pessoa, Jack Spicer, Wallace Stevens, Philippe Jaccottet, Sarah Howe, lungo un dialogo serrato con i 37 artisti coinvolti in un percorso avvincente tutto interno alla loro relazione creativa-ideativa.
E il “luogo” affettivo, geografico, simbolico e architettonico di questo paesaggio intimo e interiore è proprio Punta della Dogana da cui si dipana l’intera mostra come una mappatura della narrazione, entro la quale muovono testi, oggetti (sculture, installazioni) e immagini, in una simbiosi unica e indivisibile, che trova il fulcro nel Garden of memory come un’esistenza e una memoria di bellezze e racconti, di testi che si ritrovano all’interno di altri segni – visivi e verbali - per dar luogo a nuove poesie. Muove così Felix Gonzales-Torres la cui opera Senza titolo apre, senza sorta di metafora, il percorso verbale-visivo, a cui sembra far da contrappunto Roni Horn, con Well and Truly, un’installazione le cui sculture pesanti e fragili, traslucide e opache, risultano essere, nelle loro analogie, reali spazi di luce, o dei paesaggi minimi in cui il mondo interno volge verso l’esterno. È questo il primo segno di un dialogo serrato, una relazione costante, che investe temi quali l’amore e l’amicizia, l’ispirazione e la stima tra interpreti ed autori coinvolti in un’azione per nulla prevedibile.
Temi condivisi, che si ritrovano efficacemente tra Anri Sala e Philippe Parreno, o tra Liz Deschenes e Trisha Donnelly attraverso le loro opere che sono il motivo di rinvii, rimandi e assonanze. Dove il segno diventa luogo e assume identità, metafora, metonimia e forma. In 1395 Days without Red si assiste alla folle corsa di una musicista all’epoca dell’assedio di Sarajevo, durante il quale gli abitanti evitavano di portare il colore rosso per non diventare il facile bersaglio dei cecchini. Ma i personaggi di Luogo e Segni, sono spesso assenti come i Gardiens di Tatiana Trouvé, oppure vivono attraverso la voce, come Robert Wilson, in angeli come nell’opera di Simone Fattal, e nei fantasmi di Parreno.
Muovono invece su di un fronte diverso i lavori di Charbel-joseph H. Butros, che cerca di rivelare le forme intoccabili del mondo. Night Enclosed in Marble è un marmo che “contiene un frammento di notte di una notte senza Luna in una foresta vicino a Beirut”. E di altra natura sono le opere di Lala Rukh i cui disegni su carta carbone (Mirror Image) attraverso annotazioni spontanee evocano i suoi ricordi delle sponde di un fiume o delle rive dell’oceano. Anche così i due aspetti di queste opere rappresentano una sorta di evocazione/immagine della memoria. Ma le opere di Lala Rukh riportano l’attenzione anche sull’importanza del tratto e della scrittura che ritornano sistematicamente lungo l’esposizione veneziana in maniera tale da connotarla in tante diverse declinazioni, come patrimonio di una sensibilità e di un fare artistico. Pratiche su cui muovono Ann Veronica Janssens con l’installazione a terra Untitled (White glitter) e Tacita Dean e Julie Mehretu con una variazione a due voci.
Lungo questa direzione Punta della Dogana si trasforma in un palazzo di memorie e affettività di un mondo unito, il luogo deputato agli incroci di identità, di forme e processi di una comunicazione e di un sentire artistico, dentro un paesaggio interiore che attraversa i sentimenti e le emozioni, le configurazioni e le stratificazioni di opere da cui emerge il senso di una comunità.
Così nei segni sono i luoghi e la nostra storia, lo scorrere del tempo e di un’esistenza che riprende vita e speranza.