È stata quasi una folgorazione vedere Gli occhi chiusi di Bertrand-Jean Redon, meglio conosciuto come Odilon Redon. Tela su cartone, dipinto nel 1890 ed esposto al Musée d’Orsay, il quadro, secondo alcuni ritrae il volto di sua moglie. Oltre a numerosi dipinti appartengono all’artista altrettanti scritti; cultori dell’arte ed esperti hanno molto da dire riguardo a quest’opera, sicuramente sulla tecnica utilizzata, sul simbolismo e su una parola che ricorre spesso nei suoi scritti come nelle opere da lui dipinte: sogno. Nell’opera A se stesso, Redon scrive: “Ho creato un’arte secondo il mio parere, con gli occhi aperti sulle meraviglie del mondo”.
Prima ancora di conoscere l’artista e il suo pensiero, si ha come l’impressione che il volto dipinto stesse appunto guardando altro, che gli occhi fossero chiusi proprio per vedere.
In una galleria d’arte o in un museo si respira un’atmosfera fuori dal tempo, ma oltre quei luoghi è sempre difficile leggere la realtà, così come si fa guardando un quadro.
Far emergere le mille sfaccettature di un quadro è un’arte; si tratta di osservare con occhio attento ogni colore, le sfumature e i dettagli. È un altro viaggio, è la strada del pittore, il cammino della sua natura, dei personaggi e dell’astratto che rappresenta. I tasselli sono lì, immortalati, hanno una loro storia, un loro perché. Non possiamo far altro che portare la nostra immaginazione e la nostra coscienza, la nostra storia per fonderla con quella di un altro, e così un nuovo quadro prenderà forma sotto i nostri stessi occhi e ci parlerà. Intorno a noi si formano continuamente tanti dipinti, molti, troppi dei quali sono dei falsi.
Le cose autentiche sono nascoste, sommerse da quelle di là fuori, che sono in superficie, la cui consistenza è superficie stessa.
Guardare un quadro, immaginare quello che fanno i protagonisti in quel preciso istante, inconsapevoli di essere parte di un affresco, costa uno sforzo continuo e immane.
Solo chi riesce a vedere ad occhio nudo lo sa fare. È una questione di buon senso, bisogna aver letto molti libri, essersi immersi più di tante volte nel pensiero profondo e libero dal tempo, quello che aleggia sopra di noi.
I quadri dipinti dalla realtà ritornano continuamente verso gli occhi e la mente, ma non sempre si ricompongono in una veste diversa.
Vi sono luoghi che disegnano colori cupi che non sono nemmeno colori, dove a volte l’immaginazione non arriva; il nulla è ben rappresentato, spesso da loschi individui che passano la loro vita, rendendo un inferno quella degli altri. Vi sono quadri e quadretti nella politica, sui social, nei luoghi di lavoro e nei luoghi di culto. Quando la superficie avanza e il nulla invade tutto, basterà chiudere gli occhi, non come chi li chiude per riaprirli e non vedere; basterà fluttuare nell’aria per toccare l’invisibile. E proprio come fa la donna nel dipinto, invocare l’assenza e l’essenza, il sogno, il tutto e il nulla, chiudere gli occhi per aprirsi all’universo e scoprire l’immenso nascosto.