Oggi è il 14 ottobre 2019 e desideravo descrivere il grande lavoro che le amiche Catia Gori e Sonia Peana, insegnanti, musiciste, educatrici, pioniere e disubbidienti stanno realizzando a scuola insieme a bambine e a bambini. Disubbidienti rispetto a ruoli prestabiliti, a programmi scolastici sempre uguali. Vite, le loro, sempre alla ricerca della propria autonomia e della propria autenticità. Dirette discendenti di quelle Herbarie che nel corso della storia ci hanno guidate nelle vie traverse.
Ma da qualche giorno il mio sguardo è ferito da ciò che sta accadendo al popolo curdo. È talmente insopportabile il tentativo, da parte di Erdogan e del suo esercito - il secondo come potenza della NATO - di eliminarli per poi sostituirli, che più che viva mi sento superstite.
Circola tra amiche e amici un sentimento d'impotenza che trova forme di rifugio in iniziative collettive come manifestazioni e boicottaggi sui prodotti turchi. Possiamo fare altro?
Il nostro è un mondo capovolto.
Oggi è il 16 ottobre. Ho deciso di prendermi un giorno di vacanza. Sono andata al mare in bicicletta. Mi sono fermata in un negozio di generi alimentari, ho fatto preparare un panino con le melanzane e ho raggiunto la spiaggia. Per un po' di tempo ho guardato il mare che è stato e lo è anche ora, la mia dimora. Credo di averci vissuto, tanto potente è il suo richiamo. Ci conosciamo troppo bene, sa che tra poco m'immergerò nelle sue acque e in questo abbraccio tenterò ancora e ancora d'essere felice. Mentre nuoto il mio corpo leggero come una piuma oscilla dolcemente e scandisce il tempo del respiro e della bracciata: il corpo si allunga accarezza e viene accarezzato dall'aria, dall'acqua. In armonia con gli elementi traduco, scrivo uno stato di grazia. Lo stato di grazia della leggerezza, del piacere, della libertà.
Mi stendo al sole e con i piedi a terra lo stato di grazia sparisce. Ritorno a pensare alle donne, alle bambine, ai bambini e agli uomini curdi. Forse dimentico troppo spesso la grande fortuna di vivere in una democrazia, un po' storta, è vero, ma pur sempre democrazia. Come faccio a essere felice se intorno a me si compiono massacri? Io sono nessuno, ma proprio nessuno. Non ho niente da condividere con il "nessuno" di Ulisse. Posso solo scrivere e lo faccio ininterrottamente. E nella scrittura cancello le distanze, mi faccio testimone di questa ennesima guerra tremenda. Tremenda come tutte le guerre con qualche cosa in più. Che cosa è venuto in mente al popolo curdo di mettere in piedi una democrazia, ancor meglio organizzata di quella finlandese o islandese, in un pezzetto di terra che magari sotto sotto ha anche il petrolio? Alle donne curde cos'è venuto in mente di conquistare parità di diritti, di fondare in ogni città la casa delle donne, di studiare, di combattere per difendersi davanti a un'aggressione? Troppo, anche loro hanno esagerato. Con un coraggio inaudito hanno disubbidito, hanno disturbato gli interessi economici, commerciali, materiali dell'Occidente, del Sultano e dello Zar. Manca qualcuno? Sì, l'India. Ma prima o poi arriverà anche lei.
E ora lo sterminio.
Le donne e gli uomini curdi sono scesi in lotta contro l'Isis anche per noi. Io me li porterei tutti qui. Non per generosità, ma solo loro sono in grado d'insegnarci com'è possibile pensare e agire nel rispetto di tutte e di tutti. E quindi essere un po' più felici. E ho nella mente il regista Gian Franco Rosi che per realizzare un documentario ha convissuto con i bambini curdi reduci dalle prigioni dell'Isis e lì vuole ritornare. Anche lui "disubbidiente" come pochi. Sì, li vorrei tutti qui.
Da qualche tempo sono sempre più attratta dalla posizione orizzontale. Anche ora sono a filo della sabbia e ne sento il respiro. Con grande fatica mi alzo, mi rivesto, piego il telo, rimetto gli oggetti sparsi nella borsa, riprendo la bicicletta che ha la pesantezza e l'agilità di un trattore. Mi avvio verso lo studio più bello di Ravenna, il mio. E scrivo.
Penso all'assurdo.
Se i potenti del mondo, in questo caso, Trump, Erdogan, Putin e non sono i soli, fossero stati educati da Catia o da Sonia, compierebbero gli stessi genocidi, le stesse violenze di questo momento così dannato? Catia e Sonia con la loro passione per un'educazione rivolta tutta alla bellezza del suono, alla visione di un fare "insieme" nel rispetto, nell'ascolto dell'unicità dell'altra e dell'altro, mettono in campo la vita che dà vita. Mettono in campo esperienze virtuose che creano saggezza. Catia, Sonia e tutte le musiciste, i musicisti, le docenti e i docenti che formano l'associazione "Il Jazz va a scuola", sono pioniere e pionieri e perciò il loro è un numero limitato e sicuramente una visione del mondo che comprende collaborazione saggezza e bellezza non può appartenere ai potenti del mondo. Chissà se i potenti della terra fin da bambini si sono trastullati con armi giocattolo in una visione solistica e individualista? Credo proprio di sì. Tutto torna. Da una parte le mie disubbidienti che come le nostre antenate continuano a tracciare una via dove lo sguardo ben disposto vede nell'altra e nell'altro un essere unico e irripetibile con il quale mettersi in relazione. Dall'altra parte le macchinazioni mortali dei potenti e di un potere che vede dall'alto individui a volte tutti uguali altre volte talmente diversi che viene voglia di eliminarli a suon di cannonate. Soprattutto non sopporta "la loro proprietà più scandalosa, il loro esser-reali, insieme alla loro contingenza" ( Hanna Arendt). E proprio nell'astrazione, nell'incapacità di vedere l'esistente in carne e spirito, che entra in scena la banalità del male.
Allora come si può raddrizzare questo mondo capovolto?
...C'è chi dice sia un esercito di cavalieri, c'è chi dice sia un esercito di fanti, c'è chi dice sia una flotta di navi la cosa più bella sulla terra nera, io invece dico che è ciò che si ama...
Mentre sto scrivendo mi sono venuti in mente questi frammenti di una poesia di Saffo che è vissuta tra il VII e il VI secolo a. C.
Nulla è cambiato tutto si ripete e io continuo a sentirmi più che viva, superstite.
Saffo ci rivela le due visioni del mondo ancora presenti nella realtà di oggi. Sì, proprio ora, mentre scrivo, per l'esercito di cavalieri e di fanti è insopportabile che i loro nemici, tutti terroristi, abbiano messo in piedi una coesistenza pacifica tra curdi, turchi, cristiano siriaci, arabi e la parità tra uomini e donne: una società dove quel che conta è ciò che si ama. Ecco, il popolo curdo in un pezzetto di deserto, tentava di raddrizzare il mondo. Ma i potenti della terra, prima questo popolo lo hanno usato, poi lo hanno abbandonato, lo hanno donato al Sultano che era caduto in disgrazia, ma con questa guerra d'invasione ha riconquistato il suo popolo.
Tutti accecati.
Asli Erdogan, scrittrice, ha passato quattro mesi in carcere per le critiche al presidente e ora è in esilio in Germania. In un'intervista a Marco Ansaldo, tra l'altro dice che il suo Paese vive in un nazionalismo estremo: per questo, sportivi, intellettuali e gente comune appoggiano il governo. L'indottrinamento parte dai libri di testo delle scuole primarie e sale e si diffonde nella cultura, nella società e nella religione. I curdi non hanno diritti. Sono per definizione terroristi, assassini, ladri; ci minacciano. Ecco ciò che accade.
Nelle scuole turche, a tutti i livelli si insegna che esiste un pericolo, una minaccia costante che va eliminata, con la guerra, naturalmente. La guerra come unica soluzione per togliere di mezzo il diverso, la causa di tutti i mali. All'inizio del Novecento erano gli Armeni, ora sono i Curdi.
Il mio pensiero ritorna a Catia e a Sonia e alla loro passione di trasmettere, in una scuola multietnica, la ricchezza della condivisione attraverso l'espressione più democratica che esista in musica: il jazz. Lo so che mi aggiro nell'assurdo. Però per comprendere ciò che accade ai Curdi - ciò che accade lontano - devo capire quel che di buono circola attorno a me. Tra le tante esperienze che mi tengono ancorata alla grande lezione di gente che aveva costruito una società composita, una pace duratura, ho scelto due amiche disubbidienti e pioniere che tentano anche loro di costruire una società dove la cosa più bella sulla terra nera è ciò che si ama.
Oggi è il 18 ottobre. Ho partecipato alla fiaccolata in solidarietà alla Resistenza in Rojava che nella lingua curda, significa "Occidente" inteso come valore, ora oscurato dal tradimento e dall'egoismo: il valore del niente, la loro solitudine.
Siamo partiti dalla Piazza del Popolo e ci siamo diretti, con fiaccole e bandiere, alla Darsena. Hanno detto che eravamo più o meno in 500. Mentre camminavamo mi sono guardata attorno. C'erano molte persone anziane, qualche famiglia con bambini piccoli; erano quasi assenti ragazzi e ragazze. Mi sono chiesta perché milioni di giovani scendono in piazza per la salute della madre Terra e non organizzano neppure uno sciopero per le madri curde. E pensare che non può esserci salute della Terra "se quella parte della natura che è l'uomo soffre inenarrabilmente in metà del pianeta".
2015
La ragazza di Kobane
Immutato il cielo,
Un blocco d'azzurro intenso,
alto, distante.
I turchi sulla collina, alle mie spalle,
guardano.
Sto andando verso la postazione dell'Isis e lì, mi farò saltare in aria.Sabato 12 ottobre 2019
"Un giorno. quando le cose andranno bene, ti guarderai indietro
e ti sentirai orgogliosa di non esserti arresa".
L'ho scritto ventiquattro ore prima di morire.
Ti racconterò del grande inganno.
Ti racconterò come cala la mia notte
in una giornata di luce intensa.
Ti racconterò come si spegne una vita
sul ciglio della strada
per mano del gruppo jihadista alleato dei turchi
per la sola ragione d'essere Hevrin Kalaf,
femminista, ambientalista, paladina dei diritti civili.
Vi racconterò la passione di una vita
rivolta a costruire la coesistenza pacifica di tutti.
Vi racconterò come la mia impresa e le mie fatiche
sono andate a vuoto
e non vedrò mai le cose andare bene qui nel Rojava
E dire che ce l'avevo proprio messa tutta
per raddrizzare questo mondo capovolto.