Se volete far agire l’euritmia sull’anima nel modo giusto non la dovete confondere con le arti vicine, cioè con l’arte mimica e con l’arte della danza. Non è né l’una né l’altra. Certo, bisogna dire ogni bene di queste due arti, qui non si vuole assolutamente contestarne l’importanza, ma l’euritmia vuole essere per l’appunto qualcosa di totalmente diverso.
(Rudolf Steiner, 1861-1925)
Heike Cantori Wallbaum, allieva di Else Klink che diresse dal 1935 al 1991 l’Eurythmeum di Stoccarda, creato nel 1923 da Marie von Sivers, cofondatrice della Società Antroposofica con il marito Rudolf Steiner.
Heike Cantori Wallbaum, dicevamo. Una notevole bionda solare al principio, una notevole bionda solare, lunare, saturnina, venusiana, gioviale, mercuriale dal secondo sguardo in poi. Le chiediamo subito, data la complessità della materia se è corretta questa definizione: l’euritmia è conoscenza profonda del movimento in tutte le sue implicazioni e sfumature. Quando ne rivela e contempla la bellezza diventa arte, quando corregge le imperfezioni o interviene sulla postura diventa pedagogia. Quando svela la potenza intrinseca di gesti precisi e mirati alla guarigione diventa terapia.
Sì, conferma Heike con simpatica impazienza come dire: è corretta, ma andiamo avanti, ho tanto da raccontare. La sua prima esperienza con l’euritmia risale infatti a quando aveva quattro anni.
Intanto chiarisce che è stata l’unica a mettere insieme i tre campi dell’euritmia: arte, pedagogia, terapia e, a scanso di equivoci e plagiatori, l’ha pure scritto in L’euritmia, una danza non danza.
Dall’esperienza teatrale nella Germania natia con Else Klink, è arrivata alla scuola Steiner di Lugano, città dove tuttora abita, seppure con fremiti di insofferenza. “Mantenere una compagnia non era così facile e ho cominciato a lavorare anche come docente, poi con la terapia”. L’euritmia artistica è tornata nella sua vita quando Federico Tiezzi le ha chiesto di metterla in pratica con gli allievi-attori del suo Laboratorio della Toscana. Il regista “incontrò” Steiner attraverso l’opera di Joseph Beuys.
Un passaggio non semplice dal palcoscenico alla cura?
All’inizio provavo disagio perché pensavo di doverlo fare per mantenermi. Poi con i bambini disabili ho capito che siccome sono autentici ti dicono subito se quello che fai è giusto o sbagliato. Se fai bene entrano in una sfera che definirei religiosa, in un silenzio nel quale si esce dal tempo e si entra in un’altra dimensione. I genitori soffrono, ma ho osservato che spesso i ragazzini disabili vivono qui e adesso, non si lamentano, portano amore e fanno ridere le persone rigide. Ci sono attori professionisti che non toccano queste corde. Non voglio elogiare l’handicap, ma spiegare che ho scoperto, dopo un rifiuto totale - nemmeno li guardavo, esteta convinta - che danno tanto alla società.
In qualche caso, invece, ho fronteggiato la sofferenza tremenda, ho visto un ragazzo davvero posseduto… non so da che cosa. Indescrivibile. Si placava soltanto davanti a una Madonna di Raffaello.
L’esperienza pedagogica con gli altri bambini?
Molto bello e proficuo, anche se a volte mi confronto con situazioni familiari difficili che si rispecchiano nel comportamento dei bambini. Che sono saturi e senza domande. Occupati ogni ora della giornata e a volte rifiutano l’euritmia perché richiede impegno interiore, è faticosa.
Aggiungo che è dannoso addestrare i bambini di tre anni a leggere, a scrivere, a fare i conti: distruggi in maniera precoce le forze vitali e a 40, 50 anni saranno tutti malati. Io ho un sacco di bambini costantemente malaticci. Non digeriscono il pacchetto intellettuale e gli viene la sinusite, il catarro, l’eczema e il mal di pancia.
Cerco di catturarne l’attenzione organizzando spettacoli e mi danno molta soddisfazione. Pensando che questa flessibilità artistica acquisita sarà utile anche se un giorno guideranno un’azienda.
L’euritmia è utile nelle aziende?
Sì, contro l’esaurimento, per la ricerca degli stimoli, per trovare la gioia al di là dello stipendio. Si fa in Germania, Giappone e Cina. Mentre in Italia è poco conosciuta. C’è poi questa ondata orientale. Oggi se non fai yoga o tai chi non sei nessuno. Con un corso di tre settimane diventi maestro di yoga. Una saggezza millenaria imparata in dieci giorni? Per favore.
Inoltre, lo dico brutalmente: per me è l’euritmia la risposta per l’essere umano contemporaneo.
Quando conosce una persona individua quello che le gioverebbe?
Se la persona non me lo chiede, evito di osservarla: Steiner diceva che sei fai camminare qualcuno dieci minuti in un corridoio vedi tutte le malattie che ha.
Certo non posso fare a meno di notare con quale bruttezza camminano molte persone, come mettono le gambe e i piedi: l’euritmia potrebbe portare una maggiore grazia.
Qual è il significato dei veli che accompagnano le movenze?
Con i veli la bellezza del corpo viene valorizzata ma non messa in mostra. Il fisico è valutato nella sua bellezza ma non esibito. I veli servono a far percepire al pubblico quello che c’è intorno a te e aiutano a superare il confine, non serve toccarsi.
Che riflesso ha l’euritmia su di lei?
Nell’euritmia sento moltissima spiritualità mentre sono meno portata per la Chiesa: mi devo assolvere da sola e so io stessa che cosa ho fatto.
Un aspetto dell’euritmia che la affascina particolarmente?
La comprensione dei popoli che parlano lingue diverse. Se i politici avessero un po’ di conoscenza dell’euritmia potrebbero migliorare la comunicazione: in Germania, in Grecia, in Italia, in Armenia le persone magari dicono la stessa cosa, ma non sentono la stessa cosa. Se un tedesco dice kopf, testa, si riferisce alla forma fisica rotonda se un italiano dice testa di solito pensa di più al cervello. Certe incomprensioni potrebbero essere superate con un minimo di nozioni di come sente l’altro popolo.
Il bambino italiano è meno autonomo del kind tedesco. Quella k iniziale ti mette un individuo davanti. Nella morbidezza della parola bam-bi-no c’è tutto il simpatico subbuglio affettivo della mamma, della nonna, della zia italiana.
Ai corsi di euritmia ci sono più donne o più uomini?
Donne, al 90 per cento. I pochi uomini sono molto timidi, duri, difficili da sciogliere. L’euritmia è scomoda. Stare in piedi e seguire la musica è un atto di volontà. E la volontà oggi è debolissima. Ma quando le persone riescono a praticarla, i visi diventano più giovani, le rughe si spianano: è un botox dell’anima perché lavorando con l’euritmia mi riaggancio alle forze vitali dell’infanzia e non lo fa nessun altro metodo, su questo sono ferma. Else Klink a 86 anni aveva i maschietti di trenta, quarant’anni che le facevano il filo: era veramente bella, tirava fuori l’amore nelle persone.
Ah, vorrei aggiungere che sono stati fatti molti esperimenti euritmici ben riusciti sulle piante anche se, personalmente, non credo che ci sia bisogno… dell’euritmia dei cavolfiori.