Segnatevi il nome di Maria Chiara Argirò, perché potrebbe diventare presto una delle più ricercate selezioni della vostra playlist. Orgogliosamente italiana ma di stanza a Londra, Maria Chiara ha appena pubblicato Hidden Seas (Cavalo Records\Pias), un disco che ha già raccolto delle recensioni entusiastiche anche in un mercato affollato e difficile come quello americano. Ispirato dai Sea Pieces di Edward MacDowell, un ciclo di otto composizioni per pianoforte pubblicato nel 1898, ma con uno sguardo ben posizionato nella contemporaneità, la Argirò ha sigillato un album sofisticato e diretto, dalla immediata forza comunicativa, mantenendosi al contempo coerente con un’idea d'arte anticommerciale nelle sue smerigliate composizioni originali. Quelle della pianista sono note prismatiche e guizzanti, di una ricchezza cromatica piena, che possiedono un’inclinazione naturale ad articolarsi nella totale sintonia intellettuale del collettivo chiamato a raccolta, in cui spiccano i brillanti vocalizzi della francese Leila Martial. Un'opera seconda che consegna Maria Chiara alla sua consacrazione e di cui ci parla con il giusto entusiasmo: "L’idea alla base di Hidden Seas - ribadisce - è nata da un antefatto molto particolare. Mi trovavo al mercato di Camden Town quando mi è letteralmente caduta sui piedi questa raccolta di spartiti di MacDowell: ne sono rimasta folgorata e l’ho comprato immediatamente. Inizialmente ho pensato di riarrangiare i brani ma poi ho deciso di voler dare un’impronta tutta mia."
Il mare penso sia un concetto inseparabile per chi è nato in Italia, specie se vive all'estero. Dove si nasconde questo tuo affascinante mistero?
Per me rappresenta l'elemento naturale di riferimento, anzi è una sorta di ossessione. Ha fatto parte costantemente della mia vita ed è l’unico posto in cui riesco a sentirmi completamente a casa. Ne sono sempre rimasta affascinata dal punto di vista sonoro. In quest’album ho cercato di riprodurne i suoni a modo mio, con tutta l’immaginazione possibile. Inoltre il mare e l'elemento dell'acqua mi riportano ai miei ricordi d’infanzia, quando con mio fratello guardavamo ripetutamente Ventimila leghe sotto i mari, ma è anche un simbolo del mistero umano: spesso vediamo solo l'aspetto superficiale delle persone, volevo raccontare quello che accade quando scopri cosa c’è dall’altra parte, cosa si nasconde dietro i misteri celati...
Qual è il tuo processo compositivo di norma?
Solitamente compongo al pianoforte, tuttavia per questo disco l'esperienza vissuta è stata letteralmente al contrario. Inizialmente ho buttato giù tutti i titoli dei brani e poi ho iniziato cominciato a comporli. Volevo darmi una sorta di scaletta per forzare l’atto creativo a partire dalle immagini che mi venivano in mente. Ad esempio, ho deciso di scrivere un titolo molto semplice come To The Sea e di vedere cosa succedeva.
Come e perché ti sei scoperta musicista, quali sono state le tue influenze ed ispirazioni?
Sono cresciuta ascoltando e assorbendo moltissima musica classica. Mia madre, Francesca Falcone, ha insegnato teoria della danza all'Accademia Nazionale di Danza. Sono stata sempre esposta ad un certo tipo di musica, però ho seguito ben presto un mio percorso, prima con la classica, poi con il jazz. Intorno ai 16/17 anni ho iniziato a comprare moltissimi dischi, da Miles Davis, Thelonious Monk, Keith Jarrett passando per i Beatles, i Pink Floyd e De André. Intorno ai 19 anni ho deciso che volevo fare la musicista e raccontare il mio mondo, attraverso il pianoforte e le mie composizioni.
Come definiresti la tua musica, se è vero che c'è una radice improvvisativa nel jazz che poi è capace di prendere altre diramazioni?
È sempre stato difficile 'etichettare' la mia musica. Certamente sono consapevole che, dopo il percorso accademico jazzistico, le radici della mia musica vengono dal jazz. Da quando vivo a Londra però, essendo esposta a musica di tutti i tipi e facendo parte di moltissimi gruppi, sono sempre stata incoraggiata a dire la mia, su quello che è il jazz e la musica per me, influenzata da tutto quello che accade artisticamente qui. Hidden Seas è stato creato pensando ad un equilibrio tra composizione e improvvisazione, dove la ricerca accurata di ogni singolo suono viene prima di ogni altra cosa. Dentro questo disco c'è il jazz, la musica elettronica, la forma classica e forma-canzone. L'idea compositiva di fondo era di apertura all'immaginazione, proprio come il mare suggerisce.
Ad un certo punto hai capito che la dimensione italiana ti stava stretta e sei andata oltreoceano, prima New York e adesso Londra... quali mood hai trovato e perché hai deciso di restare oltremanica?
Inizialmente da Roma mi sono trasferita a Londra per proseguire gli studi jazzistici. Poi sono stata catapultata in tournée in tutto il mondo che mi hanno fatto capire che era un posto artisticamente ideale in cui vivere. Ho inoltre trascorso un paio di mesi a New York per continuare a studiare con diversi pianisti. Sono dieci anni che vivo a Londra, in realtà mi sembrano la metà. L'apertura mentale di questa città è sempre stata ciò che mi affascinato di più. È vero, Londra resta una città difficile ma anche una sfida bella e continua, piena di opportunità e le sono riconoscente per avermi fatto incontrare musicisti incredibili ed avermi fatto crescere, professionalmente e soprattutto, umanamente.
Come vedi l'Italia da questa tua posizione? E non mi riferisco solo alla situazione artistica...
Io amo l'Italia e le mie radici, ma è un paese troppo stretto se hai ampie e visionarie vedute artistiche. È paradossale, visto che è un paese così ricco culturalmente. Vorrei poter tornare più spesso e far ascoltare la mia musica, che in fondo so che ha tanto di "italiano" ma è come se, troppo spesso, ci fosse una paura e una chiusura nei confronti del nuovo, del giovane. Alle novità bisognerebbe esporsi e cedere, se si è curiosi e si vuole davvero, proprio come in un tuffo. Uno dei brani dell'album, intitolato The Water Oath è stato scritto pensando ad una storia italiana di cui è protagonista Chiara Vigo, una filatrice sarda che lavora il bisso preso dal mare e lo trasforma in seta. Avevo letto la sua storia su The Guardian e mi sono ricordata che mia nonna aveva dei tessuti fatti con questo materiale. La storia italiana di Chiara mi ha affascinato molto e del brano uscirà anche un video animato.
Hai già delle date fissate per il nuovo live e quale potrebbe essere il tuo nuovo sogno adesso?
Porterò in giro il disco soprattutto in Inghilterra e spero in Europa con il nuovo anno, in Italia ho fatto solo un rapido passaggio a Lucca. Il mio sogno è di continuare a scrivere musica, di affacciarmi alla musica elettronica ancora di più e riuscire a scrivere ancora più canzoni. Qualcuno ha detto che la mia musica potrebbe essere adatta ad un film... forse un piccolo grande sogno è di poter scrivere una colonna sonora per questa espressione artistica, è tutto un altro settore ma vorrei entrarci in contatto, magari con una collaborazione. Non si sa mai nella vita, mi è sempre piaciuto poter collaborare con persone che vengono da diversi background e tendenzialmente amo correre rischi improvvisando un po’, come dovrebbe sempre essere fatto: nella musica come nella vita.