Il Liber Pandectarum medicinae o Opus pandectarum medicinae, conosciuto ai più col semplice titolo di Pandette è uno dei più noti antidotari del Medioevo, definito da De Renzi “una compilazione di materia medica, ossia una specie di dizionario dei “semplici”, con la indicazione dei loro usi, e con diligenti ed esatte ricerche intorno alla virtù delle erbe...”1.
La formazione culturale del suo autore, Matteo Silvatico, un medico di una famiglia salernitana, si intreccia con gli epigoni del suo tempo e ben oltre le presenze napoletane, come testimoniano i collaboratori delle Pandette, tra i quali è annoverato quel Pietro d'Abano, docente di medicina a Padova, uno dei rappresentanti, con Arnaldo di Villanova, di una intensa attività di traduzione, legata alle esigenze di quel magistero2. La fama di Matteo è viva già tra i suoi contemporanei, come testimonia, a distanza di pochi anni, Giovanni Boccaccio, che lo conobbe alla corte napoletana e che, nel Decamerone, racconta: “Ancora non è gran tempo che in Salerno fu un grandissimo medico in cirugìa, il cui nome fu maestro Mazzeo della Montagna”, il quale aveva preparato un'acqua “adoppiata” per addormentare un paziente a cui doveva amputare una gamba3. Mazzeo della Montagna è Matteo Silvatico e poco importa il resto della novella o la sua veridicità: questa citazione è sufficiente come testimonianza del ricordo che il poeta, nella stesura del Decamerone, intorno agli anni Cinquanta del XIV secolo, pur avendo lasciato la corte napoletana da qualche tempo, conserva ancora di questo “grandissimo medico”.
Matteo inizia a lavorare alle Pandette nel 1297 e nel 1317 dedica a Roberto d’Angiò questa opera ponderosa, ristampata fino alla fine del XVI secolo, epoca in cui l’editoria non trova più conveniente riproporne nuove edizioni. La botanica, infatti, a metà del ‘500 ha fatto passi da gigante: si pensi che è del 1544 il commento di Mattioli a Dioscoride4.
Le poche informazioni sulla vita e sulla formazione di Matteo sono deducibili dalle annotazioni personali presenti in alcuni capitoli delle Pandette. Il testo è scritto in età matura, come riferisce lo stesso autore (hkas-lactuca c. 361): alle notizie botaniche della lactuca si aggiungono, infatti, alcune considerazioni sulla differente funzione di questo “semplice”, usato in gioventù per il riscaldamento dello stomaco e in età avanzata per l'insonnia, dalla quale lo stesso Matteo è oppresso.
L’autore possiede un giardino a Salerno, vicino a una fonte graziosa, dove coltiva i “semplici”, anche quelli esotici, come dichiara nel capitolo della colocasia (culcasia c. 196), erba nota in Egitto e Siria. In seguito a questa citazione e al “reperimento di numerosi documenti conservati alla Badia di Cava e di un manoscritto del XVIII secolo, presente nella Biblioteca Provinciale di Salerno” 5, è stato possibile indicare nel quartiere di Plaium Montis, il luogo dove Silvatico opera e attribuire, con buona probabilità, la proprietà del Giardino della Minerva alla famiglia Silvatico e, dunque, a considerarlo luogo delle sue sperimentazioni.
Lo stesso Matteo nelle Pandette racconta alcuni particolari della sua vita: egli è sopravvissuto a una carestia (veccia c. 692), nel 1297 è con sicurezza a Salerno, (bruculus c. 109) dove è testimone di un’invasione di locuste; ha viaggiato molto, come racconta: Sardegna e Tunisi (pinas c. 246), Germania (lapis crystallus c. 416), regione sveva (lapis draconites c. 420), Cordova (lapis frigius c. 429), Libia, Britannia, Anglia (lapis gagates c. 431), Mar britannico verso le Fiandre e la Theotonia (lapis margarita c. 452), Francia (lapis specularis c. 483). Le sue frequentazioni annoverano ogni genere di persone: da un “ignorante” greco (condros c. 179) a un amico romano (fasilum c. 223), incontra spagnoli e arabi (maaleb c. 524), ascolta le descrizioni di viaggiatori e ha avuto, nei suoi numerosi spostamenti e nei suoi molteplici incontri, la possibilità di vedere vegetali che non esistono a Salerno (headi c. 349), frequenta medici parigini (lapis topacion c. 486). Egli sa anche sperimentare (cantarides c. 133, barba silvana c. 78, torpido piscis stupefactivus c. 260, raffanus c. 273, crocus c. 370) e discostarsi dalle altrui affermazioni, talvolta smentirle (apomel c. 50, vitrum c. 193), o suggerire nuove cure. Fa ricerche sul sonno (lactuca c. 361), assiste a esperimenti sugli uccelli (lapis celidonius c. 407), frequenta i negozi che preparano le medicine “semplici” (pistacia c. 592).
Da questi pochi dati privati emerge la personalità di Matteo: un erudito desideroso di mettere ordine nel mare magnum dei differenti saperi che fanno capo ai “semplici”, ma, pur restando fedele alle metodiche di studio dei suoi tempi, talvolta sa essere critico, con osservazioni dirette sugli elementi naturali o attraverso il confronto con altri personaggi (lo stupido greco, i medici di Parigi, i viaggiatori spagnoli o arabi) per verificare le proprie conoscenze. “Matteo non smentisce mai la sua vocazione di scienziato e non concede nulla al colore e all’aura che accomunano il medico al guaritore” 6.
1 S. De Renzi, Collectio Salernitana ossia documenti inediti, e trattati di medicina appartenenti alla Scuola medica Salernitana, raccolti e illustrati da G. e T. Henschel, C. Darenberg e S. De Renzi, premessa la Storia della Scuola e pubblicati a cura di Salvatore De Renzi, voll. I-V, Forni Editore, Bologna 1967 (Biblioteca di Storia della Medicina, II.1) [Riprod. facs. dell’ed. Dalla tipografia del Filiatre-Sebezio, Napoli 1852-1859] e Id., Storia documentata della Scuola medica di Salerno, Ferro, Milano 1967 (Ars medica antiqua, 2) [Riprod. facs. dell’ed. Nobile, Napoli 1857 nella quale a pag. 529 vi è la citazione qui riportata].
2 J.Agrimi - C. Lisciani, Edocere medicos. Medicina scolastica nei secoli XIII-XV, Guerini e Associati, Milano 1988. p.143.
3 G.Boccaccio, Decameron, IV giornata, novella X.
4 Di Pedacio Dioscoride Anazarbeo Libri cinque Della historia, & materia medicinale tradotti in lingua volgare italiana da M. Pietro Andrea Matthiolo Sanese Medico. Con amplissimi discorsi, et comenti, et dottissime annotationi, et censure del medesimo interprete. Da cui potra ciascuno facilmente acquistare la vera cognitione de’ ““semplici”” non solamente scritti da Dioscoride, ma da altri antichi, & moderni scrittori, & massimamente da Galeno. La cui dottrina intorno à tale facultà tutta fedelmente interpretata si ritrova posta ne’ proprij luoghi. Con due Tavole alphabetiche da poter con prestezza ritrovare cio che vi si cerca. Et con la dichiaratione di molti vocaboli medicinali, che da tutti forse non sono intesi. Opera veramente non manco utile, che necessaria. Con privilegio di N. S. Papa Paolo III. Et dello Illustriss. Senato Veneto per anni. X. Per Nicolo de Bascarini da Pavone di Brescia, Venetia 1544.
5 S. Marini-P. Valitutti, “Documenti” in Pensare il giardino (a cura di P. Capone, P. Zanzara, M. Venturi Ferriolo), Guerini e Associati, Milano 1992, p. 141.
6 A. Masturzo, “Le Autorità delle Pandette e la Pratica di Matteo” in Mater Herbarum. Fonti e tradizione della Scuola medica Salernitana, cit., pp. 245-247.