Ho incontrato per la prima volta Niccolò Pizzorno a giugno in occasione della mostra Crack! Fumetti dirompenti presso il Forte Prenestino di Roma dove ero andato per mostrare alle mie figlie – che frequentano il liceo artistico – le opere degli artisti più disparati. Aveva esposto due libri pubblicati con una delle case editrici, dei Merangoli, per cui ho fatto varie pubblicazioni e quindi mi sono fermato a vedere le sue opere che ho trovato davvero interessanti. In particolare, mi hanno colpito 15 Tavole costituite da porzioni dipinte a colori e altre disegnate in bianco e nero. Erano disegni originali in formato A3 realizzati con tecnica mista su carta, quindi con china, pastelli e acquerello. Tra essi c’era una grande cartina simbolica della Sardegna, perciò ho chiesto all’artista se facessero parte di un progetto compiuto. “Sono le illustrazioni per il libro di una scrittrice sarda intitolato Mammoy, di Catorchio, Cletus e altre avventure. Sarà pubblicato il 18 luglio!” mi ha risposto Niccolò entusiasta. Incredibile, si trattava dell’autrice Patrizia Boi che io stesso avevo fatto conoscere alla dei Merangoli. A quel punto la mia curiosità è aumentata, così è nata questa intervista.
Quando hai ricevuto l’incarico di illustrare questo libro?
Normalmente mi incaricano di fare disegni, fumetti, copertine, illustrazioni, ma con Patrizia è andata diversamente. Quando lei mi ha intervistato allo stand della casa editrice dei Merangoli in occasione della Fiera del Libro di Roma “Più Libri Più Liberi 2018” mi ha raccontato che scriveva Fiabe e cercava un illustratore in sintonia con le sue idee. A dicembre aveva cominciato a lavorare a un libro di Fiabe sulle Piante e sulla Sardegna e il protagonista era il Robottino Catorchio ispirato al Robottino Icub di Giorgio Metta. Io sono nato negli Anni ’80 e sono figlio dei cartoni animati giapponesi, come Jeeg Robot d’Acciaio, Goldrake, Mazinga Z, Capitan Harlock. Insomma, sono appassionato di Robot, quindi mi sono fatto mandare la storia e tre giorni dopo le ho inviato tre bozzetti di Catorchio. Lei ha subito dimostrato un grande entusiasmo e si è documentata su tutta la mia attività. Così, meno di un mese dopo, avevo già iniziato a illustrare le Fiabe mentre lei ancora le scriveva. La dei Merangoli, con la quale ho pubblicato due libri, mi ha contattato subito e abbiamo iniziato insieme questo percorso…
Avete scelto insieme la tecnica e la modalità per rappresentare le Fiabe?
No, Patrizia si è affidata completamente a me. La tecnica mista china-acquerello che le ho proposto le è piaciuta molto e ha apprezzato che il disegno fosse piuttosto pulito, con poche linee, senza troppi barocchismi, una sorta di sintesi tra le illustrazioni e il fumetto. Era perfetta per illustrare queste Fiabe che non sono per bambini piccoli quanto piuttosto per giovani e adulti. Definisce le illustrazioni oniriche, un po’ come le descrizioni che scaturiscono dalla sua penna.
Ma questa scelta di fare le illustrazioni con riquadri in parte in bianco e nero, in parte a colori è stata una idea tua?
Mi sono subito messo nei panni di un Robot e mi sono chiesto come sarebbe stata la sua visione attraverso le telecamere che aveva come occhi: era un Robottino giovane e inesperto, che doveva via via imparare a vedere nitidamente i colori, come se la sua vista fosse un po’ legata alla sua crescita spirituale. Poi il fatto di costruire in un’unica illustrazione scene “separabili” mi sembrava utile anche per il progetto grafico del libro. Infatti, il nostro direttore, Claudia Bisceglia, che è anche un grafico esperto, ha potuto così ricavare da una sola illustrazione, realizzata come sintesi iconografica per ogni capitolo, diversi particolari per evidenziare i punti nodali della trama di ogni Fiaba. Queste immagini sono sue elaborazioni grafiche create componendo parti diverse dei miei disegni compiuti o anche dei bozzetti preparatori dei personaggi. Ha usato sia il colore sia il bianco e nero e in questo modo ha potuto rappresentare i momenti della Fiaba dove prima Catorchio poi anche Cletus e Gianguido si catapultano nella storia e interagiscono con oggetti e personaggi. Inizialmente Patrizia è rimasta perplessa perché ama molto il colore, ma ha subito compreso le opportunità offerte da questo tipo di rappresentazione, soprattutto quando ha visto che la parte in bianco e nero era maggiormente dettagliata.
Ma c’è un Maestro a cui ti sei ispirato?
Senza dubbio a Quentin Blaque, un grandissimo del ‘900. Amo il suo tratto essenziale, quasi da bozzetto. La sua collaborazione con Roald Dahl lo ha reso ancora più grande. Sarebbe bello se anche Mammoy diventasse un cartone animato o un film come La fabbrica di cioccolato. In realtà Patrizia sta già lavorando alla cosiddetta “Bibbia Letteraria” e mi ha indicato personaggi e ambientazioni per completare anche la “Bibbia Grafica”. Insomma, con le elaborazioni di Claudia Bisceglia potremmo costruire l’intero progetto da proporre ai grossi produttori di Cartoon. Blake mi ha insegnato a creare l’atmosfera della storia narrata con ricchezza di dettagli e dando una caratteristica al segno grafico affinché, attraverso il disegno e le immagini, si rappresenti una sorta di mappa visiva del racconto che descriva i momenti cruciali della vicenda.
Questa è la prima volta che hai illustrato una Fiaba. È nelle tue corde?
Assolutamente sì, anche perché mi sono davvero divertito. Prima leggevo la Fiaba da illustrare poi, quando avevo già qualche idea, mi sentivo al telefono con Patrizia che mi leggeva la Fiaba con quella sua cadenza sarda un po’ teatrale mettendo in luce ciò che lei riteneva fondamentale. Allora ci confrontavamo sui temi da sviluppare e poi, come per incanto, la mano si scioglieva come se sapesse già cosa fare. Facevo il primo schizzo e glielo mandavo. Lei qualche volta mi suggeriva un dettaglio da aggiungere o il carattere da dare al personaggio. Poi le inviavo il disegno ripassato a china e infine quello colorato. E lei, sempre curiosissima, non vedeva l’ora di riceverli. Poi mi ha costretto a cimentarmi nel disegno delle Piante: nelle sue Fiabe sono centrali, quindi mi sono dovuto documentare. Lei è stata contenta di come le ho interpretate e io ammetto di aver imparato una cosa nuova. Inoltre, devo confessare che mi manca che qualcuno mi legga le Fiabe, era così rasserenante…
In queste illustrazioni hai creato un mondo simbolico tuo personale che va oltre le descrizioni oniriche di Patrizia.
Ho cercato di rappresentare in una sola immagine una serie di simboli disseminati nella narrazione, varie sfaccettature della vicenda, dei personaggi e la “Pianta guida” di ogni Fiaba. Ogni illustrazione ha degli elementi che ricorrono: la Pianta, il protagonista, la scena o il tema portante della Fiaba in esame, il fatto che Catorchio e Cletus entrino nella Fiaba invadendo il terreno della storia e la coesione che nasce tra loro. Forse la difficoltà maggiore è stata ideare un ciclo di immagini che rappresentassero da sole la sintesi di ogni racconto. Questa lettura condivisa ha alimentato reciprocamente la nostra creatività, tanto che quando introducevo un nuovo elemento a cui Patrizia non aveva pensato, lei era capace di inserirlo nella storia. E questo mi stimolava e mi influenzava. Insomma, è stato davvero un “parto comune”.
Nella copertina del libro hai rappresentato sia il protagonista Mammoy, cioè il dio Scienziato Lug che diventa il padre-madre del Robottino, sia Catorchio, Cletus e il genovese Gianguido che vola insieme a loro appeso alla gamba del Robottino. Perché l’hai illustrato così? Ha forse paura e vuole impedire il volo?
Gianguido è un personaggio che Patrizia ha voluto inserire nella storia dopo aver letto la mia Graphic Novel Un mondo nuovo nella quale evidenziavo uno dei limiti della popolazione genovese: il “mugugno”. Le è piaciuta molto la figura del “Mugugnoso” e ha voluto che, in un certo senso, gli dessi i miei connotati per ricordare a tutti che era frutto della mia fantasia, o meglio dal mio spirito di osservazione: a Genova il mugugno è quasi un diritto, non hai bisogno di inventartelo. Per Patrizia il lamento è una vera palla al piede che impedisce qualunque volo, quindi era perfetto per rappresentare l’antagonista di tutta la vicenda. Quando ha visto il mio disegno è stata entusiasta di come avessi reso il concetto. Inoltre, le è piaciuto che fosse rappresentato come un personaggio molto alto poiché per lei era essenziale che il “Mugugnoso” giganteggiasse sugli altri. Del resto, lei ha lavorato a Genova per qualche anno e conosce bene i genovesi.
Com’è nata l’idea della Sardegna come una sorta di Mappa Simbolica?
Quando abbiamo finito le illustrazioni, secondo Patrizia mancava qualcosa. Allora, forse perché le era piaciuta quella Sardegna rappresentata in copertina, mi ha chiesto di fare una Mappa del viaggio. Quindi, ho immaginato questa cartina con i luoghi, i siti archeologici, le Piante, le Pietre e Atlantide su un altro livello spazio-temporale…
Quale personaggio è stato più difficile illustrare?
Senza dubbio Cletus. Ho fatto varie prove, ma Patrizia non era del tutto soddisfatta e anch’io avevo l’impressione che mi sfuggisse qualcosa. Poi quando abbiamo capito che Cletus era un adulto che si comportava come un bambino, ha preso vita, quasi da sola, questa figura. Alla fine, mi sono affezionato al personaggio e probabilmente mi affascina quasi più di Catorchio, forse perché è scanzonato, sorridente, sempre contento, col Bambinello in tasca… diciamo che è un po’ come tutti vorremmo essere…
E dei personaggi femminili?
Mi è piaciuta molto Alice per la sua sensualità quasi adulta, di cui si accorge anche Catorchio che la spia nascosto dietro un Fico d’India. Poi, certo mi ha affascinato anche Kalika, un personaggio che comparirà ancora e che guiderà una seconda Saga…
Al termine di questo impegnativo progetto, su quale altra storia ti stai cimentando?
Sto lavorando a una graphic novel con Glauco Piccione, ma il progetto è ancora top secret…