Sul tappeto rosso di questa settantaseiesima Mostra del Cinema di Venezia, Scarlett Johansson incede armoniosa, fasciata in un abito aderente, anch’esso rosso luminescente che le lascia scoperte le spalle. Si apprezza ancor più la sua recitazione nel film Marriage Story, di Noah Baumbach, prodotto da Netflix, proiettato il secondo giorno della Mostra.
Nel film impersona un’attrice, Nicole, mentre senza trucco, capelli corti senza taglio, si ripiega su se stessa per le dure parole del marito Charlie. Lui, sposandola, si è impadronito del successo di lei, starlet di Los Angeles, portandola a New York per farla recitare in una piccola compagnia teatrale dai copioni sofisticati. Questo cambiamento radicale era mitigato dalla promessa di trasferirsi in tempi brevi a L.A. Promessa disattesa. Entriamo nella loro vita di coppia durante lo scontro generato dalla decisione di Nicole di accettare un contratto televisivo assai ben remunerato che la riporta alla sua amata LA. Charlie, interpretato da Adam Driver, Coppa Volpi 2014, attacca questa scelta schernendo il lavoro offertole, senza la minima considerazione per ciò che lei desidera. Lei, d’altronde, l’ha abituato a una totale dedizione.
Non vi aspettate un film drammatico. Noah ha creato dialoghi fittissimi, che richiedono nello spettatore tanta concentrazione per seguirli, ma che alleggeriscono le pesanti situazioni in cui siamo immersi. Qui le parole non spiegano, ma contribuiscono a far emergere sfumature dei personaggi, completando quello che la notevole recitazione già ci dà. È il dramma di una separazione in cui ciascuno dei coniugi lotta per rimanere civile verso l’altro. Nicole è molto più allenata a considerare le necessità dell’altro. È accogliente, a tratti dolcissima, ma anche decisa a viversi il grande dolore che la sua scelta comporta. Il racconto dice le difficoltà di una relazione che si manteneva sulla totale abnegazione di lei, e di cui lui non sembrava accorgersi.
Situazione complicata che richiede un avvocato. E così l’amore si trasforma, loro malgrado, in contrasto profondo.
Le scelte dei due coniugi vanno a cadere su avvocati speciali, due su tre più umani del solito. Uno dei pregi del film sono questi personaggi non stereotipati, pieni di sorprese nel muoversi e nel dialogare. Laura Dern, avvocato di lei, passerà alla storia per la frase su Dio e la Madonna in versione divorzista.
In un momento storico così ricco di femminicidi, la soluzione mostrata è un grande messaggio. Il successo dell’iniziativa di una donna che, sentendosi maltrattata, senza vendicarsi riesce a ritrovare i suoi spazi e a non dover vivere con uno che le nega la ricerca.
Infatti, ottenuto ciò che voleva, rifiorisce in bellezza e ottiene pure soddisfazioni nel lavoro.
Può essere che Netflix, dopo la scelta di produrre Roma, Leone d’Oro 2018, ci abbia visto giusto per la seconda volta, a produrre Marriage Story. Premio o non premio, il film è bello, lieve e profondo a un tempo.