A maggio 2019, a distanza di un anno dall’apertura della Galleria che porta il suo nome, Roberto Casamonti, gallerista di fama internazionale e grande esperto d’arte, offre al pubblico opere della sua collezione, scelte con l’aiuto di Bruno Corà, del periodo che va dagli anni ‘60 agli inizi del XXI secolo. La collezione, situata nel palazzo Bartolini Salimbeni, che domina Piazza Santa Trinita e che rappresenta uno dei capolavori dell’architettura fiorentina del ‘500, è per la città di Firenze un bene prezioso. Nelle polemiche sulla discussa arte contemporanea, questa nuova galleria apre a scoperte che difficilmente si possono fare in singole mostre di artisti contemporanei. Vi si trova il fior fiore di opere di stili diversissimi, tutte però pervase di vera originalità, per cui si passa dall’una all’altra con rinnovato stupore, incapaci di definire l’indubbio fascino che solo un’opera d’arte sa dare.
Non che la visita aiuti a definire l’Arte Contemporanea, però serve a dire cosa non è arte. Lo strano, l’assurdo, il troppo pensato non sono entrati in questa galleria. Questa sintesi del secondo Novecento in 80 opere ha un grande successo di pubblico.
Vi si trovano dipinti e sculture che riflettono l’anima del collezionista e il suo personalissimo “sentire”. Dalla medesima, personale collezione, Palazzo Bartolini Salimbeni, un anno fa, aveva proposto la prima metà del Novecento. Anche in quel caso con una parata di opere sceltissime, autentici capolavori, ciascuno dei quali selezionato per storia, affinità, riverbero. Ogni opera riconduceva – così come fanno quelle adesso proposte – a storie di amicizie, frequentazioni, sodalità, aspetti mai estranei alla storia dell’arte e degli artisti.
La direzione della Collezione Casamonti è, dalla sua apertura nel 2018 affidata alla storica dell’arte Sonia Zampini. “Questa seconda selezione - afferma Roberto Casamonti - risponde anzitutto a criteri qualitativi strettamente inerenti le mie passioni e le mie valutazioni a fronte di numerosi parametri: una certa attrazione magnetica esercitata su di me dall’opera di un determinato artista, la durata del valore estetico di un’opera nella mia percezione che, col passare degli anni, è accresciuta anziché diminuita; o quando una forma di bellezza da me considerata tale ha avuto la forza d’urto provocatoria che ha sfidato i miei gusti e le mie concezioni in materia d’arte. Naturalmente nelle mie decisioni ha contato anche l’autorevolezza di qualche storia artistica che ho constatato essere obiettivamente fondata”.
Evidenzia il professor Corà; “In questa seconda tornata dischiudono il nuovo percorso alcuni tra i più autorevoli protagonisti di quella koiné linguistica definita Arte Povera, venuta alla ribalta, in quanto movimento condiviso da un congruo numero di artisti, a partire dal 1967. Di alcuni di loro Casamonti ha acquisito e destinato alla Collezione più di un’opera. È il caso di Pistoletto e soprattutto di Boetti, che dopo Fontana è l’artista a cui egli ha dedicato più energie, passione e attenzione”.
“Entro l’arco temporale degli anni Sessanta prendono corpo taluni altri pronunciamenti artistici di considerevole entità, al punto da poter affermare che la spinta propulsiva maturata nella prima metà della decade di tale decennio avrà un effetto lungo tutti i successivi anni Sessanta e Settanta. In questo crogiuolo alimentato da eventi internazionali di carattere sociale politico e scientifico di grande portata si manifestano, infatti, una serie di tendenze estetiche: il fenomeno dei Gruppi di Arte Programmata e Cinetica, il Nouveau Réalisme, il movimento Fluxus, la Poesia Visiva, il Minimalismo o Strutture Primarie, la Land Art, l’Arte Concettuale, la Body Art, il Graffitismo e la Transavanguardia”.
Presentando, un anno fa la prima parte della sua Collezione, Roberto Casamonti aveva voluto chiarire che la sua era una scelta strettamente culturale. “Ho pensato di voler condividere con la città di Firenze, alla quale sono da sempre affettivamente legato, la mia collezione per poter fare in modo che i valori di cui l’arte è portatrice possano essere condizioni non esclusive ma pubblicamente condivise” affermò in quel frangente.
Un anno dopo, giunti all’atto secondo, quel principio ha mostrato di saper conquistare molte migliaia di persone, italiane e internazionali, venute a visitare la Collezione.