Albert Einstein, uno fra gli scienziati più illuminati mai esistiti, scriveva: “… neppure riesco né voglio concepire un individuo che sopravviva alla propria morte fisica; lasciamo ai deboli di spirito, animati dal timore o da un assurdo egocentrismo, il conforto di simili pensieri”.
Egli, da uomo di scienza quale era, non esitava a sottolineare quanto l’immortalità fisica fosse solo un’illusione dell’uomo.
Alla domanda di Phyllis, una giovane studentessa:
Gli scienziati pregano? E cosa o chi pregano?
Egli rispondeva con una lettera del 24 gennaio 1936:
Allo stesso tempo, chiunque sia veramente impegnato nel lavoro scientifico si convince che le leggi della natura manifestano l’esistenza di uno spirito immensamente superiore a quello dell’uomo. In questo modo la ricerca scientifica conduce a un sentimento religioso di tipo speciale che è davvero assai differente dalla religiosità di qualcuno piuttosto ingenuo. Cordiali saluti, A. Einstein
Gli scienziati contemporanei si muovono con altre prospettive, come affermava un articolo dello scorso novembre pubblicato su Il Sole 24Ore, la nuova sfida della Silicon Valley è proprio quella di “uccidere la morte” per raggiungere l’obiettivo dell’immortalità umana. Qualcuno sostiene che la medicina moderna sia in grado di aggiungere anni alle nostre vite, ma lo stato del corpo sarebbe comunque di decadimento e debolezza. Secondo i guru della Silicon Valley non vale la pena di vivere in queste condizioni, perciò sono alla ricerca dell’eterna giovinezza ritenendo il corpo uno strumento, una sorta di “macchina da rendere più rapida ed efficiente”.
Nel corso del congresso sull’immortalità svoltosi a Madrid nel maggio del 2017, José Luis Cordeiro, docente della Singularity University di California, ha affermato: “Assisteremo alla morte della morte - e ha proseguito dicendo - io non penso di morire, non rientra nei miei piani”.
Mentre l’argentino Rodolfo Goya, ricercatore dell’Università nazionale de la Plata, considerava relativamente vicina “la fonte dell’eterna giovinezza” convinto che giungerà “attraverso la riprogrammazione cellulare”.
E si fanno anche previsioni, qualcuno ipotizza la data del 2045, qualcun altro azzarda date ancor più prossime, ma nessuno ancora possiede certezze.
Mi piace anche citare un parere letterario, quello dello scrittore Milan Kundera, un Matusalemme dei nostri tempi, 89 anni di lucidità, che nel suo libro L’immortalità inizia il romanzo con il saluto di un’anziana sessantenne al proprio insegnante di nuoto. Come una bimba nel liquido amniotico materno, la vecchia nell’acqua acquisisce eleganza e una ‘insostenibile’ leggerezza come se fosse tornata ai suoi vent’anni, perché come osservava lo scrittore: “... con una certa parte del nostro essere viviamo tutti fuori dal tempo”.
In realtà la vecchia Agnes non pensa proprio all’Immortalità, ma nemmeno alla realtà materiale, assolutamente disturbata dal chiasso e dalla superficialità del mondo.
Kundera coglie l’occasione di discorrere di un altro tipo d’Immortalità, quella che dura nonostante la morte fisica.
“Un uomo può togliersi la vita ma non può togliersi l’immortalità. Non appena l’immortalità ti ha fatto salire a bordo non puoi più scendere”. In questo senso lo stesso Einstein risulta Immortale, come tutti i grandi Geni dell’Umanità. Essi hanno saputo creare la loro realtà acquistando tanti anni alla loro vita, se non fisica, di certo spirituale, sono ancora tra noi, per allargare la nostra visione.
E così Kundera fa affermare alla sua Agnes: “…mi rifiuto di morire con il presente e i suoi guai, voglio superare me stessa, essere parte della storia, perché la storia è memoria eterna”.
Forse anche la storia di ogni individuo è memoria eterna, un susseguirsi di nascite e morti che lo conducono verso un’elevazione sempre maggiore.
Esiste di certo, come afferma, dunque, Einstein, uno spirito immenso e superiore che ci ha dotati della sua Scintilla Divina per intraprendere più percorsi su più livelli esistenziali. Quello che viviamo, il livello terreno, che ha un esordio e una fine, è solamente una tappa, una fase, che anticipa quello che sarà un nuovo inizio in una dimensione diversa.
Anche lo stesso Matusalemme alla fine ha lasciato il corpo, come lo ha lasciato Einstein e come capiterà a tutti gli individui. La scienza, però, ci viene in aiuto sostenendo che è possibile riprogrammare in parte le cellule staminali con più metodi, con la vibrazione della musica, per esempio, con la meditazione e la preghiera, o anche con la Kinesiologia applicata; può essere rallentato l’invecchiamento ma non si è ancora in grado di far diventare immortale il corpo fisico.
Sostenere che l’uomo possa diventare immortale in questa vita terrena, in una fase in cui né la scienza né le terapie alternative possono affermarlo, significa manipolare il processo di conoscenza e creare false illusioni a quelli che godono di buona salute, agendo in modo eticamente poco corretto. Queste affermazioni diventano pericolose e devastanti per i malati gravi o per quelli che stanno per lasciare il corpo che sono deboli e pronti a credere a ogni soluzione che possa regalare loro una seppur vana speranza. Si è pronti a cedere tutto ciò che si possiede pur di avere in cambio qualcosa che eviti e scongiuri la morte.
Riprogrammare le cellule non significa creare il nuovo Matusalemme. A che cosa servirebbe ritrovarsi a essere immortali per poi essere senza vitalità, lenti, vecchi ecc.? Riprogrammare le cellule significa poter vivere la dimensione terrena in uno stato di benessere psicofisico capace di prevenire le malattie e di non farle più insorgere. Significa acquisire la capacità automatica di mettere in azione il proprio “medico interiore” che sia in grado di stimolare le difese immunitarie e favorire la rigenerazione cellulare. È scientificamente dimostrato che le cellule prima che diventino specializzate, nella fase già della cellula madre, sono capaci di porre in essere un “reset” tutte le volte in cui qualche agente esterno tenti di alterarne il delicato e straordinario stato di equilibrio.
Gli antichi lo sapevano meglio di noi, lo sapevano gli sciamani, i maghi e i vecchi saggi, lo sapeva chi era in grado di mettersi in ascolto e fare attenzione ai segnali del corpo.
La vita moderna ci ha distaccato da questa conoscenza, da quei “saperi” che possiamo pian piano recuperare, con l’aiuto - perché no? – anche della Kinesiologia, nell’attesa che la scienza ci regali un sogno.